Margaret Weis - La guerra dei gemelli

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“Dov’è che si trova, allora?” gli ho chiesto.

Per parecchi istanti non mi ha risposto, e poi...” Qui Crysania prese a balbettare e lanciò un’occhiata intimorita a Caramon, come per avvertirlo di tenersi saldo.

Vedendo la sua espressione, Raistlin si rizzò a sedere sul giaciglio. «Dimmelo!» le intimò con asprezza.

Crysania tirò un profondo sospiro. Avrebbe guardato altrove, ma Raistlin la prese per il polso e, malgrado la sua debolezza, la strinse con tanta fermezza che Crysania scoprì di non potersi liberare.

«Ha... ha detto che una simile informazione ti sarebbe costata. Ogni uomo ha il suo prezzo, perfino lui.» «Costarmi!» ripetè Raistlin, con un impercettibile mormorio, gli occhi ardenti.

Crysania tentò senza successo di liberarsi, mentre la stretta si accentuava dolorosamente.

«Qual è il costo?» volle sapere Raistlin.

«Ha detto che tu l’avresti saputo!» rantolò Crysania. «Ha detto che glielo avevi promesso molto tempo fa.”

Raistlin le liberò il polso. Crysania ricadde all’indietro, lontano da lui, sfregandosi il braccio ed evitando lo sguardo impietosito di Caramon. Improvvisamente l’omone si alzò in piedi e si allontanò a grandi passi. Ignorandolo, e ignorando Crysania, Raistlin riaffondò nei suoi cuscini sfilacciati, con la faccia pallida e tirata, gli occhi improvvisamente scuri e cerchiati.

Crysania si alzò in piedi e andò a versarsi un bicchiere d’acqua. Ma la mano le tremava talmente che versò la maggior parte del contenuto sulla scrivania e fu costretta a metter giù la caraffa.

Arrivandole alle spalle, Caramon versò l’acqua e le porse il bicchiere, con un’espressione grave sul viso.

Portando il bicchiere alle labbra, Crysania fu improvvisamente conscia che Caramon le guardava il polso. Abbassando lo sguardo, vide i segni della mano di Raistlin sulla sua pelle. Rimettendo giù il bicchiere sulla scrivania, Crysania tirò rapidamente la veste sopra il braccio ferito.

«Non aveva intenzione di farmi del male,» disse con voce sommessa, in risposta all’occhiata severa, furente e silenziosa di Caramon. “Il dolore lo rende impaziente. Cos’è la nostra sofferenza, paragonata alla sua? Certamente fra tutti sei tu quello che lo capisce meglio. È talmente preso dalla sua grandissima visione che non sa neppure quando fa del male agli altri.»

Voltandosi, tornò là dove giaceva Raistlin, lo sguardo fisso sul fuoco, senza però vederlo.

«Oh, lo sa benissimo,» borbottò Caramon tra sé. «Comincio proprio adesso a rendermene conto. L’ha sempre saputo.»

Astinus di Palanthas, storico di Krynn, sedeva nella sua stanza, intento a scrivere. L’ora era tarda, molto tarda, in effetti era passata Vegliascura. Gli estetici avevano da tempo chiuso e sbarrato le porte della Grande Biblioteca. Pochi vi erano ammessi durante il giorno, nessuno di notte. Ma le sbarre e le serrature non erano nulla per l’uomo che era entrato nella Biblioteca e che adesso si ergeva, figura di tenebra, davanti ad Astinus.

Lo storico neppure sollevò lo sguardo. «Cominciavo a chiedermi dov’eri,« disse, continuando a scrivere.

«Non stavo bene,» rispose la figura, con le vesti nere che frusciavano. Come se le fosse appena venuto in mente di farlo, la figura tossì.

«Confido che ti senta meglio.» Astinus non sollevò la testa.

«Mi sto riprendendo lentamente,» disse la figura. «Molte cose mettono a dura prova le mie forze.»

«Siediti, allora,» l’invitò Astinus, indicando con un gesto della penna d’oca una sedia, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro.

La figura, con un sorriso contorto sulla faccia, si avvicinò alla sedia con passo felpato e si sedette. Il silenzio si prolungò nella stanza, interrotto soltanto dal raschiare della penna di Astinus e dagli occasionali colpi di tosse dell’intruso abbigliato di nero.

Infine Astinus mise giù la penna e sollevò lo sguardo per incontrare quello del visitatore. Questi tirò indietro il cappuccio nero dal viso. Fissandolo in silenzio per lunghi momenti, Astinus annuì fra sé.

«Non conosco questo viso, Fistandantilus, ma conosco i tuoi occhi. Però hanno qualcosa di strano.

Vedo il futuro nelle loro profondità. Così, sei diventato maestro del tempo, eppure non sei tornato con il potere, come è stato predetto.”

«Il mio nome non è Fistandantilus, Immortale. È Raistlin, e questa è una spiegazione sufficiente per quello che è successo.» Il sorriso di Raistlin scomparve, i suoi occhi si strinsero. «Ma certamente lo sapevi, no?» Fece un gesto. «Certamente la battaglia ?finale tra noi è stata registrata...»

«Ho registrato il nome, così come ho registrato la battaglia,” replico Astinus, con freddezza. “Vuoi vedere l’annotazione... Fistandantilus?»

Raistlin corrugò la fronte, i suoi occhi luccicarono pericolosamente. Ma Astinus rimase imperturbato. Lasciandosi andare contro lo schienale, studiò con calma l’arcimago.

“Hai portato quello che ho chiesto?”

“L’ho fatto,” rispose Raistlin con amarezza. “La sua creazione mi è costata giorni di dolore e ha minato le mie forze, altrimenti sarei venuto prima.”

E adesso, per la prima volta, un accenno di emozione brillò sul volto freddo e senza età di Astinus.

Si sporse avidamente in avanti, con gli occhi che gli ri splendevano, quando Raistlin scostò lentamente le pieghe delle sue vesti nere, rivelando quello che sembrava un globo di vetro vuoto sospeso nella cavità vuota del suo petto, simile a un cuore limpido e cristallino.

Perfino Astinus non riuscì a trattenere un sussulto a quella vista, ma a quanto pareva non era niente più d’una illusione perché, con un gesto, Raistlin fece ondeggiare in avanti il globo. Con l’altra mano si ricoprì l’esile petto con il tessuto nero.

Non appena il globo gli fluttuò accanto, Astinus vi posò le mani sopra, accarezzandolo amorevolmente. Al suo tocco il globo si riempì di luce lunare: argentea, rossa, perfino la strana aura della luna nera era visibile. Sotto le lune turbinavano le visioni, in rapida successione.

«Tu ora vedi scorrere il tempo anche mentre sediamo qui,» disse Raistlin, la sua voce si tinse d’un inconsapevole orgoglio. «E così, Astinus, non dovrai più affidarti ai tuoi invisibili messaggeri dei piani oltre stanti per sapere ciò che accade intorno a te. Da questo momento in avanti i messaggeri saranno i tuoi stessi occhi.»

«Sì! Sì!» mormorò Astinus; gli occhi guardavano dentro il globo luccicanti di lacrime, le mani appoggiate su di esso gli tremavano.«E adesso il mio pagamento,» continuò Raistlin con freddezza.

«Dov’è il Portale?»

Astinus sollevò lo sguardo dal globo. «Non riesci a indovinare, Uomo del Futuro e del Passato? Hai letto la storia...»

Raistlin fissò Astinus senza parlare, il suo volto divenne sempre più pallido e gelido fino ad assomigliare a una maschera di morte.

«Hai ragione, ho letto la storia. Allora è per questo che Fistandantilus andò a Zhaman,» disse infine l’arcimago.

Astinus annuì in silenzio.

«“Zhaman, la fortezza magica, situata nelle Pianure di Dergoth... vicino a Thorbardin, la dimora dei nani delle montagne. E Zhaman è la terra dominata dai nani delle montagne,» proseguì Raistlin con voce priva d’espressione, come se stesse leggendo un libro di testo. «E dove, in questo stesso momento, i loro cugini, i nani delle colline, stanno andando, sospinti dal male che ha consumato il mondo sin dall’epoca del Cataclisma, per chiedere rifugio nell’antica patria tra i monti.»

«Il Portale si trova...»

«... nelle viscere delle segrete di Zhaman,» concluse Raistlin con amarezza. “Là Fistandantilus combatté la Grande Guerra dei Nani.. . »

«Combatterà...» lo corresse Astinus.

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