J. Rowling - Harry Potter e il prigioniero di Azkaban

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Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: краткое содержание, описание и аннотация

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In questa nuova, attesissima avventura il piccolo grande apprendista mago Harry Potter deve vedersela con l’assassino pluriomicida Sirius Black, evaso dalla fortezza di Azkaban proprio per ucciderlo e con i Dissennatori, guardie carcerarie che neutralizzano le persone risucchiandone i pensieri positivi e impadronendosi dell’anima… Ma Harry Potter non soccombe alla paura, perché questa è la morale vincente che trasmette ai lettori. Tra mappe segrete, zie volanti e libri che mordono, farà trionfare il Bene. Che soddisfazione!
Vincitore del premio Locus in 2000.
Nominato per il premio Hugo in 2000.

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Così pagarono i gelati e attraversarono la strada fino al Serraglio Stregato.

Non c’era molto spazio all’interno. Tutte le pareti erano tappezzate di gabbie. C’era uno strano odore e un gran fracasso perché gli ospiti delle gabbie strillavano, squittivano, borbottavano e sibilavano, tutti insieme. La strega dietro il bancone stava dando dei consigli a un mago su come allevare i tritoni a due code, così Harry, Ron e Hermione aspettarono il loro turno osservando le gabbie.

Due enormi rospi violetti dall’aria bavosa si stavano facendo una scorpacciata di tafani morti. Una tartaruga gigante con il carapace tempestato di pietre preziose luccicava vicino alla finestra. Parecchie lumache velenose di color arancione strisciavano lente su per la parete del loro terrario di vetro, e un grasso coniglio bianco continuava a trasformarsi in un cappello a cilindro e poi di nuovo in coniglio, accompagnando ogni metamorfosi con uno schiocco secco. Poi c’erano gatti di tutti i colori, una rumorosa gabbia di corvi, un cestino di buffe palle di pelo color crema che ronzavano forte e, sul bancone, una grande gabbia piena di lustri topi neri che giocavano a saltare la corda con le lunghe code pelate.

Il mago del tritone a due code uscì e Ron si avvicinò al bancone.

«È per il mio topo» disse alla strega. «È un po’ giù di tono da quando siamo tornati dall’Egitto».

«Mettilo qui sopra» disse la strega, ed estrasse dalla tasca un paio di occhialoni neri.

Ron prese Crosta dalla tasca interna della giacca e lo posò vicino alla gabbia dei topi, che smisero di saltare e si affollarono contro la rete per vedere meglio.

Come quasi tutte le cose di Ron, il topo Crosta era di seconda mano (prima era appartenuto al fratello di Ron, Percy) e un po’ sciupato. Vicino ai lucidi topi della gabbia, sembrava particolarmente abbacchiato.

«Mmm» disse la strega sollevando Crosta. «Quanti anni ha?»

«Non lo so» rispose Ron. «Dev’essere vecchio. Era di mio fratello».

«Che poteri ha?» chiese la strega osservando Crosta da vicino.

«Ehm…» disse Ron. La verità era che Crosta non aveva mai mostrato la minima traccia di qualche potere interessante. La strega spostò lo sguardo dall’orecchio sinistro del topo, che era tutto smozzicato, alla zampa anteriore, a cui mancava un dito, e fece un verso di disapprovazione.

«Ne ha viste delle belle, questo qua» esclamò.

«Era così quando Percy me l’ha passato» disse Ron, sulla difensiva.

«Un topo ordinario, comune o da giardino come questo non può vìvere più di tre anni» disse la strega. «Se cerchi qualcosa che si consumi di meno, forse ti potrebbe andar bene uno di questi…» e indicò i topi neri, che subito ricominciarono a saltare.

«Esibizionisti» mormorò Ron.

«Be’, se invece non vuoi sostituirlo, puoi provare con questo Sciroppo Ratto» disse la strega estraendo una bottiglietta rossa da sotto il banco.

«D’accordo» disse Ron. «Quanto… AHIA!»

Ron barcollò. Dalla sommità della gabbia più alta qualcosa di grosso e arancione era piombato sulla sua testa, per poi lanciarsi verso Crosta, soffiando furiosamente.

«No, GRATTASTINCHI, NO!» gridò la strega, ma Crosta le guizzò via dalle mani come una saponetta, atterrò a pelle d’orso sul pavimento e poi filò verso la porta.

«Crosta!» gridò Ron, schizzando a sua volta fuori dal negozio. Harry lo segui.

Impiegarono quasi dieci minuti per riprendere Crosta, che si era rifugiato sotto un cestino della carta straccia davanti ad Accessori di Prima Qualità per il Quidditch. Ron si ficcò in tasca il topo tremante e si alzò massaggiandosi la testa.

«Che cos’era?»

«O un grosso gatto o una tigre piccola» disse Harry.

«Dov’è Hermione?»

«Probabilmente si sta comprando il gufo».

Ripercorsero la strada affollata fino al Serraglio Stregato. Hermione stava uscendo dal negozio, ma non con un gufo: teneva ben stretto l’enorme gatto rosso.

«Hai comprato quel mostro?» chiese Ron a bocca spalancata.

«E magnifico, vero?»

Questione di gusti, pensò Harry. Il gatto aveva un bel pelo fulvo e soffice, ma le zampe erano decisamente storte e il muso era imbronciato e un po’ schiacciato, come se il suo proprietario si fosse schiantato contro un muro. Ora che Crosta non era in vista, comunque, il gatto faceva le fusa soddisfatto tra le braccia di Hermione.

«Hermione, quella cosa mi ha quasi tirato via lo scalpo!» disse Ron.

«Non l’ha fatto apposta, vero, Grattastinchi?» disse Hermione.

«E Crosta?» disse Ron indicando il rigonfiamento nella tasca della giacca. «Ha bisogno di riposo e di quiete! Come farà con quella cosa in giro?»

«A proposito, hai dimenticato lo Sciroppo Ratto» disse Hermione, e porse a Ron la bottiglietta rossa. «Smettila di preoccuparti. Grattastinchi starà nel mio dormitorio e Crosta nel tuo, dov’è il problema? Povero Grattastinchi, la strega ha detto che ce l’aveva in negozio da un secolo, nessuno lo voleva».

«Chissà perché» commentò Ron sarcastico, e i tre si diressero al Paiolo magico dopo aver recuperato le borse con i libri.

Il signor Weasley era al bar a leggere La Gazzetta del Profeta.

«Harry!» disse con un sorriso, alzando lo sguardo. «Come stai?»

«Bene, grazie» disse Harry mentre lui, Ron e Hermione si sistemavano con tutti i loro acquisti.

Il signor Weasley mise da parte il giornale e Harry vide il viso ormai familiare di Sirius Black che lo guardava.

«Non l’hanno ancora preso, allora?» chiese.

«No» rispose il signor Weasley in tono molto serio. «Al Ministero ci hanno dispensato dagli incarichi ordinari per concentrarci tutti sulle ricerche, ma finora non abbiamo avuto fortuna».

«C’è una ricompensa se lo prendiamo?» chiese Ron. «Non sarebbe male, un po’ di soldi…»

«Non essere ridicolo, Ron» disse il signor Weasley, che da vicino appariva molto stanco e teso. «Black non si farà prendere da un mago di tredici anni. Saranno le guardie di Azkaban a riacciuffarlo, vedrete».

In quel momento entrò la signora Weasley, carica di borse e sacchetti, seguita dai gemelli, Fred e George, che stavano per cominciare il quinto anno a Hogwarts, dal neoeletto Caposcuola, Percy, e dalla più piccola della famiglia, l’unica femmina, Ginny.

Ginny, che aveva da sempre una grande passione per Harry, fu ancora più imbarazzata del solito quando lo vide, probabilmente perché lui le aveva salvato la vita l’anno prima a Hogwarts. Diventò tutta rossa e mormorò ’ciao’ senza guardarlo. Percy, invece, gli tese la mano con solennità, come se lui e Harry non si conoscessero, e disse:

«Harry. Che piacere vederti».

«Ciao, Percy» replicò Harry cercando di non ridere.

«Spero che tu stia bene» disse Percy pomposo, stringendogli la mano. Era un po’ come essere presentati al sindaco.

«Molto bene, grazie…»

«Harry!» esclamò Fred, dando una gomitata a Percy per toglierlo di torno e facendo un profondo inchino. «È semplicemente magnifico vederti, ragazzo…»

«Meraviglioso» disse George, spingendo Fred da una parte e afferrando la mano di Harry. «Assolutamente splendido».

Percy li guardò storto.

«Ora basta» disse la signora Weasley.

«Mamma!» esclamò Fred, come se l’avesse vista solo in quell’istante. E poi, afferrandole la mano: «È fantastico vederti…»

«Ho detto basta così» disse la signora Weasley depositando i sacchetti su una sedia vuota. «Buongiorno, Harry caro. Hai sentito la bella novità, vero?» Indicò il distintivo d’argento nuovo di zecca appuntato sul petto di Percy. «È il secondo Caposcuola in famiglia!» disse, orgogliosa.

«E l’ultimo» mormorò Fred fra i denti.

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