Toller inarcò le sopracciglia e guardò il tenente direttamente negli occhi. — Qualcosa che non va?
— Io… Niente, signore. — Il tenente lasciò andare le briglie e indietreggiò.
Toller spinse avanti il blucorno, dirigendosi verso i capannoni finestrati. Era stato scoperto, sebbene nessuno avesse spiegato il fenomeno, che le pareti perforate proteggevano i palloni dalle perturbazioni meglio degli schermi solidi, così ora il cielo a ovest brillava attraverso le aperture, e le costruzioni sembravano più che mai simili a una fila di alte torri. Ai loro piedi ferveva l’attività di migliaia di operai, membri dell’equipaggio ed emigranti, in mezzo ai mucchi dei rifornimenti e degli oggetti personali.
Questo diceva molto della capacità organizzativa di Leddravohr, di Chakkel e dei loro incaricati, perché il sistema era in grado di funzionare benissimo anche in quelle estreme circostanze. Le navi stavano ancora decollando in gruppi di due o tre, e Toller pensò che era quasi un miracolo che non ci fosse stato alcun serio incidente.
In quel momento, come se il pensiero avesse prodotto l’avvenimento, la navicella di un pallone che saliva troppo in fretta colpì il lato del suo capannone. Stava ancora oscillando mentre s’innalzava veloce nell’aria pulita quando all’altezza di duecento piedi raggiunse un’altra nave partita qualche secondo prima, e con le sue oscillazioni incontrollate urtò il pallone dell’altro velivolo. L’involucro si spaccò e perse il suo assetto, agitandosi e contorcendosi come una creatura degli abissi ferita a morte e la nave precipitò a terra, trascinandosi dietro i suoi montanti di accelerazione che ruggivano inutilmente. Cadde esattamente su un gruppo di vagoni di rifornimenti. L’impatto doveva aver danneggiato i condotti di alimentazione del bruciatore perché ci fu un immediato fiorire di fiamma e di fumo nero, e la tosse secca dei blucorni feriti e terrorizzati si aggiunse alla baraonda generale.
Toller cercò di non pensare alla sorte di quelli che erano a bordo. Il pessimo decollo dell’altra nave aveva tutta l’aria di essere opera di un novellino, facendogli sospettare che molti dei mille piloti qualificati della flotta non fossero disponibili, probabilmente trattenuti dai disordini in città. Nuovi pericoli si aggiungevano ai già tanti rischi con i quali i viaggiatori interplanetari avrebbero dovuto fare i conti.
Poteva sentire la testa di Gesalla ciondolare sulla sua schiena mentre cavalcavano in direzione dei capannoni, e la sua preoccupazione per lei crebbe. La sua ossatura fragile era poco adatta a sopportare un colpo come quello che aveva ricevuto. Mentre si avvicinava al Capannone 12 vide che questo, con i tre più vicini, era fittamente circondato da uomini di fanteria e del reparto blucorni. Nella zona protetta regnava un clima di relativa calma. Quattro palloni stavano aspettando nei capannoni, con i gruppi di gonfiatori in attesa, e capannelli di uomini e donne riccamente vestiti stavano in piedi vicino a cataste di valigie decorate e altri bagagli personali. Alcuni degli uomini stavano sorseggiando varie bevande mentre allungavano il collo per vedere la nave fracassata, e i bambini piccoli saltellavano qua e là come se stessero giocando durante una gita di famiglia.
Toller aguzzò la vista e riuscì a scorgere un gruppo al centro del quale individuò Leddravohr, Chakkel e Pouche, tutti vicini alla figura di Re Prad. Il sovrano, seduto su una sedia comune, stava fissando il suolo, apparentemente dimentico di tutto quello che gli accadeva intorno. Sembrava più vecchio e aveva un’espressione spiritata, in marcato contrasto con l’aspetto energico di un tempo.
Un giovane capitano dell’esercito si fece avanti per incontrare Toller quando lui fermò il blucorno. Sembrò sorpreso nel vedere Gesalla, ma l’aiutò a scendere abbastanza prontamente senza commenti. Toller smontò e vide che il viso di lei era completamente esangue. Barcollava un po’ e i suoi occhi avevano uno sguardo distaccato, lontano, e lui pensò che stesse molto male.
— Forse dovrei portarti in braccio — le disse mentre i soldati si spostavano a un cenno del capitano.
— Posso camminare, posso camminare — sussurrò lei. — Tieni le mani lontane da me, Toller. Queste bestie non mi vedranno bisognosa di assistenza.
Toller annuì, impressionato dal suo coraggio, e la precedette verso il gruppo dei reali. Leddravohr si voltò a guardarlo e per una volta non tentò neanche di scoccare il solito sorriso da serpente. Nel suo viso di marmo liscio i suoi occhi bruciavano. Aveva una slabbratura diagonale di cremisi sulla corazza bianca, e del sangue si stava coagulando sulla punta del fodero della spada, ma i suoi modi suggerivano una rabbia controllata piuttosto che la furia insana di cui Zavotle aveva parlato.
— Ti ho mandato a cercare ore fa, Maraquine — disse freddo. — Dove sei stato?
— A vedere i resti di mio fratello — disse Toller, omettendo deliberatamente la forma d’obbligo con cui ci si rivolgeva a un reale. — C’è qualcosa di altamente sospetto sulla sua morte.
— Ti rendi conto di quello che stai dicendo?
— Sì.
— Vedo che sei tornato ai tuoi vecchi modi — Leddravohr si avvicinò e abbassò la voce. — Mio padre una volta mi ha estorto la promessa che non ti avrei fatto del male, ma mi riterrò sciolto da quell’impegno quando raggiungeremo Sopramondo. Allora, te lo prometto, ti darò quello che ti meriti da tanto tempo, ma per ora ho faccende più importanti di cui occuparmi.
Leddravohr si voltò e si allontanò, facendo un segno al supervisore del lancio. Immediatamente i gonfiatori si misero al lavoro, girando rumorosamente la manovella dei grandi ventilatori. Re Prad alzò la testa, stupito, e si guardò intorno con l’unico occhio preoccupato. Il clima falso di allegria si dissipò in un attimo quando il rumore delle ventole ricordò ai vari nobili che il volo nell’ignoto stava per cominciare. I gruppi di famiglie si riunirono, i bambini smisero di giocare, e i servi si prepararono a trasferire i bagagli dei loro padroni sulla nave che sarebbe partita in coda al volo reale.
Al di là delle linee difensive delle guardie ferveva un’attività solo apparentemente scoordinata, mentre le operazioni di lancio continuavano. Dappertutto c’erano uomini che correvano e i vagoni dei rifornimenti filavano veloci tra i carretti piatti che si muovevano rumorosamente trasportando le astronavi ai capannoni di lancio. Molto più in là, oltre il terreno aperto della Caserma, i piloti dei vascelli da carico stavano gonfiando i loro palloni e, favoriti dalle condizioni del tempo quasi perfette, decollavano senza l’aiuto del vento. Il cielo era ora solcato letteralmente dalle navi, che salivano come una nuvola di strane spore aeree verso la mezzaluna illuminata di Sopramondo.
Toller era stupefatto dalla drammaticità vera e propria di quello spettacolo, la prova che, messa alle strette, la sua razza aveva il coraggio e la capacità di percorrere a gran passi, come divinità, la distanza che passava da un mondo all’altro. Ma era anche preoccupato da quello che gli aveva appena detto Leddravohr.
La promessa della quale il principe aveva parlato spiegava molte cose, ma perché gli era stata richiesta in primo luogo? Che cosa aveva spinto il Re a scegliere uno solo dei suoi sudditi, tra così tanti, e a prenderlo sotto la sua personale protezione? Incuriosito dal nuovo mistero, Toller diede un’occhiata pensierosa alla figura seduta del Re e provò un brivido quando vide che Prad lo stava fissando direttamente. Un momento dopo il Re puntò un dito su di lui, quasi proiettando una linea di forza attraverso il gruppo di quelli che lo circondavano, poi gli fece un cenno. Ignorando gli sguardi curiosi dei presenti, Toller si avvicinò e fece un inchino.
— Mi hai servito bene, Toller Maraquine — disse Prad con voce debole ma ferma. — E ora ho in mente di caricarti di un’altra responsabilità.
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