Orson Card - Il profeta dalla pelle rossa

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Il profeta dalla pelle rossa: краткое содержание, описание и аннотация

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L’America tranquilla e pacifica in cui Alvin è nato non esiste più: l’uomo bianco ha strappato la terra all’uomo rosso, ha tagliato, distrutto, bruciato. Il giovane Alvin, inconsapevole incarnazione di un potere arcano, è il solo che può ridare speranza a quella terra martoriata. Con l’aiuto di Ta-Kumsaw, un Rosso forte e orgoglioso, e di suo fratello Lolla-Wossiky, Alvin troverà la forza di battersi per la salvezza della sua terra, di cui vedrà persino il lontano e incerto futuro.

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«Molti. Forse di più. Non saprei. Non c’è molta differenza.»

«Allora non mi dice niente.»

«Ti dice che avrai la battaglia che cerchi» disse Becca. «Ti dice che al mondo, grazie a te, ci saranno ancora sangue e sofferenza.»

«Ma non dice niente di una vittoria» commentò Ta-Kumsaw.

«È sempre così.»

Alvin si chiese se non si sarebbe potuto semplicemente legare un altro filo a uno di quelli spezzati, salvando la vita a qualcuno. Cercò con lo sguardo le spolette di filo dell’ordito, ma non le trovò. I fili scendevano dalla trave posta trasversalmente dietro il telaio, tesi come se dall’altra parte fossero legati a un grosso peso, ma Alvin non riuscì a capire da dove venissero. Non toccavano il pavimento. E nemmeno finivano da qualche parte. Fino a un certo punto, erano lì in aria belli tesi. Da un certo punto in poi, non si vedeva più nulla. Quei fili sbucavano dal nulla, e nessun occhio umano avrebbe potuto capire dove iniziassero, o trovare una spiegazione razionale alla loro sparizione.

Ma lui, Alvin, poteva vedere con altri occhi, con quegli occhi interiori con cui poteva studiare il minuto funzionamento del corpo umano, o le fredde correnti interne della pietra. E con quella sua vista segreta guardò un filo e percepì il modo in cui le fibre si avvolgevano su se stesse intrecciandosi le une alle altre, acquistando forza e consistenza. Stavolta poté seguire il filo finché, molto oltre il punto in cui l’occhio umano non vedeva più nulla, il filo non s’interruppe. Chiunque esso rappresentasse, aveva davanti a sé una vita lunga e tranquilla.

Ogni volta che qualcuno moriva, il suo filo terminava. E in qualche modo, quando nasceva un bambino, cominciava un nuovo filo. Un nuovo filo venuto dal nulla.

«Non finirà mai» disse Becca. «Anch’io diventerò vecchia e morirò, Alvin, ma la tela continuerà.»

«E voi sapete qual è il vostro filo?»

«No» rispose Becca «e non voglio saperlo.»

«Credo che a me invece piacerebbe. Vorrei proprio sapere quanti anni mi restano.»

«Molti» si intromise Ta-Kumsaw. «O pochi. L’unica cosa che conta è l’uso che ne fai.»

«Ma anche quanto vivrò ha la sua importanza» disse Alvin. «E non dirmi che non è vero, perché non ci crederesti nemmeno tu.»

Becca rise.

«Signorina Becca» le si rivolse Alvin «se non siete voi a far succedere le cose, allora perché fate questo lavoro?»

Becca alzò le spalle. «È un lavoro come un altro. Ciascuno ha il suo lavoro, e questo è il mio.»

«Potreste uscire di qui e tessere per gli altri. Fare cose che possano mettersi addosso.»

«Mettersi addosso per poi consumarle» puntualizzò lei. «E poi no, Alvin, non mi è concesso di uscire.»

«Volete dire che non uscite mai di casa?»

«Sto sempre qui» disse Becca. «In questa stanza, col mio telaio.»

«Una volta ti ho supplicato di venire con me» fece Isaac.

«E una volta sono stata io a supplicarti di restare.» Becca alzò lo sguardo su di lui, sorridendo.

«Non potrei trascorrere i miei giorni dove la terra è morta.»

«E io non potrei allontanarmi un istante dalla mia tela. Come la terra vive nella tua mente, Isaac, così nella mia vivono le vite di tutte le anime d’America. Ma ti amo. Perfino in questo momento.»

Alvin ebbe la netta sensazione di essere di troppo. Era come se si fossero dimenticati della sua presenza, anche se fino a un istante prima avevano parlato con lui. Alla fine gli capitò di pensare che probabilmente avrebbero preferito essere soli. Perciò si allontanò, avvicinandosi di nuovo alla tela, e cominciò a seguirne il percorso, anche se stavolta in direzione opposta, frugando in fretta ma accuratamente le pareti, i rotoli e i mucchi, in cerca dell’altra estremità, quella più antica.

Ma non riuscì a trovarla. Anzi, doveva aver cercato nella direzione sbagliata o a un certo punto doveva essersi confuso, perché ben presto si ritrovò a seguire la stessa strada della prima volta, quella che l’aveva condotto al telaio. Ripartì nella direzione opposta, e poco dopo si ritrovò di nuovo a procedere in direzione del telaio. Come non era possibile muoversi in avanti per capire da dove venissero i fili, così non era possibile muoversi all’indietro in cerca dell’altra estremità.

Si voltò di nuovo verso Ta-Kumsaw e Becca. Qualunque fosse stato l’argomento della loro conversazione, i sussurri erano finiti. Ta-Kumsaw sedeva a gambe incrociate sul pavimento di fronte a lei, il capo chino. Lei gli carezzava la testa con mano leggera.

«Questa tela è più vecchia della parte più antica di questa casa» disse Alvin.

Becca non gli rispose.

«Questa tela dura da sempre.»

«Questa tela passa attraverso il telaio da quando gli uomini hanno imparato a tessere.»

«Ma non questo telaio. Questo telaio è nuovo» osservò Alvin.

«Ogni tanto cambiamo telaio, costruendo quello nuovo intorno a quello vecchio. È così che fanno gli uomini della nostra stirpe.»

«Questa tela risale a prima che in America arrivassero i Bianchi» disse Alvin.

«Una volta faceva parte di una tela più grande. Ma un giorno, nella nostra terra d’origine, ci accorgemmo che gran parte dei fili si stava muovendo verso il bordo. Allora il mio bis-bis-bis-bis-bis-bisnonno costruì un nuovo telaio. Avevamo i fili che ci servivano, quelli che si separavano dalla vecchia tela. E di lì abbiamo continuato. È ancora collegato… è questo che vedi.»

«Ma adesso è qui.»

«È qui e laggiù. Non provare a capire, Alvin. Io stessa ci ho rinunciato molto tempo fa. Ma non è bello sapere che tutti i fili della vita sono intessuti in un’unica immensa tela?»

«E chi tesse la tela per i Rossi che sono andati a ovest con Tenska-Tawa?» chiese Alvin. «I fili che sono usciti dalla tela.»

«Questa non è cosa che ti riguardi» disse Becca. «Diciamo soltanto che è stato costruito un nuovo telaio, e che è stato portato a ovest.»

«Ma Ta-Kumsaw ha detto che nessun Bianco avrebbe mai potuto attraversare il fiume per andare a ovest. L’ha detto anche il Profeta.»

Ta-Kumsaw si voltò lentamente, senza alzarsi dal pavimento. «Alvin» disse «sei solo un ragazzo.»

«E io ero solo una bambina» gli ricordò Becca «quando mi sono innamorata di te.» Si voltò verso Alvin. «È stata mia figlia a portare il telaio a ovest. L’ha potuto fare perché è Bianca solo a metà.» Carezzò di nuovo la testa di Ta-Kumsaw. «Isaac è mio marito. Mia figlia Wieza è sua figlia.»

«Mana-Tawa» disse Ta-Kumsaw.

«Per qualche tempo ho creduto che Isaac sarebbe rimasto qui, a vivere con noi. Ma poi vidi il suo filo allontanarsi dal nostro, anche se il suo corpo era ancora qui. Allora capii che sarebbe tornato dalla sua gente. Sapevo perché fosse venuto da noi, uscendo tutto solo dalla foresta. Esiste una fame ancora più grande di quella dell’uomo rosso per il canto della foresta vivente, di quella del fabbro per la liquida massa del ferro rovente, persino di quella del rabdomante per il vuoto cuore della terra. È stata quella fame a condurre Ta-Kumsaw a casa nostra. A quei tempi al telaio c’era ancora mia madre. Ho insegnato a Ta-Kumsaw a leggere e a scrivere; dopo aver divorato tutta la biblioteca di mio padre, ha letto ogni altro libro che si trovasse nella valle; allora abbiamo ordinato altri libri a Filadelfia e lui ha letto anche quelli. Quando ha dovuto scegliersi un nome, ha scelto quello dell’autore dei Principia. Diventati grandi, ci siamo sposati. Ho avuto una figlia. Lui se n’è andato. Quando Wieza aveva tre anni, Isaac è tornato, le ha costruito un telaio e se l’è portata a ovest, oltre le montagne, perché vivesse con il suo popolo.»

«E voi l’avete lasciata andare?»

«Proprio come la mia antenata seduta al suo telaio lasciò partire sua figlia perché attraversasse l’oceano con un nuovo telaio e un padre premuroso al suo fianco, sì, anch’io l’ho lasciata andare.» Becca sorrise mestamente. «Abbiamo tutti un lavoro da compiere, ma non esiste lavoro ben fatto che non abbia il suo prezzo. Quando Isaac se la portò via, mi trovavo già in questa stanza. Tutto ciò che è accaduto è stato un bene.»

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