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Эд Гринвуд: Elminster: il viaggio

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Эд Гринвуд Elminster: il viaggio

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Era il tempo in cui il magnifico regno elfo di Cormanthor era dominato dai barbari, draghi malefici governavano i cieli e gli abitanti non nutrivano più fiducia in nessuno. Maghi e guerrieri minacciavano i regni poiché mossi dalla loro arrogante e rozza ignoranza anelavano alla gloria. Accadde in quel tempo che, dopo un interminabile viaggio, Elminster giungesse a Cormanthor, alle Torri del Canto, regno di Eltargrim. In quel luogo Elminster visse per più di dodici estati, dedicandosi allo studio della magia, imparando, grazie all'aiuto di una congrega di maghi sapienti, ad avvertire dentro di sé la forza della magia e a farvi ricorso per dominare il male...

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Eltargrim guardò la messaggera, e Alais fece un passo avanti e annunciò grandiosamente: «I maghi sono stati convocati. Che tutti i presenti facciano silenzio e osservino. Ha inizio la stesura del Mythal!»

Epilogo

Il Mythal che venne steso sopra la città di Cormanthor non fu uno dei più potenti, ma gli elfi lo giudicano tuttora il più importante. Fu creato con amore, senza discordie, e i suoi artefici gli conferirono numerosi e strani poteri. Gli elfi li ricordano ancora nelle loro canzoni, e giurano che i loro nomi vivranno per sempre, nonostante la caduta di Myth Drannor: il Coronal Eltargrim Irithyl; la Messaggera Auhaudameira Dree, «Alais» per i menestrelli; l’armathor umano Elminster, Eletto di Mystra; Lady Oluevaera Estelda, la leggendaria Srinshee; il mago umano noto solo col nome di Mentore; il mezzo elfo Arguth di Ambral Isle; il Supremo Mago di Corte Earynspieir Ongluth; i Signori Aulauthar Orbryn e Ondabrar Maendellyn; e le Signore Ahrendue Echorn, Dathlue Mistwinter, conosciuta dai bardi come «Lady d’Acciaio», e la Nobile Signora Alea Dahast. Questi non sono tutti, poiché molti, quel giorno, si unirono alla Canzone, e per grazia di Corellon, di Sehanine e di Mystra, alcuni loro desideri e abilità trovarono vie misteriose nel Mythal. Altri invece non parteciparono, poiché il tradimento non morì mai a Cormanthor, o Myth Drannor, o con qualsiasi altro nome la si voglia chiamare.

Antarn il Saggio Da La grande storia della potenza degli arcimaghi faerûniani Pubblicata approssimativamente nell’Anno del Bastone

Gli armathor, che avevano raggiunto dalle loro postazioni il palazzo del Coronal, si affrettarono a entrare nella Camera della Corte, guidati dalle sei maghe. Truci in volto, sguainarono le spade e formarono un cerchio, spalla contro spalla, rivolti verso l’esterno, sul pavimento davanti al trono.

Nel cerchio entrarono Eltargrim, la Messaggera di Corte, Elminster, Nacacia, Mythanthar e la Srinshee. I guerrieri richiusero l’anello.

Quasi subito sollevarono le spade, quando un mago si avvicinò esitante e guardò il Coronal. «Onorato Signore», domandò prudentemente, evitando di posare gli occhi sulla sua tunica bianca macchiata di sangue, «avete bisogno di me?»

Il Coronal guardò la Srinshee, che gentilmente esclamò, «Sì, Beldroth. Ma non ora. Noi dentro al cerchio dovremo morire un po’, affinché il Mythal viva. Non è per voi».

Il signore elfo indietreggiò, con un po’ di vergogna e molto sollievo. «Raggiungeteci quando la rete sarà stesa e brillerà su di noi», aggiunse la maga minuta, ed egli s’impietrì ascoltando ogni sua parola.

«Se c’è da morire», osservò una donna elfa vecchia e rugosa, uscendo dalla folla con passo zoppicante, appoggiandosi al bastone, «allora sarò lieta di farlo rendendo un servizio alla mia terra».

«Sii benvenuta, Ahrendue», mormorò la Srinshee con calore. Ma le guardie non si scostarono per lasciarla passare finché la messaggera non ordinò loro brevemente: «Fate spazio a Lady Ahrendue Echorn».

Le loro spade si sollevarono nuovamente, e un mormorio pervase la folla, quando un elfo in piedi accanto a una colonna distante avanzò e asserì: «Il tempo degli inganni è finito, credo». Un istante più tardi la sua esile figura si allungò e divenne più larga intorno alle spalle. Molti nella sala rimasero a bocca aperta. Un altro umano… e questo nascosto fra di loro!

Il suo volto era avvolto da un’oscurità magica; le guardie, allarmate, videro solo due occhi penetranti che le fissavano dall’ombra, ma la Srinshee affermò risoluta: «Mentore, sii il benvenuto nel nostro cerchio».

«Spostatevi, prodi guerrieri», mormorò Alais, e questa volta essi obbedirono rapidamente.

Tra la folla si udì un nuovo tumulto; una fila di persone si fece strada fra l’assembramento di cormanthoniani. Il Supremo Mago di Corte guidava la processione, e dietro di lui camminavano Lord Aulauthar Orbryn, Lord Ondabrar Maendellyn e un signore mezzo elfo le cui spalle ammantate erano circondate da un anello turbinante di gemme luminose, che la Srinshee identificò come «il mago Arguth di Ambral Isle». La Nobile Signora dell’Arte, Alea Dahast, esile, sorridente e dallo sguardo penetrante, chiudeva la fila.

Lo spazio nel cerchio iniziava a scarseggiare, e mentre abbracciava gli ultimi arrivati, il Coronal domandò a Oluevaera: «A Mythanthar servirà qualcun altro, che ne pensi?»

«Aspettiamo ancora una persona», gli rispose la maga, sollevandosi da terra per sbirciare oltre le spalle delle guardie. Scherzosamente Mythanthar iniziò a picchiettarle le dita dei piedi, finché la Srinshee non si mise a scalciare.

«Ah», esclamò improvvisamente la maga, indicando un volto tra la folla di cittadini. «Eccola. Forza, Dathlue!»

All’apparenza sorpresa, la slanciata donna guerriero avanzò con l’armatura indosso, slacciando la spada sottile che oscillava al suo fianco. Consegnatala alle guardie, entrò nel cerchio, baciò il Coronal sulla bocca, batté la Srinshee sul braccio e rimase in attesa.

A uno a uno si guardarono tutti negli occhi. Oluevaera Estelda si volse verso Mythanthar e il vecchio annuì.

«Ampliate il cerchio», ordinò brevemente la piccola maga. «Necessitiamo di molto spazio. Sylmae, hai raccolto tutti gli archi?»

«No», rispose la maga, senza voltarsi. «Io ho le frecce. Holone ha gli archi».

«E io ho alcune bacchette magiche malvagie », s’intromise Yathlanae, dalla sua posizione lungo il cerchio. « Quattro giarrettiere per portare tutta quella roba!»

La Srinshee sospirò teatralmente, ed esclamò rivolta a Mythanthar: « Non dire nulla: qualsiasi cosa tu stia pensando, non dirla».

L’anziano mago assunse un’aria di esagerata innocenza e allargò le mani.

La maga scosse il capo e iniziò a prendere per il braccio gli occupanti del cerchio e a condurli dove voleva che stessero, fino a formare un ulteriore anello intorno a Mythanthar, le facce rivolte verso l’interno.

Elminster fu sorpreso quando sentì le sue gambe tremare; guardò rapidamente Nacacia, colse il suo sorriso rassicurante e lo ricambiò. Poi diede un lungo sguardo alla sala, dal trono fluttuante alla spaccatura sul soffitto, fino ai blocchi sbrecciati della colonna caduta e, dietro di essa, la statua di un eroe elfo accovacciato che minacciava la Corte con la spada protesa. La fissò per un lungo momento, ma era semplicemente ciò che vedeva: una statua, ricoperta da un sottile strato di polvere.

Il principe fece un respiro profondo e tentò di rilassarsi. Mystra, assistici, pensò. Contribuire alla grande magia e sorvegliarne l’attuazione, spero siano lo scopo per cui, tanto tempo fa, mi mandasti a Cormanthor.

La Srinshee sospirò nuovamente, poi guardò ognuno di loro e sussurrò: «Iniziamo».

In quell’atmosfera d’eccitazione, nessuno nella vasta sala notò qualcosa di piccolo, di nero e di impolverato trascinarsi fra i cortigiani, sollevandosi e riabbassandosi come una sorta di millepiedi mentre avanzava lentamente sul pavimento della sala macchiato di sangue, diretto nel cerchio.

Al suo interno, Mythanthar allargò di nuovo le mani, chiuse gli occhi, e dalle sue dita scaturirono raggi di luce, che, lenti e silenziosi, collegarono tutti i presenti. Poi borbottò qualcosa, e tutti gli spettatori mormorarono allarmati e stupiti quando il suo corpo esplose in una nuvola opaca di sangue e di ossa.

Elminster spalancò la bocca, e fece per muoversi dalla sua postazione, ma la Srinshee intercettò il suo sguardo con occhi severi. Dalle lacrime che le rotolavano lungo le guance il giovane dedusse che anche la maga era all’oscuro del fatto che l’incantesimo di Mythanthar richiedesse la sua morte.

La nuvola purpurea salì come fumo da un falò e divenne bianca, poi abbagliante. I filamenti che ancora la legavano agli altri avvamparono di fuoco proprio.

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