Bob Shaw - Sfida al cielo

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Sfida al cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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Nella loro fretta di caricare le scorte gli addetti ai carri stavano scaricando le casse a mano. Soldati del nuovo Reggimento di Sopramondo, di lealtà garantita perché destinati a volare con Leddravohr, giravano fra gli operai esortandoli rumorosamente a moltiplicare gli sforzi e in qualche caso aiutandoli personalmente. Qua e là, nel caos, vagabondavano piccoli gruppi di uomini, donne e bambini, emigranti delle province arrivati alla Caserma piuttosto in anticipo. Sopra e attraverso ogni cosa incombeva il rumore delle pompe di gonfiaggio, il boato snervante e spasmodico dei bruciatori e l’odore di marcio del gas migligno.

Toller passò inosservato vicino a magazzini, zone di carico, aree di lavoro, ma quando raggiunse il passaggio coperto che andava verso la città scoprì che l’entrata era presidiata da un nutrito distaccamento di soldati. Gli ufficiali interrogavano tutti quelli che l’attraversavano. Toller si mise in disparte e puntò il suo binocolo verso l’uscita, molto più in là. Da quel punto era difficile distinguere i particolari, ma poté vedere anche lì un buon numero di soldati a piedi e alcuni con i blucorni, e oltre a loro, orde di folla che si accalcavano nelle strade dove cominciava la città vera e propria. Sembrava non ci fossero tumulti, in quel momento, ma era evidente che i disordini non erano finiti e che la normale via d’accesso alla capitale era bloccata.

Stava pensando cosa fare quando la sua attenzione fu attirata da alcune macchie di colore sul terreno accidentato che si distendeva a sud est, in direzione di Greenmount. Il binocolo gli rivelò un gruppo di civili che si affrettavano verso la base. Dall’alto numero di donne e bambini Toller dedusse . che erano emigranti che si erano aperti una breccia nella palizzata della cinta lontano dall’entrata principale. Si allontanò dalla galleria, localizzò un’uscita secondaria nella doppia rete anti-ptertha e andò incontro al gruppo che avanzava. Quando lo videro, gli emigranti brandirono la loro autorizzazione bianca e blu.

— Continuate a dirigervi verso i capannoni dei palloni — gridò loro Toller. — Vi faranno partire.

Uomini e donne dal viso ansioso gridarono i loro ringraziamenti e si affrettarono a continuare, trascinando i bambini e i neonati. Voltandosi a guardare Toller vide che il loro arrivo era stato notato e che alcuni uomini della base stavano uscendo ad incontrarli. Il cielo dietro i loro blucorni era uno spettacolo unico. Circa cinquanta navi erano sospese sopra la Caserma, pericolosamente ravvicinate a bassa quota e appena più distanziate man mano che salivano.

Senza fermarsi a guardare che tipo di accoglienza avrebbero ricevuto gli emigranti, Toller diede di sprone verso Greenmount. Lontano, alla sua destra, nel cuore di Ro-Atabri, sembrava che gli incendi si stessero propagando. La città era costruita in pietra, ma il legname e le funi con i quali era stata imbozzolata per tenere lontani i ptertha erano logicamente infiammabili, e il fuoco cominciava a essere abbastanza esteso da creare le sue correnti di convezione, guadagnando terreno senza bisogno di essere alimentato. Bastava solo, Toller lo sapeva, che si alzasse una leggera brezza e l’intera città ne sarebbe stata invasa, in pochi minuti.

Mise il blucorno al galoppo, orientandosi con i gruppi di profughi che incontrava, e finalmente raggiunse il punto abbattuto della staccionata. Passò di là, ignorando gli sguardi apprensivi di quelli che stavano facendo la stessa cosa per entrare, e prese una via in collina che portava alla Casa Quadrata. Le strade per cui aveva vagato da ragazzo, ormai parte di un mondo alieno e perduto, erano sporche e deserte.

Un minuto dopo essere entrato nel distretto di Greenmount incontrò dietro un angolo cinque civili che si erano armati di bastoni. Sebbene fosse evidente che non erano emigranti, si stavano dirigendo in fretta verso la Caserma. Toller capì immediatamente che la loro intenzione era di infastidire e forse derubare qualcuna delle famiglie che aveva visto prima.

Si aprirono a ventaglio per bloccare la strada stretta e il loro capo, un omaccione dalla mascella molle con un mantello guarnito di serpenti seccati, disse: — Cosa pensi di fare, giacca blu?

Toller, che avrebbe potuto facilmente sopraffarlo, tirò le redini e si fermò. — Dato che lo chiedi così gentilmente, non esito a dirti che sto decidendo se devo ucciderti o no.

— Uccidere me? — L’uomo batté imperiosamente il terreno con il suo bastone, credendo evidentemente che tutti gli astronauti andassero in giro disarmati. — E come esattamente?

Toller sguainò la sua spada e con un movimento orizzontale tagliò in due il bastone proprio sopra la mano dell’uomo. — Questo sarebbe potuto essere altrettanto facilmente la tua cintura o il tuo collo — disse dolcemente. — Qualcuno di voi, o anche tutti, desidera continuare la conversazione?

Gli altri quattro occhieggiarono l’un l’altro e si voltarono per andarsene.

— Non abbiamo motivo di bisticciare con voi, signore — disse l’uomo con il mantello, stringendosi la mano che ancora risentiva del violento colpo sul bastone. — Ce ne andremo in pace per la nostra strada.

— Niente affatto. — Toller puntò la sua lama di brakka in direzione di un vicolo che portava lontano dalla base astronavi. — Voi andrete da quella parte, e ritornerete alle vostre topaie. Rientrerò alla Caserma tra qualche minuto, e giuro che se poso ancora gli occhi su qualcuno di voi sarà la mia spada che farà tutto il discorso. Ora andate!

Appena gli uomini furono spariti rinfoderò la spada e riprese a salire la collina. Dubitava che il suo avvertimento avrebbe fermato i furfanti, ma non poteva spendere altro tempo a favore degli emigranti, che avrebbero dovuto imparare a fronteggiare parecchie difficoltà nei giorni a venire. Uno sguardo alla mezzaluna di luce che rimpiccioliva sul disco di Sopramondo gli disse che non mancava molto più di un’ora alla piccola notte, ed era essenziale che lui portasse Gesalla alla base prima di quel momento.

Raggiunse la cresta di Greenmount, galoppò attraverso i viali silenziosi fino alla Casa Quadrata e smontò nel cortile murato. Andò verso l’ingresso e incrociò Sany, la grassa cuoca, insieme a un baldo maggiordomo che non conosceva.

— Padron Toller! — gridò Sany. — Avete notizie di vostro fratello?

Toller sentì una terribile sensazione di vuoto, perché l’incalzare degli avvenimenti aveva sospeso i suoi normali processi emotivi. — Mio fratello è morto — disse. — Dov’è la tua padrona?

— Nelle sue stanze. — Sany si premette entrambe le mani sulla gola. — Questo è un giorno terribile per tutti noi.

Toller corse alla scala principale, ma si fermò sul primo gradino. — Sany, devo tornare alla Caserma Astronavi fra pochi minuti. Io suggerisco a te e… — guardò il maggiordomo con aria interrogativa.

— Harriband, signore.

— … te e Harriband, e a qualunque altro domestico sia ancora qui, di venire con me. La migrazione è cominciata prima del tempo con una grande confusione, e anche se non avete l’autorizzazione penso di potervi trovare posto su una nave.

Entrambi i servi si allontanarono da lui. — Non potrei andare in cielo prima del mio tempo — disse Sany. — Non è naturale. Non è giusto.

— Ci sono rivolte in città e gli schermi anti-ptertha stanno bruciando.

— Sia come deve essere, Padron Toller; affronteremo il nostro destino qui, nel luogo a cui apparteniamo.

— Abbi cura di te — disse Toller. Arrivò sul pianerottolo e percorse i corridoi familiari che portavano all’ala sud della casa, incapace di convincersi del tutto che era l’ultima volta che vedeva le figurine di ceramica brillare nelle loro nicchie, e le loro ombre sfocate proiettarsi come fantasmi sui pannelli di vetrolegno levigato. La porta della stanza da letto padronale era aperta.

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