Nel punto più stretto del Gap trovarono una sorpresa: l'arcata di un ponte di acciaio e cemento che varcava il fiume. Sembrava ancora in buone condizioni, finché non lo si esaminava da vicino. Ancorato alla base di uno dei piloni di sostegno del ponte, c'era un piccolo battello a motore.
Constatandone le dimensioni, Alec valutò che non potevano esserci più di quattro o cinque uomini a bordo. Non saremo inferiori di numero , pensò, mentre dirigevano i cavalli verso un sentiero che scendeva alla riva, a meno che Kobol non abbia altre imbarcazioni nascoste più a monte.
Il battello era ancorato vicino a riva, cosicché Alec e due dei suoi poterono raggiungere a guado il barcarizzo. Gli altri uomini di Alec, e due di quelli di Kobol, rimasero a terra con i cavalli.
— Piacere di rivederti — disse con voce atona Kobol quando Alec fu salito a bordo. Era più magro dell'ultima volta che Alec l'aveva visto, più asciutto e indurito. Reggeva un bastone nella sinistra e porse ad Alec la destra, dura e secca come il cuoio. Teneva come sempre gli occhi socchiusi, come per mascherare lo sguardo.
— Sembra che la vita all'aperto ti abbia giovato — disse con un sorriso tutto denti. — Hai perso il grasso dell'infanzia.
Alec borbottò qualcosa in risposta, guardandosi in giro. La parte prodiera del ponte e il tetto della cabina erano coperti da pannelli solari. Non si vedevano armi, ma a poppa un telo d'incerata copriva qualcosa di grosso. Un laser, forse?
Preceduto da due dei suoi, Kobol fece scendere Alec in cabina. Altri due uomini li seguivano. Kobol si appoggiava al bastone. Entrarono in un minuscolo compartimento con cuccette pieghevoli inchiavardate alle paratie, e un tavolo sproporzionato all'ambiente incastrato fra due strette panche imbottite. Appuntata al tavolo c'era una mappa fotografica della base di Douglas.
— L'abbiamo messa insieme unendo le foto riprese dal satellite — spiegò Kobol mettendosi a sedere, con un sospiro di sollievo, fra i suoi due aiutanti. — Credo che la troverai molto precisa.
Alec, con i suoi uomini, prese posto sulla panca di fronte. Esaminò la mappa. Le foto erano molto dettagliate: riuscì perfino a distinguere la casa di Angela. Cosa stavamo facendo quando è stata ripresa questa foto? , si chiese oziosamente.
Un altro uomo comparve sulla soglia portando un vassoio di panini e bottiglie di birra.
— È ottima — disse Kobol offrendone una bottiglia ad Alec. — Poco alcolica. Una delle prime cose che gli abitanti di Miami hanno riattivato è stata la fabbrica di birra. Hanno quasi distrutto i boschi della regione per rifornirla di energia.
Alec l'assaggiò e la trovò amara, cattiva. Quella che fabbricavano alla base di Douglas era migliore. Arricciò il naso, e Kobol disse con aria di superiorità: — Bisogna farci la bocca.
— Non ci tengo.
— Abbiamo del latte fresco — disse una voce.
Alec si voltò e vide Jameson sulla soglia. Trattenendo un sorriso, disse: — Bene. Prenderò il latte.
Passarono diverse ore a studiare la mappa. Alec espose tutti i particolari a lui noti sui sistemi difensivi di Douglas e la mappa diventò un vero labirinto di trattini, linee, cerchietti, punti e quadrati che indicavano le recinzioni, le torri di guardia e gli avamposti.
Kobol rimase impressionato.
— Dobbiamo concentrare tutte le nostre forze in un attacco massiccio su questa strada — disse indicando un punto sulla mappa con l'indice ossuto.
— È proprio quello che Douglas si aspetta — obiettò Alec. — Vi fermerà qui… — e indicò il punto dove la strada si snodava fra le colline sulla cui sommità si trovavano gli avamposti… — o qui, dove torrenti e laghi vi costringeranno a procedere in fila indiana.
— Non avrà forze sufficienti per fermarci — dichiarò Kobol. — Quando arriveremo là disporrò di almeno cinquemila uomini.
— In difesa è sufficiente un uomo contro due — disse Alec. — Trattandosi di un uomo intelligente e furbo come Douglas ti serviranno tutti gli uomini che riuscirai a raccogliere. Non dimenticare che sta allestendo da anni i suoi sistemi difensivi. A che scopo gettare gli uomini in bocca ai suoi cannoni?
— Allora cosa propone il tuo genio militare? — Quando Kobol era irritato la sua voce nasale diventava stridula.
Alec lo guardò. — Noi abbiamo il vantaggio del numero. Approfittiamone. Attaccheremo su un fronte largo, costringendo le forze di Douglas ad assottigliarsi per difendersi su un'area così vasta. Aggireremo gli avamposti e le postazioni fortificate, e…
— E ci faremo ridurre a pezzetti! — objettò Kobol.
— No. È impossibile. So di quali armamenti dispongono. Non più di dieci caricatori per le mitragliatrici pesanti. Spareranno finché avranno munizioni, poi o si arrenderanno o usciranno allo scoperto attaccandoci in piccoli gruppi, o resteranno dove sono in attesa che noi andiamo a snidarli.
Kobol non disse niente, ma continuava a scrollare la testa.
— Gli avamposti sono in grado di avere la meglio contro attacchi di pochi uomini — proseguì Alec, — o contro attacchi così concentrati che basterebbero pochi colpi ben centrati per avere la meglio sugli assalitori. Ma un attacco condotto su un fronte ampio, da parte di uomini che si tengono distanziati e lontani il più possibile dagli avamposti, avrà sicuramente successo.
— Mi pare che sia un'idea sensata — mormorò uno degli aiutanti di Kobol.
— Se ha detto la verità sulla quantità di munizioni di cui dispongono.
— Sono sicuro di quello che ho detto — dichiarò brusco Alec. — Se vuoi assicurartene puoi attaccare un paio degli avamposti più vicini la notte prima della battaglia decisiva. Quanto agli altri, quelli situati nel cuore del territorio di Douglas, dovremo aggirarli.
Kobol tornò a scrollare la testa. — Non mi va di lasciarmi alle spalle sacche di truppe nemiche, armate e in grado di…
Alec batté il pugno sul tavolo. — Maledizione, qual è il tuo obiettivo? Catturare gli avamposti in cima alle colline o la base di Douglas? Noi siamo qui per questo! — Puntò un dito sulla base indicata sulla mappa. — Se perdiamo tempo a conquistare una collina per volta, lui potrà dissanguarci e tenerci in scacco per tutta l'estate mentre raccoglie rinforzi nelle campagne. E con l'arrivo dell'autunno saremmo circondati e a corto di viveri. Dobbiamo colpire presto e una volta per tutte. Qui — concluse tornando a indicare la base.
— E gli uomini degli avamposti se ne staranno con le mani in mano a guardarci passare?
— Sì — insisté Alec. — Non sono più di una decina per ogni postazione. Venti al massimo. Ma armati fino ai denti. Se ci proviamo ad attaccarli possono trattenerci finché Douglas non manda rinforzi sul posto. Se invece li aggiriamo cosa possono fare una ventina di uomini contro un esercito? Se lasciano la postazione per attaccarci saranno ridotti in brandelli.
— Ma hanno l'artiglieria.
— Dopo mezz'ora di combattimento, avranno finito le munizioni.
— Basterebbe per mettere fuori combattimento un bel po' di mezzi e di uomini.
— No, se ci muoviamo rapidamente e stiamo sparpagliati.
— Non so… — Kobol era incerto.
— Lo so io — dichiarò con fermezza Alec. — Faremo come ho detto. Possiamo vincere in fretta e con poche perdite — e fra sé aggiunse: e io posso raggiungere Angela prima di chiunque altro.
— Non sta a te decidere — asserì Kobol fissandolo.
— Sì, invece.
Allargando le mani sulla mappa come a sottolineare la sua supremazia, Kobol dichiarò: — Non vorrai ancora presumere di essere…
— Sono io il comandante — ribatté Alec. — Nessuno mi ha tolto il comando. Tu devi prendere gli ordini da me, Martin.
Kobol cercò di ridere, ma la risata gli morì in gola. Torse la bocca e guardò gli uomini che gli sedevano a lato.
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