Orson Card - Alvin l'apprendista

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Alvin l'apprendista: краткое содержание, описание и аннотация

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In un mondo dominato da magie, incantesimi e misteriose potenze negative, nasce Alvin “Settimo figlio di un settimo figlio” che possiede tutte le energie positive del Creato ed è destinato a combattere per la salvezza degli uomini e della Terra. Il giorno in cui nacque Alvin, Peggy — colei che vede tutti i futuri possibili — ne lesse il destino carico di dolori e pericoli, ma vide anche la missione a cui era predestinato. Una missione che gli avrebbe dato la gloria di essere ricordato come il costruttore di un mondo migliore.

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Quasi in risposta, la bacchetta si sfilò di colpo dal suolo, gli sfuggì dalle mani e volò fra i cespugli a un paio di pertiche di distanza.

A Hank non era mai accaduto niente del genere in tutti gli anni che aveva fatto il rabdomante. Una bacchetta che ti schizza via in quel modo! Ecco, era come se l’acqua avesse voluto respingerlo con la stessa decisione con cui una signora della buona società respinge un bestemmiatore.

«La fossa è pronta» annunciò il ragazzo.

Hank gli gettò un’occhiata penetrante, per capire se avesse notato qualcosa d’insolito nel modo in cui la bacchetta gli era scappata di mano. Ma il ragazzo non lo stava neanche guardando. Aveva gli occhi fissi al suolo all’interno della fossa quadrata.

«Buon lavoro» approvò Hank, cercando di non lasciar trasparire l’odio che provava.

«Scavare in questo punto non servirà a nulla» mormorò il ragazzo.

Hank non riusciva a credere alle proprie orecchie. Era già abbastanza riprovevole che il ragazzo rispondesse al suo padrone riguardo a un mestiere che conosceva. Ma che diamine ne sapeva di rabdomanzia?

«Che cos’hai detto, ragazzo?» chiese Hank.

Alvin doveva aver visto la minaccia nello sguardo di Hank, o udito la nota di furia nella sua voce, perché si affrettò a fare marcia indietro. «Niente, signore» disse. «E poi non sono affari miei.»

Hank tuttavia aveva accumulato una rabbia tale che non gli permise di cavarsela tanto facilmente. «Pensi di poter fare anche il mio lavoro, eh? Forse il tuo padrone ti lascia pensare di essere bravo come lui per via del tuo dono con i cavalli , ma lasciatelo dire, ragazzo, io sono un vero rabdomante, e la mia bacchetta mi dice che qui c’è l’acqua!»

«È giusto» ammise l’altro. Si esprimeva in tono pacato, così che Hank non aveva veramente fatto caso alla circostanza che il ragazzo lo superava in altezza di un buon palmo, e forse ancora di più nell’allungo. Alvin l’apprendista non era grande e grosso al punto da poter essere definito un gigante, ma di certo non era neanche un nano.

«È giusto ? Pensi che spetti a te giudicare se quello che la bacchetta mi dice è giusto o sbagliato?»

«No, signore, lo so. Ho parlato a sproposito.»

Il fabbro intanto era di ritorno con una carriola, un piccone e due robuste leve di ferro. «Che succede?» chiese.

«Il tuo ragazzo vuole fare il furbo con me» sibilò Hank. Ma mentre pronunciava quelle parole si rese conto di essere ingiusto… L’apprendista aveva già chiesto scusa, no?

In quel momento il braccio di Makepeace si abbatté sul ragazzo, assestandogli alla tempia un manrovescio che avrebbe abbattuto un orso. Alvin barcollò, ma non cadde. «Mi dispiace, signore» disse.

«Ha detto che nel punto in cui vi ho indicato di scavare non c’è acqua.» Hank non riusciva a trattenersi. «Il suo dono io l’ho rispettato. Allo stesso modo vorrei che lui rispettasse il mio.»

«Dono o non dono» tagliò corto il fabbro «deve rispettare i miei clienti, o imparerà quanto tempo ci vuole per diventare fabbro, oh, se lo imparerà!»

Adesso Makepeace stringeva in mano una delle due pesanti leve di ferro, quasi avesse l’intenzione di servirsene per fustigare il ragazzo sulla schiena. Non sarebbe stato altro che un omicidio, e l’odio di Hank non arrivava a tanto. Allungò la mano afferrando l’altra estremità della leva. «No, Makepeace, aspetta, va bene così. Mi ha già chiesto scusa.»

«E questo ti basta?»

«Questo e sapere che darai ascolto a me e non a lui» rispose Hank. «Non sono tanto vecchio da permettere a un ragazzino con il dono per la ferratura dei cavalli di dirmi che non sono ‘più in grado di fare il rabdomante’.»

«Il pozzo verrà scavato proprio qui, puoi scommetterci l’anima. E questo ragazzo lo scaverà tutto da solo, e finché non sarà arrivato all’acqua non riceverà nulla da mangiare.»

Hank sorrise. «Bene, allora sarà contento di scoprire che conosco il mio mestiere… Anche se non dovrà scavare molto, questo è certo.»

Makepeace si portò alle spalle del ragazzo, che adesso era ritto a qualche passo dalla fossa, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il volto completamente inespressivo. «Alvin, io accompagno il signor Dowser a riprendere il cavallo ferrato. Per quanto riguarda te, non voglio rivederti finché non sarai in grado di portarmi un secchio d’acqua pura attinto a questo pozzo. Fino a quel momento non avrai né un tozzo di pane, né un sorso d’acqua che non sia stato attinto proprio da qui.»

«Non ti sembra di esagerare?» disse Hank. «Abbi cuore. Lo sai che in un pozzo appena scavato a volte ci vuole un paio di giorni prima che il terriccio si depositi.»

«Comunque sia, voglio un secchio d’acqua dal nuovo pozzo» ribadì Makepeace. «Anche se per farlo dovesse scavare tutta la notte.»

Makepeace e Hank tornarono quindi verso la fucina e il recinto dove li attendeva Picklewing. Fecero due chiacchiere, trafficarono un po’ per sellare la bestia, e poi Hank Dowser si rimise in strada, sentendo sotto di sé il cavallo trottare con passo più agevole e regolare, felice come una pasqua. Mentre si allontanava scorse il ragazzo al lavoro. Non si vedeva volare terriccio, solo un metodico sollevare e scaricare, sollevare e scaricare. A quanto pareva, l’apprendista non si fermava neanche per riposare. Non una sola interruzione nel ritmo del suo lavoro. Solo lo zac della vanga che penetrava nel terreno, poi lo zuis-tump del terriccio che veniva scaricato sul mucchio.

Hank ritrovò la calma solo quando non riuscì più a udire quel rumore, anzi a ricordare che rumore fosse. Quali che fossero i poteri di Hank come rabdomante, quel ragazzo era nemico del suo dono, Hank ne era certo. Sulle prime aveva pensato che la sua fosse una rabbia irragionevole, ma dopo che il ragazzo gli aveva risposto in quel modo, Hank aveva compreso di aver colto nel segno. Il ragazzo credeva di essere padrone dell’acqua, forse di essere addirittura uno scandagliatore, e questo lo rendeva nemico di Hank.

Gesù aveva detto di donare ai nemici il proprio mantello, di porgere l’altra guancia… Ma se il nemico voleva portarti via ogni mezzo di sostentamento? Se voleva rovinarti? Cristiano sì, ma non fino a quel punto, pensò Hank. A quel ragazzo ho dato la lezione che si meritava, e, se non impara, be’, vorrà dire che gliene darò una seconda.

VI

MASCHERATA

Peggy non era la ragazza più ammirata al Ballo del Governatore, ma a lei stava bene così. Già da tempo Modesty le aveva insegnato che per una donna era un errore entrare in competizione con le sue pari. «Non esiste bene così prezioso che una donna possa tenerlo per sé sottraendolo a tutte le altre.»

Nessun’altra tuttavia sembrava capirlo. Le signore presenti al ballo si lanciavano sguardi carichi d’invidia, calcolando il probabile costo di una gonna, valutando la cifra spesa per un amuleto di bellezza, tenendo il conto degli uomini con cui ciascuna ballava, o che ciascuna riusciva a farsi presentare.

Poche di loro rivolsero sguardi invidiosi a Peggy… Almeno quando lei fece il suo ingresso nella sala, a metà pomeriggio. Peggy percepì subito l’impressione che faceva sulle altre. I suoi capelli non erano elegantemente acconciati, ma ben spazzolati e lucenti, raccolti in modo da dare un’impressione di ordine eppure con qualche ricciolo ribelle. Il suo abito era semplice, quasi povero, ma per scelta consapevole. «Hai un corpo giovane e flessuoso, e l’abito non deve distrarre gli sguardi dalla grazia naturale della giovinezza» aveva detto Modesty. Quell’abito inoltre era insolitamente pudico, e mostrava meno pelle nuda di quelli indossati dalle altre partecipanti al ballo; tuttavia, più degli altri, rivelava la libertà di movimenti del corpo che esso celava.

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