Margaret Weis - Il destino dei gemelli

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Inconsciamente, Crysania trattenne il fiato. Dapprima non vide nulla, soltanto un’ombra, una chiazza d’oscurità sulla soglia, come se la notte stessa avesse preso forma plasmandosi all’interno dell’ingresso. Per lunghi istanti l’ombra restò lì, immobile.

«Entra, vecchio amico,» disse Astinus impassibile con voce profonda. L’ombra era delineata da un tremolio di calore - la luce del fuoco si attardava sulle vesti nere, vellutate - e da minuscole scintille, quando il bagliore si rifletteva sulle rune intessute con fili d’argento intorno al cappuccio di velluto.

L’ombra divenne una figura, le vesti nere avvolgevano completamente un corpo. Per un breve istante l’unica appendice umana visibile della figura fu una mano sottile, quasi scheletrica, che stringeva un bastone di legno. Il bastone stesso era sormontato da una sfera di cristallo, stretta nella morsa dell’artiglio scolpito di un drago dorato.

Quando la figura entrò nella stanza, Crysania avvertì il brivido gelido della delusione. Aveva chiesto a Paladine un compito difficile... Ma quale grande forza malefica poteva esserci mai da combattere in quella creatura? Adesso che poteva vederla con chiarezza, vedeva un uomo esile, fragile, con le spalle leggermente ricurve, che si teneva appoggiato al bastone mentre camminava, come se fosse troppo debole per muoversi senza il suo aiuto. Crysania conosceva la sua età, adesso doveva avere all’incirca ventotto anni. Ma si muoveva come un essere umano di novant’anni, i suoi passi erano lenti e misurati, perfino esitanti.

Quale prova della mia fede può mai esserci nella conquista di questa disgraziata creatura? Crysania interrogò con amarezza Paladine fra sé. Non ho nessuna necessità di combatterlo. È divorato all’interno dal suo stesso male.

Rivolto verso Astinus, voltando la schiena a Crysania, Raistlin ripiegò all’indietro il suo cappuccio nero.

«Ancora una volta salute a te, Immortale,» disse ad Astinus con voce sommessa.

«Salute a te, Raistlin Majere,» rispose Astinus senza alzarsi. La sua voce aveva una lieve nota sarcastica, come se spartisse una battuta privata con il mago. Fece quindi un gesto. «Posso presentarti Crysania della Casa di Tarinius?» Raistlin si voltò. Crysania rantolò, un terribile dolore al petto costrinse la sua gola a chiudersi, e per un attimo fu incapace di respirare. Spilli aguzzi le trafiggevano crudelmente le punte delle dita e il suo corpo fu colto da gelide convulsioni.

Inconsciamente si ritrasse sulla sua seggiola, serrando le mani, affondando le unghie nella pelle divenuta insensibile.

Tutto ciò che poteva vedere davanti a sé erano due occhi dorati che scintillavano dalle profondità del buio. Gli occhi erano come uno specchio dorato, piatti, riflettènti, non rivelavano nulla dell’anima all’interno. Le pupille... Crysania fissò quelle pupille tenebrose rapita nell’orrore. Le pupille all’interno degli occhi dorati avevano la forma di clessidre! E il volto del mago - stirato per la sofferenza, segnato dal dolore d’una esistenza torturata che quel giovane aveva condotto per sette anni, sin da quando le crudeli prove nella Torre della Grande Stregoneria avevano infranto il suo corpo e tinto d’oro la sua pelle - era diventato una maschera metallica, impenetrabile, insensibile, come l’artiglio del drago dorato sul suo bastone.

«Reverenda Figlia di Paladine,» disse con voce piena di rispetto e, perfino, di reverenza.

Crysania trasalì, fissandolo con stupore. Certo, questo non era ciò che lei si era aspettata.

Però non riusciva ancora a muoversi. Lo sguardo di Raistlin la immobilizzava, e si chiese in preda al panico se non le avesse lanciato un incantesimo. Dando l’impressione di percepire la sua paura, Raistlin attraversò la stanza fermandosi davanti a lei in un atteggiamento che era allo stesso tempo condiscendente e rassicurante. Levando lo sguardo, potè vedere il bagliore del fuoco nel caminetto tremolare nei suoi occhi dorati.

«Reverenda Figlia di Paladine,» disse di nuovo Raistlin. La sua voce suadente avvolse Crysania come l’oscurità vellutata delle sue vesti. «Ti trovo in buona salute... spero.» Ma adesso percepì in quella voce un sarcasmo cinico e amaro. Questo se l’era aspettato, a questo era preparata. Il suo iniziale tono di rispetto l’aveva colta di sorpresa, ammise con se stessa con rabbia, ma il suo primo istante di debolezza era passato. Alzandosi in piedi, levando gli occhi allo stesso livello dei suoi, strinse inconsciamente con la mano il medaglione di Paladine. Il contatto con quel freddo metallo le diede coraggio.

«Non credo che siamo obbligati a scambiarci inutili amenità sociali,» dichiarò Crysania chiaro e tondo, il suo volto aveva riacquistato la sua gelida calma. «Stiamo impedendo ad Astinus di occuparsi dei suoi studi. Astinus apprezzerà molto se concluderemo la nostra faccenda con alacrità.»

«Sono più che d’accordo,» disse il mago impaludato di nero con una leggera contorsione del suo labbro sottile che avrebbe anche potuto essere un sorriso. «Sono venuto in risposta alla tua richiesta. Che cosa vuoi da me?»

Crysania sentì che stava ridendo di lei. Abituata sempre al massimo rispetto nei suoi confronti, questo aumentò la sua collera. Lo fissò con occhi grigi e gelidi. «Sono venuta ad avvertirti, Raistlin Majere, che i tuoi disegni malvagi sono ben conosciuti da Paladine. Fai attenzione, altrimenti ti distruggerà...»

«Come?» chiese Raistlin d’un tratto, e i suoi strani occhi avvamparono d’una intensa, strana luce.

«Come farà Paladine a distruggermi?» ripetè. «Saette? Inondazioni e fiamme? Forse un’altra montagna di fuoco?»

Fece un altro passo verso di lei.

Crysania si scostò freddamente da lui, arretrando fino alla sua sedia. Aggrappandosi con forza al dorso di duro legno, girò intorno ad essa, poi tornò a voltarsi verso di lui.

«È la tua stessa condanna che beffeggi,» gli rispose con calma.

Il labbro di Raistlin si torse ancora di più, ma continuò a parlare come se non avesse udito le sue parole. «Elistan?» La voce di Raistlin divenne un bisbiglio sibilante. «Manderà Elistan a distruggermi?» Il mago scrollò le spalle. «Ma no, certamente no. Stando a tutti i rapporti, il grande e santo chierico di Paladine è stanco, debole e morente...»

«No!» gridò Crysania, poi si morse le labbra, infuriata perché quell’uomo l’aveva pungolata inducendola a esternare i propri sentimenti. Tacque per qualche istante, tirando un profondo sospiro.

«I modi di Paladine non vanno discussi o dileggiati,» aggiunse poi, con gelida calma, ma non potè fare a meno che la sua voce si addolcisse in maniera quasi impercettibile. «E la salute di Elistan non ti riguarda.»

«Forse m’interesso alla sua salute più di quanto tu ti renda conto,» replicò Raistlin con quello che parve a Crysania un sorriso di scherno.

Crysania sentì il sangue pulsarle alle tempie. Nel momento stesso in cui parlava, il mago aveva a sua volta girato intorno alla sedia, avvicinandosi ancor più alla giovane donna. Adesso era talmente vicino a lei che Crysania poteva sentire uno strano, innaturale calore irradiarsi dal suo corpo attraverso le vesti nere. Poteva sentire un profumo lievemente nauseante ma non del tutto spiacevole aleggiare intorno a lui. Un sentore di spezie... d’un tratto si rese conto che si trattava di componenti del suo incantesimo. Il pensiero la fece star male e la disgustò. Stringendo il medaglione di Paladine nella propria mano, i suoi bordi lisci e cesellati che le mordevano la pelle, tornò a scostarsi da lui. «Paladine mi è apparso in sogno,» dichiarò altera. Raistlin rise.

Pochi erano coloro che avevano udito ridere il mago, e quei pochi che l’avevano udito lo ricordavano per sempre, echeggiante nei loro sogni più tenebrosi. Era sottile, acuto e tagliente come una lama. Negava ogni bontà, si faceva beffe di tutto ciò che era giusto e veritiero, e in quell’istante trafisse l’anima di Crysania.

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