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Katharine Kerr: L'incantesimo dei druidi

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  • Название:
    L'incantesimo dei druidi
  • Автор:
  • Издательство:
    Nord
  • Жанр:
  • Год:
    1992
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-429-0553-4
  • Рейтинг книги:
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L'incantesimo dei druidi: краткое содержание, описание и аннотация

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Rhodry e Jill sono impegnati in una missione ai limiti dell’impossibile, nonostante l’aiuto del potente druido Nevyn. Essi infatti intendono salvare il paese di Deverry dalle mire dei negromanti di Annwyn, l’oscura fratellanza che vuole impadronirsi della regione, ma l’unica speranza di realizzare quest’obiettivo consiste nel convincere gli uomini e gli elfi ad unire le loro forze. Come vincere una diffidenza e una ostilità che si sono consolidate nei secoli? Come convincere le due razze ad accantonare i mille motivi di contrasto che il tempo ha creato? Come se non bastasse i maghi di Annwyn conoscono i piani di Rhodry e Jill e sono già pronti a contrastarli con qualunque mezzo. Basteranno l’astuzia e i poteri di Nevyn a sconvolgere i loro diabolici schemi e a salvare il regno di Deverry?

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Nel Bardek, in quell’epoca in cui pergamene e materiale per scrivere erano estremamente costosi, gli uomini eruditi avevano sviluppato un astuto sistema per addestrare la loro memoria ad immagazzinare le informazioni: uno studente imparava dapprima a visualizzare chiare immagini mentali di oggetti comuni, come per esempio una brocca d’argento, e quando infine arrivava a poter mantenere quell’immagine davanti a sé per un momento o due, vedendola con la stessa chiarezza come se avesse avuto di fronte l’oggetto in questione, passava a fare la stessa cosa con oggetti sempre più complessi, fino a riuscire a memorizzare un’intera stanza completa di arredo e a vederla esattamente nello stesso modo ogni volta che evocava quel ricordo.

A questo punto, lo studente cominciava a costruire una casa di ricordi, immaginandola e visualizzandola una stanza per volta, e in ciascuna stanza poneva oggetti che simboleggiavano le cose che lui voleva ricordare, di solito immagini divertenti o grottesche per stimolare maggiormente la memoria. Per esempio, un mercante di spezie aveva nella sua casa immaginaria una stanza in cui riponeva informazioni relative a determinati importanti clienti, e se una sua facoltosa cliente detestava il pepe nero, la cosa veniva raffigurata con una statua della donna che sternutiva violentemente. Se in un certo momento il mercante ricordava che la donna in questione aveva una caratteristica speciale ma non rammentava quale, gli bastava entrare mentalmente in quella stanza e vedere l’immagine per sapere che doveva portarle in dono una spezia che non fosse il pepe nero.

Ovviamente, quel metodo di addestramento mentale aveva molto in comune con i primi passi che si muovevano nell’apprendistato del dweomer, e il Vecchio se ne era reso conto non appena aveva cominciato a studiare il dweomer. Da giovane, aveva lavorato come impiegato del governo, un lavoro che più di ogni altro richiedeva il metodo mnemonico, perché a quei tempi la semplice idea di archiviare documenti e informazioni in ordine alfabetico non era ancora stata scoperta. Il giovane schiavo eunuco ancora noto come Tondalo aveva così costruito nella sua mente un vasto archivio, nel quale poteva entrare e trovare ogni importante documento affidato alle sue cure. Dopo essere riuscito a comprarsi la libertà e ad arricchire spremendo tutto quello che poteva essere ricavato da un servizio civile che funzionava soprattutto mediante la corruzione, Tondalo aveva trascorso un pomeriggio estremamente piacevole impegnato a bruciare l’intero archivio fino all’immaginario terreno su cui poggiava.

La tecnica aveva però continuato ad essere per lui estremamente preziosa, soprattutto dopo che si era per caso imbattuto in un modo di perfezionarla. Questo era successo circa un centinaio di anni prima, quando lui era impegnato a lavorare ad un problema particolarmente difficile della Corporazione Oscura, e cioè se assassinare o meno un determinato arconte. A mano a mano che le spie gli avevano portato informazioni in merito all’arconte e alla situazione nella sua città-stato, Tondalo le aveva archiviate in una stanza della sua memoria, perché erano cose decisamente troppo scandalose per poter essere messe in forma scritta. Ad un certo punto era tornato in quella stanza e aveva scoperto che determinati oggetti erano cambiati: la statua di un ragazzo nudo (che rappresentava il vero amore dell’arconte nella vita reale) teneva in mano una ciotola che il Vecchio non vi aveva posto e vicino al ragazzo c’era una donna in pianto. Spronato da quel cambiamento, Tondalo aveva improvvisamente visto la soluzione del problema: il ragazzo aveva messo del veleno nella ciotola e la donna in pianto era sua madre. A quel punto uno dei membri più presentabili della corporazione oscura aveva manipolato la mente della donna fino a renderla abbastanza furiosa da denunciare pubblicamente l’arconte per i suoi vizi, e dopo che la folla inferocita aveva finito con lui, la Corporazione Oscura non aveva più avuto bisogno di mandare nessun sicario.

Quella particolare serie di simboli era mutata soltanto grazie all’intuito: il Vecchio si era infatti reso perfettamente conto che come in un sogno la parte inconscia della sua mente aveva risolto il problema mentre la sfera cosciente guardava altrove… ma la cosa gli aveva dato un’idea. E se avesse creato una stanza speciale, magari addirittura un tempio, riempiendola di simboli carichi di dweomer? Quei simboli sarebbero forse mutati nell’essere toccati dalle maree del futuro e avrebbero rivelato i segreti del tempo a venire? Anche se gli ci erano voluti anni di lavoro, alla fine era riuscito ad attuare la sua idea.

Quel pomeriggio si sedette quindi sulla sedia ed evocò il suo tempio del Tempo. Dal momento che quella era un’operazione puramente mentale, il Vecchio era del tutto cosciente e si stava soltanto concentrando con un’intensità impossibile ad una mente non addestrata. L’edificio era una torre alta e quadrata, fatta di pietra bianca, che sorgeva su una collina. Un lato della collina era esposto in pieno alla luce del sole, l’altro alla luce della luna. Aggirata la struttura fino a portarsi sul lato rischiarato dalla luna, il Vecchio aprì una delle quattro porte che davano accesso al primo dei dodici piani della torre: ogni parete aveva sette finestre e al centro c’era una scala circolare di cinquanta gradini. Il Vecchio cominciò a salire, degnando appena di un’occhiata l’assortimento di oggetti presente in ciascuna stanza, fino ad arrivare al dodicesimo piano.

Là dove lui le aveva poste intorno alla scala c’erano le statue di quattro elfi, due maschi e due femmine, tutti con la schiena ai gradini come se stessero guardando dalla finestra, e più oltre c’era la statua di Rhodry, simile all’originale quanto più lo permettevano le descrizioni che il Vecchio aveva sentito, con la sola eccezione che era vestita interamente di rosso; ai suoi piedi giaceva il drago azzurro e argento di Aberwyn. Accanto a quella di Rhodry era posta una statua stilizzata che doveva rappresentare Jill, una graziosa ragazza bionda con una spada in mano, e dietro di essa c’era… non c’era nulla. Il Vecchio sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando si rese conto che l’immagine di Alastyr era completamente svanita, ma suppose che se lo sarebbe dovuto aspettare: questo dimostrava che il tempio era saldamente collegato alle forze più elevate. Tutt’intorno c’erano poi svariati simboli e oggetti, una statua di Nevyn, un arco elfico spezzato, parecchi membri del Popolo Fatato che reggevano oggetti che avevano corrispondenza con ricordi presenti nella mente del Vecchio, ma in un primo tempo lui ignorò ogni cosa e si avvicinò ad una delle finestre.

Fuori vorticava una strana foschia, e lui dovette calmare i propri nervi prima di sbirciare in essa. A volte strane creature venivano là, perché anche se il tempio era nato soltanto come costruzione mentale nel corso dei lunghi anni in cui lui vi aveva lavorato aveva cominciato ad acquisire anche una realtà astrale, come poteva fare qualsiasi immagine permeata di una forza sufficiente. In quel particolare giorno lui vide però soltanto la luce della luna che vorticava fra la nebbia, invece di indecifrabili immagini di eventi futuri, e anche se fece il giro di tutte le finestre esposte al lato notturno rimase sempre deluso. Mentre si girava verso le scale qualcosa attirò il suo sguardo e lo indusse a fermarsi ad esaminare la statua di Rhodry: c’era una differenza, qualcosa di minimo… il Vecchio continuò a scrutare la statua fino a scoprire di cosa si trattava. Minuscole rose di un candore estremo stavano crescendo intorno all’indice della mano sinistra di Rhodry, così perfette che le loro spine avevano fatto affiorare una goccia di sangue sul dito della statua. Perplesso, accennò a girarsi soltanto per arrestarsi di nuovo: le statue degli elfi stavano ridendo di lui.

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