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Patrick Süskind: Il profumo

Здесь есть возможность читать онлайн «Patrick Süskind: Il profumo» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Milano, год выпуска: 1985, ISBN: 8830405876, издательство: Longanesi, категория: Фэнтези / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Patrick Süskind Il profumo
  • Название:
    Il profumo
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    1985
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    8830405876
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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Il profumo: краткое содержание, описание и аннотация

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Jean-Baptiste Grenouille, nato il 17 luglio 1783 nel luogo più puzzolente di Francia, il Cimetière des Innocents di Parigi, rifiutato dalla madre fin dal momento della nascita, rifiutato dalle balie perché non ha l'odore che dovrebbero avere i neonati, anzi perché "non ha nessun odore", rifiutato dagli istituti religiosi, riesce a sopravvivere a dispetto di tutto e di tutti. E, crescendo, scopre di possedere un dono inestimabile: una prodigiosa capacità di percepire e distinguere gli odori. Forte di questa facoltà, di quest'unica qualità, Grenouille decide di diventare il più grande profumiere del mondo, e il lettore lo segue nel suo peregrinare tra botteghe odorose, apprendista stregone che supera in breve ogni maestro passando dalla popolosa e fetida Parigi a Grasse, città dei profumieri nell'ariosa Provenza. L'ambizione di Grenouille non è quella di arricchirsi, né ha sete di gloria; persegue, invece, un suo folle sogno: dominare il cuore degli uomini creando un profumo capace di ingenerare l'amore in chiunque lo fiuti, e pur di ottenerlo non si fermerà davanti a nulla.

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Si rimise il cesto sulle ginocchia e lo fece dondolare lievemente. Il bambino continuava a dormire sodo. Il suo pugno destro sporgeva da sotto la coperta, piccolo e rosso, e talvolta, di scatto, batteva contro la guancia in modo commovente. Terrier sorrise e d’un tratto si sentì in uno stato d’animo molto gradevole. Per un momento si concesse la fantasia di essere il padre del bambino. Non si era fatto frate, era un normale cittadino, un onesto artigiano magari, aveva sposato una donna con un caldo odore di lana e di latte, e con lei aveva generato un figlio e ora lo faceva dondolare sulle ginocchia, suo figlio, cicci cicci cicci… Provava un senso di benessere a questo pensiero. Era un pensiero così ammodo. Un padre che fa dondolare suo figlio sulle ginocchia, cicci cicci, era un’immagine vecchia come il mondo e tuttavia sempre nuova e giusta finché il mondo fosse esistito, ah sì! Terrier sentì che gli si scaldava il cuore e che stava diventando sentimentale.

In quel momento il bambino si svegliò. Si svegliò dapprima con il naso. Il piccolo naso si mosse, si tese verso l’alto e fiutò. Inspirò l’aria e la soffiò fuori a piccoli colpi, come avviene con uno starnuto incompleto. Poi il naso si arricciò e il bambino aprì gli occhi. Gli occhi erano di colore indeterminato, tra il grigio-ostrica, e il bianco-crema opalino, ricoperti da una specie di membrana ed evidentemente ancora non molto adatti alla vista. Terrier aveva l’impressione che non lo vedessero affatto. Ben diverso era il naso. Mentre gli occhi scialbi del bambino sbirciavano nel vago, il naso sembrava puntare verso una meta precisa e Terrier aveva la stranissima sensazione che questa meta fosse lui stesso, la sua persona. Le minuscole pinne nasali attorno ai due minuscoli fori in mezzo al viso del bambino si dilatavano come fiori in sboccio. O piuttosto come le cupole di quelle piccole piante carnivore che tenevano nell’orto botanico del re. E come da queste, dalle pinne nasali del bambino sembrava fuoriuscire un risucchio inquietante. Per Terrier era come se il bambino lo vedesse con le sue narici, come se lo guardasse attento e inquisitore in modo più penetrante di quanto avrebbe potuto fare con gli occhi, come se con il naso divorasse qualcosa che proveniva da lui, Terrier, e che lui non poteva trattenere né nascondere… Quel bambino senza odore lo stava annusando spudoratamente, così era! Lo fiutava! E d’un tratto Terrier si sentì puzzare, di sudore e di aceto, di crauti e di vestiti non lavati. Si sentì nudo e brutto, come fissato da qualcuno che, per parte sua, non rivelava nulla di sé. Era come se il bambino penetrasse con l’olfatto anche attraverso la sua pelle, fin nel suo intimo più profondo. I suoi sentimenti più teneri, i suoi pensieri più turpi erano nudi davanti a quel piccolo, avido naso, che non era ancora un vero e proprio naso, bensì soltanto un accenno, un minuscolo organo con buchi che si arricciava, si gonfiava e vibrava di continuo. Terrier rabbrividì. Si sentiva nauseato. Per parte sua storse il naso come di fronte a qualcosa di maleodorante, con cui non voleva aver nulla a che fare. Sparita l’idea familiare che si trattasse della propria carne e sangue. Svanito l’idillio sentimentale di padre e figlio e madre calda di odori. Come strappato quel velo di penseri piacevolmente avvolgenti fantasticati attorno al bambino e a se stesso: sulle sue ginocchia giaceva un essere estraneo, freddo, un animale ostile, e se lui non avesse avuto un carattere così posato e governato dal timor di Dio e da un giudizio razionale, in un accesso di disgusto l’avrebbe scagliato lontano da sé come un ragno.

Di colpo Terrier si alzò e depose il canestro sul tavolo. Voleva liberarsi della cosa, il più in fretta possibile, ora, subito.

E in quel momento il bambino cominciò a urlare. Strinse gli occhi, spalancò la sua gola rossa e diede uno strillo così acuto e ripugnante che a Terrier si gelò il sangue nelle vene. Scosse il canestro con il braccio teso e gridò «cicci cicci» per far smettere il bambino, ma quello urlò ancora più forte e diventò tutto blu in faccia, e sembrava che stesse per scoppiare dalle urla.

Via! pensò Terrier, bisogna mandar via all’istante questo… stava per dire «demonio» e fece uno sforzo, e si frenò… via questo mostro, questo bambino insopportabile! Ma dove? Conosceva dozzine di balie e di orfanotrofi nel quartiere, ma erano tutti troppo vicini a lui, erano giusto a un passo, bisognava mandare quella cosa più lontano, così lontano da non sentirne più parlare, così lontano che non potessero riportarla ogni momento davanti alla porta, se possibile in un altro distretto, sull’altra riva ancora meglio, e meglio di tutto extra muros, in Faubourg Saint-Antoine, ecco! là doveva andare il marmocchio strillante, lontano, verso est, al di là della Bastiglia, dove di notte chiudevano le porte.

E sollevò la sua sottana, afferrò il canestro urlante e corse via, corse attraverso il labirinto di vicoli fino a Rue du Faubourg Saint-Antoine, risalì la Senna verso est, fuori della città, sempre più fuori, percorse Rue de Charonne sino alla fine, dove, nei pressi del monastero di Madeleine de Trenelle, aveva l’indirizzo di una certa Madame Gaillard, la quale accettava bambini a pensione di qualsiasi età e di qualsiasi specie finché c’era qualcuno che pagasse per loro, e là consegnò il neonato sempre urlante versando l’anticipo di un anno e poi volò di nuovo verso la città, e, arrivato al convento, gettò a terra i propri vestiti come se fossero sudici, si lavò dalla testa ai piedi e s’infilò a letto nella sua stanza dove si fece ripetutamente il segno della croce, pregò a lungo e infine, sollevato, si addormentò.

4

Madame Gaillard, sebbene non avesse neppure trent’anni, aveva già vissuto la propria vita. Esteriormente dimostrava l’età che in realtà aveva, e nello stesso tempo due, tre, cento volte di più, proprio come la mummia di una ragazza; ma interiormente era già morta da tempo. Quando era bambina suo padre le aveva dato un colpo sulla fronte con l’attizzatoio, poco più su della radice del naso, e da allora lei aveva perso l’olfatto e qualsiasi senso di calore umano e di freddezza umana e soprattutto qualsiasi passione. Quell’unico colpo l’aveva resa estranea alla tenerezza come all’avversione, estranea alla gioia come alla disperazione. In seguito, quando andò a letto con un uomo, non provò nulla, e nulla provò quando partorì i propri figli. Non portò il lutto per quelli che le morirono e non si rallegrò per quelli che le restarono. Quando il marito la picchiava non si scomponeva, e non provò nessun sollievo quando lui morì di colera all’Hôtel-Dieu. Le uniche due sensazioni che conosceva erano un lievissimo offuscamento dell’animo quando si avvicinava l’emicrania mensile, e un lievissimo rasserenamento dell’animo quando l’emicrania se ne andava. Per il resto questa donna insensibile non provava nulla.

D’altra parte… e forse proprio a causa della sua totale mancanza di emozioni, Madame Gaillard possedeva un senso spietato dell’ordine e della giustizia. Non prediligeva nessuno dei bambini a lei affidati e non ne trascurava nessuno. Somministrava tre pasti al giorno e non un solo boccone di più. Cambiava le fasce ai piccoli tre volte al giorno e solo fino a quando compivano due anni. Dopo questo termine, chi continuava a farsela addosso riceveva un ceffone senza alcun rimprovero e un pasto in meno. Madame Gaillard spendeva la metà esatta della retta per i suoi pupilli, e teneva per sé l’altra metà esatta. Nei tempi buoni non cercava di aumentare il suo guadagno, ma nei tempi duri non lasciava perdere neppure un soldo, neanche quando si trattava di vita o di morte. Diversamente il mestiere non sarebbe più stato redditizio. Aveva bisogno di denaro. Aveva fatto i suoi conti con precisione estrema. Da vecchia voleva assicurarsi un vitalizio e inoltre avere abbastanza da potersi permettere di morire in casa, anziché crepare all’Hôtel-Dieu come suo marito. Anche la morte di lui non le aveva fatto né caldo né freddo. Ma aveva orrore di quella morte pubblica, assieme a centinaia di estranei. Voleva potersi permettere una morte privata, e per questo le occorreva tutto il margine di guadagno proveniente dalla retta. C’era l’inverno, è vero, e in quel periodo su due dozzine di piccoli pensionanti ne morivano tre o quattro. Tuttavia anche così se la cavava sempre molto meglio della maggior parte delle altre madri adottive, e il suo reddito superava di gran lunga quello dei grandi brefotrofi statali o religiosi, la cui percentuale di perdite spesso ammontava a nove decimi. Poi c’era anche molto ricambio. Ogni anno Parigi produceva più di diecimila nuovi trovatelli, bastardi e orfani. In tal modo era possibile consolarsi di più d’un ammanco.

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