Tacque, in attesa di una risposta. Lyra arrossì un poco, e il suo tono fu brusco: — Bri Corbett vi ha detto che abbiamo sequestrato questa nave? E che noi… che io… che nessuna delle guardie della Morgol agisce col suo permesso? Desidero che sappiate chi sono coloro a cui date ospitalità nella vostra casa.
Negli occhi di lui vi fu un lampo di sorpresa, ma poi annuì e disse cortesemente: — Non avete pensato che quanto state cercando di fare è proprio ciò che, l’anno scorso, molti di noi avrebbero voluto intraprendere? La vostra presenza sarà un onore per la mia casa.
Le ragazze seguirono il Re e il suo Erede giù per la passerella, e vennero presentate all’Alto Nobile di Marcher ed a Tor, l’Alto Nobile di Umber dai capelli ramati, mentre alcuni scudieri portavano altri cavalli. Una volta montate in sella formarono una stanca e poco entusiasta processione alle spalle del Re. Lyra, cavalcando a fianco di Raederle e con gli occhi sulla schiena di Hereu Ymris, sussurrò: — Sette navi da guerra! Non ci lasceranno la minima possibilità. Che succederebbe se tu facessi un intreccio di fili d’oro e lo attaccassi alle loro prue?
— Devo riflettere — mormorò Raederle.
Nella dimora del Re fu assegnata a ciascuna di loro una stanza luminosa e riccamente ammobiliata, dove avrebbero potuto lavarsi e poi riposare. Raederle, preoccupata che Tristan non si sentisse a disagio in quell’ambiente per lei così insolito, restò con la fanciulla e provvide a dare istruzione ai camerieri, finché lei si distese a dormire un po’ grata di avere un letto che non ondeggiasse. Tornata in camera sua si fece il bagno, si lavò la testa dal salmastro, poi sedette davanti alla finestra a pettinarsi e ne approfittò per osservare dall’alto quella città sconosciuta. I quartieri periferici si dissolvevano pian piano verso le case coloniche e i boschi, ed in lontananza i colori vivaci dei frutteti spiccavano malgrado la foschia. Quando però si sporse sul davanzale per guardare verso la costa, ciò che vide la sorprese al punto che il pettine le sfuggì dalle dita finendo nel cortile sottostante.
Era una struttura di pietra, gigantesca e sconcertante, che sorgeva alquanto fuori città a non molta distanza dal mare. Campeggiava laggiù solitaria e imperscrutabile, sulla cima di un colle, quasi a rappresentare con la sua presenza ricordi ormai al di là di ogni ricordo, enigmi di cui non restavano che frammenti illeggibili. Riconobbe le pietre di cui era formata, massicce e dai vividi bellissimi colori. Buona parte di quella costruzione enorme era rovinata, e le pietre apparivano disperse sul colle anche a notevole distanza, quasi che l’avessero scrollata come un albero di mele. La giovane donna deglutì saliva al ricordo delle antiche storie che suo padre le aveva fatto studiare, e le tornò in mente qualcosa che Morgon le aveva accennato in una delle sue lettere. Ricordò la notizia portata da Elieu circa il risveglio, in una profonda caverna del Monte Isig, dei figli dei Signori della Terra. E una sensazione indefinibile fatta di disperata nostalgia, di solitudine e di oscura comprensione scivolò in lei, spaventandola con la sua intensità, al punto che pur non sopportando più la visione di quelle antiche rovine senza nome non fu capace neppure di distoglierne lo sguardo.
Qualcuno bussò alla porta, e si rese improvvisamente conto d’avere gli occhi accecati dalle lacrime, che le erano colate fin sul collo. Strapparsi da quella misteriosa sensazione le costò uno sforzo fisico, e quando il mondo fu tornato solido e reale nelle sue membra restò un tremito di gelo. Il bussare si ripeté. La fanciulla si lavò in fretta il viso, si asciugò e andò ad aprire.
Sulla soglia c’era l’Erede di Ymris, e per qualche ragione imprecisabile il volto strano e l’unico occhio bianco dell’uomo la misero a disagio. Poi s’accorse che non era affatto vecchio, e che le sue rughe erano segni lasciati dal dolore e dalla sopportazione. Astrin esitò. — Sono inopportuno? Vorrei parlare un momento con voi di… di Morgon. Ma posso tornare più tardi.
Lei scosse il capo. — No, vi prego, entrate pure. Stavo soltanto… Io… — Tacque, incapace di trovare le parole e chiedendosi se comunque lui l’avrebbe capita. D’istinto alzò la mano e lo afferrò per un braccio, quasi che stesse per perdere l’equilibrio, e s’accorse che le lacrime tornavano ad accecarla. Mormorò: — La gente dice che voi vivevate fra le rovine di un’altra epoca, che voi conoscete cose ultraterrene. E ci sono cose… ci sono cose che io devo domandarvi.
Lui entrò e chiuse la porta. — Sedetevi — disse, e sistemò una seggiola per lei davanti al caminetto spento. Quando furono seduti entrambi le versò un boccale di vino. Vestito ancora dell’uniforme reale e con la cotta di maglia aveva l’aspetto di un guerriero, ma la sua espressione pensosa rivelava una mentalità di ben altro genere.
— In voi c’è del potere — disse di punto in bianco. — Lo sapete?
— Lo so… ne ho un poco. Ma ora, credo, dentro di me potrebbe esserci qualcosa che io non ho mai… mai sospettato. Mai! — Bevve un sorso di vino, e riuscì a placare il tremito della voce. — Voi conoscete l’enigma di Oen e di Ylon?
— Sì. — Nel suo occhio buono ci fu un lampo. — Sì — ripeté, sottovoce, — Ylon era un cambiaforma.
Lei chinò il capo come per sfuggire a una fitta di dolore. — Il suo sangue scorre nella dinastia dei Re di An. Per secoli quella vicenda non è stata che una storia triste. Ma ora io voglio… io devo sapere. Lui uscì dal mare, come quel cambiaforma che Lyra vide, quello che per poco non uccise Morgon. I suoi occhi, la sua pelle, e la sua indole selvaggi erano gli stessi. Qualunque sia il potere che io ho, mi viene da Madir. E da Ylon.
Lui restò a lungo in silenzio, riflettendo su quell’antico enigma, mentre lei beveva ogni tanto un sorso tenendo il boccale con mani tremanti. Poi le chiese: — Avete ancora gli occhi rossi. Perché piangevate?
— Quella città morta. Laggiù… qualcosa di me è andato laggiù e ha visto… ha saputo che cos’era un tempo.
L’occhio di lui si fece intenso. La sua voce suonò rauca: — Cos’era?
— Io ero… stavo in una di quelle strade. Era come se fossero i ricordi di qualcun altro dentro di me. Ho avuto paura. Quando siete entrato ho creduto che avreste potuto capire.
— Io non capisco voi come non capivo Morgon. Forse anche voi, come lui, siete una tessera di un grande enigma-mosaico, antico e complicato quanto quella città laggiù su Pian Bocca di Re. Tutto ciò che io so di quelle città sono gli oggetti rotti che vi ho trovato, una vaga traccia del passaggio dei Signori della Terra. Morgon ha dovuto brancolare a tentoni alla ricerca del suo potere, come farete forse anche voi. Che cosa egli possa esser diventato adesso, dopo aver…
— Aspettate! — La voce di lei fu un gemito inarticolato. — Aspettate!
Lui allungò una mano e le tolse il boccale dalle dita prima che i tremiti glielo facessero cadere. Poi le strinse le mani fra le sue, con forza. — Voi non potete credere davvero che sia morto, ne sono certo.
— Ho forse qualche altra scelta? Cosa c’è sull’altra faccia della moneta lanciata in aria? La morte o la vita? La morte o la distruzione della mente ad opera di un terribile potere…
— Chi ha spezzato il potere di quell’incantesimo? Per la prima volta dopo sette secoli i maghi sono di nuovo liberi.
— Questo è stato perché il Portatore di Stelle è morto! Chi lo ha ucciso, adesso non ha più motivo di temere i poteri dei maghi.
— È questo che credete? Lo dicono anche Hereu e Rork Umber. Il mago Aloil è stato un albero a Pian Bocca di Re per settecento anni, finché proprio davanti ai miei occhi è tornato se stesso, sbalordito dal trovarsi libero. Ho potuto parlargli soltanto per poco; mi ha detto che non sapeva cosa ci fosse dietro il suo ritorno alla libertà. Mi guardava con occhi che sembravano aver visto la sua stessa distruzione… Gli ho domandato dove sarebbe andato. Lui ha soltanto riso, ed è svanito. Pochi giorni dopo dei mercanti provenienti da Hed portarono notizia del passaggio del governo della terra al fratello di Morgon, cosa che dev’essere accaduta lo stesso giorno della liberazione di Aloil. Ma io non ho mai creduto che Morgon sia morto.
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