Patricia McKillip - L'erede del mare e del fuoco

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L'erede del mare e del fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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La terra di Hed, è risaputo, non è mai stata una fucina di eroi. Tutti i suoi abitanti — compresi i principi che la reggono — sono contadini, ed anche Morgon, Signore di Hed, è un contadino. Ma non solo questo. Perché in un mondo da cui la magia è misteriosamente scomparsa in un remoto passato, e nel quale il sapere esoterico è affidato ai Signori degli indovinelli, Morgon può essere considerato un adepto, il miglior allievo della scuola di Caithnard, unico risolutore di un indovinello rimasto inspiegabile per oltre settecento anni. E poi Morgon ha tre stelle in fronte, identiche a quelle incise su un’arpa che solo lui può suonare e sull’elsa di una spada che solo lui può impugnare. Così, senza volerlo, il principe di Hed viene coinvolto in un viaggio fantastico e in un’avventura misteriosa, nel viaggio verso la montagna di Erlenstar assieme all’arpista del Supremo, per cercare risposta a una domanda che neppure lui ancora conosce. Con l’aiuto di Raederle, la donna che ama e per la quale ha vinto una sfida, Morgon affronterà un difficile cammino esistenziale e avventuroso, cercando la soluzione dell’enigma che lega passato e futuro, e combattendo Ohm, il mago corrotto che vuole alterare gli equilibri del mondo.

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— Come fai a parlare così? — domandò Lyra. — Come puoi non tornare nella terra che è tua? Essa è parte di te, e non c’è altro posto per te.

— Per te è così, forse. Tu non puoi appartenere ad altro luogo che a Herun.

— Ma tu sei Raederle di An! Laggiù, e perfino a Herun, tu sei quasi una leggenda. Dove altrimenti potresti andare? Tu sei parte della magia di An, della discendenza dei suoi Re. Dove… Cosa ti ha detto quella donna di tanto terribile da tenerti lontana dalla tua stessa casa?

Lei non disse parola, stringendo forte la ringhiera fra le dita. Lyra attese un poco, e quando vide che Raederle non rispondeva proseguì: — Da quando ti abbiamo trovata nei boschi non hai quasi mai aperto bocca con nessuno. E spesso ti vedo stringere la mano sinistra come se tenessi in pugno qualcosa che… che ti ferisce. Probabilmente io non sono all’altezza di capirlo. Io non ho alcun talento con quelle cose incomprensibili, come la magia e gli enigmi. Ma se c’è qualcosa contro cui io possa battermi, per te, io mi batterò. Se c’è qualcosa che io possa fare per te, lo farò. Te lo giuro sul mio onore… — Tacque, vedendo Raederle volgersi di scatto verso di lei.

Raederle sussurrò: — Io non ho mai pensato all’onore in vita mia. Forse perché nessuno ha mai minacciato il mio, o quello della mia famiglia. Ma mi chiedo se non sia questo che mi sta tormentando. Non devo possederne molto, se ho lasciato An.

— Perché dici questo? — ansimò Lyra, incredula. Raederle tolse la mano sinistra dalla balaustra, la girò e aprì le dita sotto la luce.

Osservando il bianco disegno a dodici sfaccettature inciso sul palmo Lyra sbatté le palpebre. — Che cos’è?

— È il marchio di quella pietra. Quella con cui abbagliai gli uomini delle navi da guerra. È comparso quando strinsi il fuoco…

— Tu… quella donna ti ha costretto a mettere la mano nel fuoco?

— No. Nessuno mi ha costretto. L’ho semplicemente toccato, e poi chiuso nella mano. Sapevo che avrei potuto farlo, così lo feci.

— Tu hai questo potere? — La voce di Lyra era fievole per la meraviglia. — È un potere da mago. Ma perché sei così angosciata? C’è forse qualche altro significato in quel marchio?

— No. Forse non so neppure cosa significa. Ma io so da dove mi viene questo potere, e non l’ho ereditato né da una strega di An né da un mago di Lungold. Mi viene da Ylon, che un tempo fu Re di An, figlio di una Regina di An e di un cambiaforma. Il suo sangue scorre ancora nella dinastia di An. Io ho il suo potere. Suo padre era l’arpista che cercò di uccidere Morgon in casa tua.

Lyra la fissò, senza parole. La luce della cabina si spense all’improvviso, lasciando i loro volti al buio; qualcuno accese una lampada a prua. Chinandosi di nuovo a guardare nell’acqua Raederle sentì Lyra cominciare a dir qualcosa e poi azzittirsi. Pochi minuti dopo, sempre poggiata alla balaustra accanto a Raederle, parve ancora sul punto di parlare. Raederle attese che andasse via, ma la ragazza non si mosse. Mezz’ora più tardi, quando entrambe stavano cominciando a rabbrividire nel vento della notte, Lyra respirò a fondo e finalmente parve trovare le parole:

— A me non importa — disse orgogliosamente, sottovoce. — Tu sei Raederle, ed io so chi sei, ti conosco. Quel che ho detto rimane; l’ho giurato, così come lo avrei giurato a Morgon se non fosse stato così testardo. È stato il tuo onore, e non la mancanza d’onore, a farti partire da An. E se a me non importa, perché Morgon dovrebbe pensarla diversamente? Ricordati chi è l’uomo da cui lui stesso ha tratto almeno metà del suo attuale potere. E adesso rientriamo, prima di congelare qui.

Giunsero a Kraal ancor prima che la nebbia del mattino si fosse alzata dal mare. Le chiatte attraccarono, le ragazze scesero sul molo e attesero che venissero scaricati i loro bagagli, mentre Bri Corbett andava a bordo della nave di Mathom per rimettere al lavoro i suoi marinai e mandarne alcuni a occuparsi dei bagagli. Kia sospirò, senza rivolgersi a nessuno in particolare: — Se non dovrò mettere più piede su un oggetto galleggiante, non chiederò altro alla vita. Io non avevo mai visto più acqua di quella che c’è nelle vasche dei pesci della Morgol.

Corbett fece ritorno con cinque o sei marinai, poi scortò le ragazze sull’ampia e comoda nave regale che oscillava al suo posto d’ormeggio. Dopo le imbarcazioni e le chiatte fluviali essa parve loro un albergo, e furono liete di salire a bordo. Corbett controllò a che punto fosse la marea e ritto sulla prua cominciò ad abbaiare ordini, mentre la ciurma portava a bordo in fretta verdure fresche, impastoiava i cavalli nella stiva e sistemava i bagagli nelle cabine. Infine la tintinnante catena dell’ancora fu estratta dal mare; la nave mollò gli ormeggi, e le maestose vele azzurre e porpora di An scivolarono gonfie e orgogliose fra il traffico fluviale.

Dieci giorni più tardi approdarono al porto di Hlurle. Le guardie della Morgol erano schierate sulla banchina ad aspettarli.

Lyra scese a passi rigidi lungo la passerella, seguita dalle cinque guardie, e andò a fermarsi dinnanzi alla ragazza che comandava le due squadre di colleghe messe in fila. Costei, una bionda alta e dagli occhi grigi, cominciò a dire: — Lyra, tu…

La bruna la interruppe con un gesto brusco, sollevando orizzontalmente la sua lancia e porgendogliela sulle mani aperte, in un gesto d’offerta secco quanto rassegnato. Raederle, che l’aveva seguita, la sentì dire con voce atona: — Trika, vuoi portare tu la mia lancia attraverso la terra di Herun, e consegnarla alla Morgol? Chiedo solo di poter rassegnare le dimissioni al nostro arrivo a Corona.

— Non posso.

Lyra la fissò in silenzio, poi spostò lo sguardo sui volti impassibili delle ragazze schierate dietro la collega. Deglutì saliva. — Perché non puoi? La Morgol vi ha dato altri ordini? Cosa intende fare per quel che riguarda me?

Trika alzò una mano, sfiorò esitante la lancia, poi la lasciò ricadere. Alle spalle di Lyra le cinque guardie erano immobili, ai piedi della passerella, e sembravano piuttosto tese. — Lyra… — La bionda parve cercare con cura le parole. — Lyra, hai venti testimoni del fatto che ti offri, per l’onore della Guardia, a cavalcare disarmata nella terra di Herun. Tuttavia io penso che faresti meglio a tenere la tua lancia. La Morgol non è a Herun.

— E dov’è? Sicuramente non è ancora a Caithnard!

— No. È tornata da Caithnard oltre un mese fa. Ha preso con sé sei di noi per farsi scortare a Corona, e ha lasciato le altre quattordici qui con l’ordine di aspettare te. Ieri Feya è arrivata con la notizia che lei è… che lei non è più a Herun.

— Ebbene, se non è a Herun, allora dov’è andata?

— Nessuno lo sa. È andata via, semplicemente.

Lyra raddrizzò la lancia, sbattendone l’estremità al suolo con un tonfo. Si volse verso il drappello di guardie, fermando gli occhi su una ragazza snella dai capelli rossi. — Feya, cosa volevi dire riferendo che la Morgol è andata via?

— Solo che è andata via, Lyra. La sera prima ha cenato in sala, con tutte noi, e il mattino dopo se n’è andata.

— Ma deve aver detto a qualcuno dove intendeva andare. Non ha mai fatto cose di questo genere. Ha preso con sé dei servi, del bagaglio, e qualche guardia?

— Ha preso il suo cavallo.

— Il suo cavallo? E nient’altro?

— Abbiamo interrogato tutti, a palazzo. Risulta che ha preso il cavallo e basta, senza borse da sella né altri bagagli.

— Perché nessuna di voi l’ha vista partire? A cosa stavate facendo la guardia?

— Il fatto è, Lyra — disse un’altra delle ragazze pacatamente, — che lei conosce gli orari dei cambi di guardia bene quanto noi. E nessuna le avrebbe certo chiesto ragione dei suoi movimenti, in casa sua.

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