Robert Jordan - Il sentiero dei pugnali

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«Katerine Alruddin è fuggita la notte scorsa.» Tialin parve quasi sputare le parole, e Verin sussultò.

«L’avete lasciata scappare?» esplose, senza riflettere. La stanchezza non era una buona scusante, ma le parole continuarono a uscirle di bocca senza che riuscisse a controllarsi. «Come avete potuto fare una simile idiozia?

Appartiene all’Ajah Rossa! E non le mancano né il coraggio né la forza nel Potere! Il Car’a’carn potrebbe essere in pericolo! Perché non siamo state avvisate appena è successo?»

«Lo abbiamo scoperto solo stamattina» ringhiò una delle Fanciulle. Lo sguardo di quegli occhi avrebbe levigato uno zaffiro. «Una Sapiente e due Cor Darei sono stati avvelenati, e il gai’shain che aveva portato da bere è stato ritrovato con la gola tagliata.»

Aeron inarcò un sopracciglio, rivolgendosi con freddezza alla Fanciulla.

«Per caso le domande erano rivolte a te, Carahuin?» Subito entrambe le Fanciulle si concentrarono nel compito di tenere Beldeine in piedi. Aeron lanciò appena un’occhiata a Tialin, ma la Sapiente dai capelli rossi chinò subito il capo. E Verin fu il prossimo bersaglio dell’attenzione di Aeron.

«La preoccupazione per Rand al’Thor ti fa... onore» disse malvolentieri la Aiel. «Ma egli è protetto. E non hai bisogno di sapere altro. Già quello che ti ho detto è troppo.» A un tratto, il suo tono si fece più duro. «Ma un’allieva non deve mai usare quel tono con una Sapiente, Verin Mathwin Aes Sedai. » Le ultime due parole sembravano quasi un insulto.

Trattenendo un sospiro, Verin si limitò a piegarsi in un’altra riverenza, rammaricandosi di non essere più magra come quando si era presentata per la prima volta alla Torre Bianca. Non aveva più il corpo adatto a tutti quegli inchini. «Perdonami, Sapiente» disse con umiltà. Fuggita!, ripeté a sé stessa. Le circostanze dell’evento rendevano tutto evidente, per lei se non per gli Aiel. «L’apprensione deve avermi fatto uscire di senno.» Era un vero peccato non potersi assicurare che a Katerine capitasse uno sgradevole e letale incidente. «Farò del mio meglio per controllarmi in futuro.» Aeron non batté ciglio, non c’era modo di capire se aveva o meno accettato le sue scuse. «Posso assumere il controllo di questo schermo, Sapiente?»

Aeron annuì senza guardare Tialin, e subito Verin abbracciò la Fonte per prendere lo schermo rilasciato dalla stessa Tialin. Non avrebbe mai smesso di meravigliarsi di come, tra gli Aiel, le donne incapaci di incanalare davano liberamente ordini a quelle in grado di farlo. Tialin non era molto più debole di lei nel Potere, eppure guardava Aeron quasi con la stessa deferenza delle due Fanciulle, e quando queste uscirono in fretta dalla tenda a un cenno della mano di Aeron, lasciando Beldeine a barcollare sul posto, Tialin si mosse appena un istante dopo.

Aeron non se ne andò, tuttavia, non subito. «Non devi parlare di Katerine Alruddin al Car’a’carn» disse. «Ha abbastanza pensieri, non c’è bisogno che tu gli dia altre sciocchezze di cui preoccuparsi.»

«Non gli dirò nulla su quella donna» si affrettò a rispondere Verin.

Sciocchezze? Una Rossa forte come Katerine non era una sciocchezza.

Forse valeva la pena prendere un appunto. C’era bisogno di pensarci su.

«Fai in modo di tenere a freno la lingua, Verin Mathwin, o la userai per urlare di dolore.»

Per quello non sembravano esserci risposte, così Verin si concentrò su umiltà e arrendevolezza, esibendosi nell’ennesima riverenza. Le sue ginocchia erano ormai pronte a gemere.

Una volta uscita anche Aeron, Verin si concesse un sospiro di sollievo.

Aveva temuto che la Sapiente sarebbe rimasta. Ottenere il permesso di rimanere da sola con le prigioniere le era costato quasi lo stesso sforzo necessario a convincere Sorilea e Amys che quegli interrogatori erano necessari, e che a condurli doveva essere qualcuna che conoscesse molto bene la Torre Bianca. Se mai si accorgeranno di essere state guidate verso questa decisione... Anche questa era una preoccupazione da rimandare a un altro giorno. A quanto pareva ne stava accumulando davvero tante.

«C’è abbastanza acqua per lavarti almeno le mani e la faccia» disse piano a Beldeine. «E se vuoi, posso Guarirti.» Tutte le sorelle che aveva interrogato avevano quanto meno i segni di qualche frustata. Gli Aiel non picchiavano mai i loro prigionieri se non quando questi versavano l’acqua o esitavano a svolgere gli incarichi assegnati — la peggiore delle parole di sfida riceveva tutt’al più una risata di scherno — ma le donne vestite di nero erano trattate come animali, pungolate con un bastone quando dovevano camminare, girare o fermarsi, e pungolate ancora più forte quando non obbedivano abbastanza in fretta. La Guarigione rendeva più semplici anche altre cose.

Sporca, sudata, tremante come una canna al vento, Beldeine arricciò le labbra. «Preferirei morire dissanguata piuttosto che essere Guarita da te!» disse in malo modo. «Forse c’era da aspettarselo che tu strisciassi ai piedi di queste selvatiche, di questi barbari, ma non avrei mai immaginato che ti abbassassi a rivelare i segreti della Torre! Questo rientra nell’accusa di tradimento, Verini E di ribellione!» Fece un verso carico di disprezzo. «E immagino che se non ti vergogni di ciò, non ti fermerai davanti a nulla!

Cos’altro avete insegnato a questa gente, tu e le altre, oltre alla creazione del legame?»

Verin fece schioccare la lingua, irritata, senza prendersi il disturbo di rispondere per le rime. Le faceva male il collo per aver dovuto guardare dal basso in alto gli Aiel — quanto a ciò, anche Beldeine era un bel po’ più alta di lei — e le ginocchia dolevano per le continue riverenze, ed erano state decisamente troppe le donne che quel giorno le avevano gettato addosso cieco disprezzo e stupido orgoglio quando loro per prime avrebbero dovuto comprendere meglio la situazione. Chi più di un’Aes Sedai poteva capire che una sorella doveva indossare diverse maschere? Non era sempre possibile intimidire gli altri, o minacciarli. Inoltre, era molto meglio comportarsi come una novizia che ricevere le punizioni adatte a una novizia, soprattutto quando queste portavano solo dolore e umiliazione. Anche Kiruna alla fine se ne sarebbe resa conto.

«Siediti, prima di finire per terra» disse Verin, dando lei per prima seguito a tali parole. «Lasciami indovinare come hai trascorso la tua giornata. A giudicare da tutta quella polvere, direi scavando una fossa. A mani nude, o ti hanno permesso di usare un cucchiaio? Quando decideranno che è terminata, te la faranno subito riempire di nuovo, e lo sai. Ora, fammi dare un’occhiata. Sei sporca ovunque, ma quella veste è pulita, quindi suppongo che eri nuda mentre scavavi. Sicura di non volere la Guarigione? Le scottature possono essere dolorose.» Riempì d’acqua un altro calice e con un flusso d’Aria lo fece fluttuare davanti a Beldeine. «Devi avere la gola secca.»

La giovane Verde fissò la coppa per un attimo, poi all’improvviso le cedettero le gambe e crollò a sedere su un cuscino con una risata amara. «Loro mi... abbeverano spesso.» Rise di nuovo, anche se Verin non riusciva a capire dove fosse la battuta. «Tutte le volte che voglio, purché riesca a berla fino all’ultima goccia.» Fissandola con rabbia, fece una pausa, poi andò avanti con la voce tesa. «Quel vestito ti sta davvero bene. Il mio l’hanno bruciato, le ho viste. Mi hanno preso tutto tranne questo.» Si toccò il Gran Serpente d’oro che portava al dito sinistro, un bagliore pulito tra tanta polvere. «Immagino che non abbiano avuto il coraggio di spingersi a tanto. Lo so cosa stanno cercando di fare, Verin, e non funzionerà. Né con me, né con nessuna di noi!»

Quella donna era ancora in guardia, sospettosa. Verin poggiò la coppa sul tappeto a fiori vicino a Beldeine, poi prese la sua e bevve un sorso d’acqua prima di parlare. «Davvero? E cosa stanno cercando di fare?»

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