Robert Jordan - La grande caccia
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«Il motivo è tutto qui? Vuoi passare con i tuoi amici il maggior tempo possibile, prima che loro partano? Per questo la tiri per le lunghe? Sai cosa ti sta alle calcagna.»
Rand si alzò con rabbia. «E va bene, il vero motivo è Moiraine! Non sarei qui, se non fosse per lei. E lei non vuole nemmeno parlare con me.»
«A quest’ora saresti morto, se non fosse per lei» replicò Lan, in tono piatto; ma Rand proseguì d’un fiato.
«Prima mi dice... mi dice cose orribili...» Serrò la spada fino a farsi sbiancare le nocche: secondo Moiraine, nel giro di poco tempo sarebbe impazzito e morto. «Poi, all’improvviso, non mi rivolge nemmeno due parole. Si comporta come se non fossi diverso dal giorno in cui mi ha trovato. Anche questo atteggiamento non mi quadra.»
«Vuoi che ti tratti per quel che sei?»
«No! Non intendevo questo. La Luce mi bruci, metà delle volte non so nemmeno cosa intendo. Questo non lo voglio e dell’altro ho paura. Ora Moiraine è sparita chissà dove...»
«Ti ho detto che di tanto in tanto ha bisogno di stare da sola. Non tocca a te, né ad alcun altro, mettere in discussione il suo operato.»
«...senza dire a nessuno dove andava, quando sarebbe tornata, se sarebbe tornata. Di sicuro saprà dirmi qualcosa per aiutarmi, Lan. Se torna.»
«È tornata, pastore. Ieri notte. Ma, secondo me, t’ha detto tutto quel che poteva dirti. Deve bastarti. Da lei hai appreso il possibile.» Scosse la testa e proseguì in tono vivace: «Di certo non apprendi niente, se te ne stai qui fermo. Abbiamo tempo per qualche esercizio per migliorare l’equilibrio. Esegui la figura Il taglio della seta e comincia dall’ Airone a guado fra i giunchi. Rammenta che la figura dell’Airone serve solo ad allenarsi nell’equilibrio; in un vero duello, ti lascia scoperto, Potrai colpire l’avversario, se si muoverà per primo, ma non riuscirai mai a evitare la sua lama.»
«Moiraine dev’essere in grado di dirmi qualche cosa, Lan! Quel vento. Non era naturale. E non importa se siamo vicino alla Macchia.»
« Airone a guado fra i giunchi , pastore. E attento ai polsi.»
Da meridione giunse un debole squillo di trombe, una fanfara che a poco a poco diventava più forte, accompagnata da un costante rullo di tamburi. Per un attimo Rand e Lan si fissarono, poi si accostarono al parapetto per guardare.
La città sorgeva su alte colline, il terreno intorno alle mura era disboscato per un buon miglio e la rocca si trovava sulla collina più alta. Dalla cima della torre Rand aveva una chiara visuale, al di sopra dei comignoli e dei tetti, fino alla foresta. Dagli alberi comparvero per primi i tamburini, una decina, che marciavano al passo; poi i trombettieri, che reggevano in alto lunghi corni splendenti. Da quella distanza Rand non riuscì a distinguere l’enorme stendardo quadrato che sventolava dietro di loro. Lan, però, emise un brontolio: il Custode aveva occhi acuti come l’aquila delle nevi.
Rand gli diede un’occhiata, ma il Custode rimase zitto a guardare con attenzione la colonna che sbucava dalla foresta. Cavalieri in armatura e anche donne a cavallo. Poi una portantina sorretta da due cavalli, uno davanti e uno dietro, con le cortine abbassate, e altri cavalieri. File di fanti con la picca alzata e di arcieri con l’arco a tracolla. Le trombe mandarono un altro squillo. Come un serpente canoro, la colonna avanzò verso Fal Dara.
Il vento agitò lo stendardo, più alto d’una persona, dispiegandolo di lato. Adesso era abbastanza vicino perché Rand lo scorgesse chiaramente. Un turbine di colori per lui privi di significato, ma al centro una figura simile a una lacrima bianca. Rand si sentì mancare il fiato. La Fiamma di Tar Valon.
«Ingtar è con loro» disse Lan, come se pensasse ad altro. «Alla fine è tornato dalla caccia. È stato via parecchio. Chissà se ha avuto fortuna.»
«Aes Sedai» bisbigliò Rand, quando infine ne ebbe la forza. Tutte quelle donne, laggiù... Moiraine era un’Aes Sedai, certo, ma Rand aveva viaggiato con lei e, pur non fidandosi del tutto, almeno la conosceva. O credeva di conoscerla. Ma lei era solo una. Tante Aes Sedai tutte insieme, che giungevano in questo modo, erano un’altra faccenda. Si schiarì la voce. «Lan, perché sono così numerose? E hanno trombe, tamburi e stendardi?»
Nello Shienar le Aes Sedai erano rispettate dalla maggior parte della popolazione e temute dal resto. Ma Rand si era trovato in luoghi dove la pensavano diversamente e nei confronti delle Aes Sedai c’era solo paura e spesso odio. Dov’era cresciuto lui, alcuni uomini almeno parlavano delle ‘streghe di Tar Valon’ come avrebbero parlato del Tenebroso. Provò a contare le donne, che però non si tenevano in fila e si muovevano qua e là per scambiarsi qualche parola o per rivolgersi all’occupante della portantina. Si sentì venire la pelle d’oca. Aveva viaggiato con Moiraine e incontrato un’altra Aes Sedai: cominciava a ritenersi un esperto delle cose del mondo. Nessuno lasciava mai i Fiumi Gemelli, ma lui li aveva lasciati. Aveva visto cose che nessuno, nei Fiumi Gemelli, aveva mai visto e fatto cose di cui i suoi compaesani nemmeno si sognavano. Aveva incontrato una regina e conosciuto l’Erede dell’Andor, affrontato un Myrddraal e percorso le Vie; ma nessuna esperienza precedente l’aveva preparato a quel momento.
«Perché sono così numerose?» mormorò di nuovo.
«L’Amyrlin Seat viene di persona» rispose Lan. Lo guardò, con espressione dura e indecifrabile. «La lezione è terminata, pastore.» Allora esitò e Rand quasi credette che mostrasse un lampo di simpatia. «Per te sarebbe meglio se fossi partito da una settimana.» E con queste parole raccolse la camicia e scomparve giù per la scala a pioli, all’interno della torre.
Rand mosse le labbra per inumidirsi la bocca. Fissò la colonna che si avvicinava a Fal Dara come se fosse davvero un serpente, una vipera micidiale. Risuonarono trombe e tamburi. L’Amyrlin Seat, che governava le Aes Sedai. Era venuta a causa sua: Rand non riusciva a trovare altra spiegazione.
Le Aes Sedai sapevano molte cose, avevano conoscenze che potevano aiutarlo, ne era sicuro. E lui non osava chiedere a nessuna di loro. Temeva che fossero venute per ‘domarlo’. E che non fossero venute per questo motivo, riconobbe di malavoglia. Non sapeva che cosa lo atterrisse maggiormente.
«Non volevo incanalare il Potere» mormorò. «È stato accidentale! Luce santa, non voglio averci niente a che fare. Giuro che non lo toccherò mai più. Lo giuro!»
Con un sobbalzo si rese conto che la colonna già varcava le porte della città. Il vento turbinò furiosamente, gelandogli il sudore e trasformandolo in goccioline di ghiaccio, mutando in una risata beffarda gli squilli delle trombe. Rand credette di sentire nell’aria l’odore di una tomba spalancata: la sua, se fosse rimasto lì.
Afferrò la camicia, scese in fretta la scala a pioli e si mise a correre.
2
Il Benvenuto
Le sale della rocca di Fal Dara, con pareti di pietra sobriamente decorate da raffinati arazzi e paraventi dipinti, erano in subbuglio per la notizia dell’imminente arrivo dell’Amyrlin Seat. Servitori in nero e oro correvano avanti e indietro a preparare stanze o a portare ordini nelle cucine, lamentandosi di non poter approntare una degna accoglienza a un personaggio così importante, senza un minimo di preavviso. Guerrieri dagli occhi scuri, con il cranio rasato, a parte il ciuffo legato con cordicelle di cuoio, non correvano, ma camminavano a passo vivace e mostravano un entusiasmo di norma riservato alla battaglia. Alcuni si rivolsero a Rand, che passava di fretta.
«Ah, sei qui, Rand al’Thor. La pace favorisca la tua spada. Vai a darti una pulita? Vorrai certo avere l’aspetto migliore, quando sarai presentato all’Amyrlin Seat. Lei chiederà di vedere te e i tuoi amici, stanne certo.»
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