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Robert Jordan: Il cuore dell’inverno

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Robert Jordan Il cuore dell’inverno

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«Se davvero sei una dei Prescelti, io ti servirò» disse dubbioso l’uomo di fronte a Cyndane, ma lei non udì tutto quello che aveva da dire. Poteva percepirlo. Così tanto saidar attinto in un punto era un faro che ogni donna al mondo in grado di incanalare avrebbe avvertito e individuato. Dunque lui aveva trovato una donna per utilizzare l’altra chiave d’accesso. Lei avrebbe affrontato il Sommo Signore — affrontato il Creatore! — con lui. Lei avrebbe condiviso il potere con lui, gli avrebbe lasciato governare il mondo al suo fianco. E lui aveva respinto il suo amore, respinto lei!

Lo sciocco che le stava blaterando qualcosa era un uomo importante per come certe cose venivano considerate qui e ora, ma Cyndane non aveva tempo per assicurarsi della sua affidabilità e senza ciò non poteva lasciarlo a blaterare, non quando poteva percepire la mano di Moridin accarezzare il cour’souvra che conteneva la sua anima. Un flusso di Aria affilato come un rasoio tagliò in due la barba dell’uomo staccandogli la testa. Un altro flusso spinse il corpo all’indietro in modo che il sangue che zampillava dal moncone del suo collo non le macchiasse il vestito. Prima che corpo e testa colpissero il pavimento di pietra, lei aveva intessuto il proprio passaggio. Un faro verso cui puntare, che la chiamava.

Mentre entrava in una foresta che la circondava da ogni lato, dove sparsi manti di neve erano disseminati sul terreno sotto rami brulli, spogli tranne per cime di rampicanti bruni penzoloni, si domandò dove il faro l’avesse attirata. Non importava. A sud della sua posizione, quel faro brillava: abbastanza saidar da devastare un continente in un colpo solo. Lui sarebbe stato lì, lui e la donna per cui l’aveva tradita, chiunque fosse. Con cautela, attinse al Potere per tessere una tela per la sua morte. Fulmini come Cadsuane non ne aveva mai visti saettavano dal cielo senza nubi, non lampi frastagliati, ma aste blu e argentee che colpivano la sommità della collina dove lei si trovava, si infrangevano contro lo scudo invertito che aveva intessuto, esplodendo con un fragore assordante cinquanta piedi sopra la sua testa. Anche all’interno dello scudo l’aria sfrigolava e i suoi capelli si rizzavano e sollevavano. Senza l’aiuto dell’ angreal un poco simile a un’averla che dondolava dalla sua crocchia, non sarebbe stata in grado di mantenere lo scudo.

Un secondo uccello dorato, una rondine, le penzolava dalla mano con la sua catenella. «Là» disse lei, indicando nella direzione in cui sembrava volare. Un peccato che non potesse determinare a quanta distanza il Potere veniva incanalato, se da un uomo o da una donna, ma la direzione sarebbe dovuta bastare. Sperava che non ci fossero... disavventure. Anche la sua gente era là fuori. Se l’avviso fosse giunto con un attacco, però, non ci sarebbe stato spazio per i dubbi. Non appena quell’unica parola ebbe lasciato la sua bocca, uno zampillo di fiamma eruttò dalla foresta verso nord, e poi un altro, e un altro ancora, una linea zigzagante che correva in direzione nord. Callandor risplendeva come una fiamma nelle mani del giovane Jahar. Sorprendentemente, dalla determinazione sul volto di Elza e dal modo in cui afferrava le gonne fra i pugni, era lei a indirizzare quei flussi.

Merise afferrò in una mano i capelli neri del ragazzo scuotendogli gentilmente il capo. «Costante, bello mio» mormorò. «Oh, costante, mio potente adorato.» Lui le sorrise seducente. Cadsuane scosse lievemente il capo. Comprendere la relazione di ogni Sorella col proprio Custode era difficile, in special modo fra le Verdi, ma non riusciva neanche a immaginare cosa ci fosse fra Merise e i suoi ragazzi. La sua vera attenzione era su un altro ragazzo, però. Nynaeve ondeggiava, mugolando dall’estasi di una massa incredibile di saidar che la inondava, ma Rand sedeva come una roccia, il sudore che gli colava dal volto. I suoi occhi erano vuoti, simili a lucidi zaffiri. Era conscio di quello che stava accadendo attorno a lui?

La rondine roteò sulla sua catenella sotto la sua mano.

«Là» esclamò lei, indicando verso le rovine di Shadar Logoth. Rand non riusciva più a vedere Nynaeve. Non riusciva più a vedere né a percepire nulla. Nuotava in ondeggianti mari di fuoco, si inerpicava su montagne di ghiaccio che stavano per franare. La contaminazione fluiva come una marea oceanica, tentando di spazzarlo via. Se per un istante avesse perso il controllo, gli avrebbe strappato via ogni cosa che lo rendeva chi era e. avrebbe trasportato anche quella lungo il condotto. L’altro fatto negativo, forse ancora peggiore, era che, malgrado la marea di lordura che allagava quello strano fiore, la corruzione della metà maschile della Fonte non sembrava diminuire. Era come olio che galleggiava sull’acqua in uno strato tanto sottile da non poter essere percepito finché non si toccava la superficie, che tuttavia ricopriva la metà maschile in tutta la sua vastità; era un oceano di per sé stesso. Doveva resistere. Doveva. Ma per quanto? Per quanto poteva resistere?

Se fosse riuscito a disfare quello che al’Thor aveva fatto alla Fonte, pensò Demandred mentre passava attraverso il suo passaggio per Shadar Logoth, disfarlo nettamente e all’improvviso, questo sarebbe potuto riuscire a ucciderlo o almeno a privarlo della capacità di incanalare. Aveva dedotto quale doveva essere il piano di al’Thor non appena si era reso conto di dove si trovava la chiave d’accesso. Un piano brillante, non gli spiaceva ammetterlo, seppur follemente pericoloso. Anche Lews Therin era sempre stato un geniale pianificatore, anche se non quanto tutti lo descrivevano. Nemmeno lontanamente geniale quanto Demandred stesso.

Uno sguardo alla strada disseminata di macerie gli fece cambiare idea sul fatto di modificare qualcosa, però. Accanto a lui si ergeva una mezza cupola pallida, la sua sommità in rovina a duecento metri o più sopra la strada e, sopra di essa, nel cielo brillava la luce di metà mattina. Dall’orlo spezzato delle rovine fin giù nella strada, però, l’aria era buia per le ombre, come se la notte stesse già calando. La città... vibrava. Poteva avvertirlo attraverso i suoi stivali. Fuoco eruttava nella foresta, enormi esplosioni formate da saidin che scagliavano alberi in aria su zampilli di fiamma che si muovevano veloci verso di lui, ma Demandred stava già intessendo un passaggio. Balzandoci attraverso, lo lasciò svanire e corse attraverso gli alberi coperti di rampicanti più rapido che poteva, arrancando in mezzo alle chiazze di neve, incespicando sopra rocce nascoste nel sottobosco, ma non rallentando mai. La tela era stata capovolta, come misura cautelativa, ma così aveva fatto con la prima, ed era stato un soldato. Ancora correndo, udì le esplosioni che si aspettava e seppe che stavano correndo verso il punto dove si era trovato il suo passaggio con sicurezza uguale a quella con cui si erano dirette verso di lui fra le rovine. Ora erano abbastanza distanti da lui da non rappresentare un pericolo, però. Senza rallentare, svoltò verso la chiave d’accesso. Con la quantità di saidin che si riversava attraverso di esso, era come se ci fosse una freccia infuocata nel cielo che puntava verso al’Thor. E così... A meno che qualcuno in questa dannata Epoca non avesse scoperto un’altra capacità sconosciuta, al’Thor doveva essere entrato in possesso di un congegno, un ter’angreal , che poteva rivelare un uomo che stava incanalando. Da quello sapeva di ciò che la gente ora chiamava la Frattura, dopo che lui stesso era stato imprigionato a Shayol Ghoul, ogni donna che sapeva come creare un ter’angreal avrebbe cercato di costruirne uno che potesse farlo. In guerra, l’altra fazione ideava sempre qualcosa che non ti aspettavi, e bisognava contrastarlo. Lui era sempre stato abile nella guerra. Per prima cosa, doveva arrivare più vicino. All’improvviso vide delle persone sulla destra attraverso gli alberi davanti a lui e si riparò dietro uno scabro tronco grigio. Un vecchio, completamente calvo a parte una frangia di capelli bianchi, stava procedendo zoppicante fra due donne, una di loro bella in maniera selvaggia, l’altra affascinante. Cosa stavano facendo in questi boschi? Chi erano? Amici di al’Thor o solo persone nel posto sbagliato al momento sbagliato? Esitava a ucciderli, chiunque fossero. Qualunque utilizzo del Potere avrebbe avvisato al’Thor. Avrebbe dovuto attendere finché non fossero passate. La testa del vecchio si voltava qua e là come se stesse cercando qualcosa fra gli alberi, ma Demandred dubitava che un tizio tanto decrepito potesse vedere molto lontano.

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