Robert Silverberg - Il figlio dell'uomo

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Un uomo del nostro tempo viaggia a miliardi d’anni nel futuro ed incontra le formi diversi dell’umanità del futuro.

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Un milione di anni di vuota nerezza si srotolano su di lui.

— Basta! — mormora. — Basta!

E la luce invade il cielo. Ed Errore singhiozza. E un uccello passa vicino al suo naso in uno sbatter d’ali. E la pioggia gli rinfresca la pancia. E le stelle spuntano nella notte. E tutt’intorno a lui spuntano gli oggetti della natura, alberi e cespugli e piante da fiore, rocce e macigni, insetti chiacchierini, veli di rugiada, lucertole gialle, licheni azzurri, erba verde. Nella parte bassa del cielo una lama di luce compare e si allarga, diventando un ventaglio d’argento, un occhio fiero, un sole radioso. Cori celesti cantano. Il cielo blu, maculato di nubi, lo rischiara. Colori spuntano da tutte le parti. — Sono Hanmer — dice una voce gentile. — Sono amore. — Clay si siede. Gli Sfioratori sono intorno a lui. Hanno tutti forma femminile. Ninameen gli stringe un braccio, dicendo: — Io sono amore, sono Ninameen. — Ti gioca con i suoi piedi, Bril con i suoi capelli, Angelon unisce le sue dita a quelle di Clay, Serifice gli preme le labbra su una guancia. — Io sono amore — sussurra Serifice. — Io sono Angelon — dice Angelon. Lo fanno alzare in piedi. Ammicca. Adesso la luce è troppo forte per lui. — Dove sono stato? — chiede loro. — Nel Fuoco — dice Bril. — Nel mondo Pesante — dice Hanmer. — A Lento — mormora Ninameen. — Nel Vuoto — sussurra Angelon. — E nel regno Scuro — conclude Ti. — Ora sei con noi — lo confortano. — Dove siete stati? — chiede Clay. E loro: — Abbiamo nuotato nel Pozzo delle prime Cose. Abbiamo discusso della morte con gli Intercessori. Abbiamo visitato Marte e Nettuno. Abbiamo riso dell’Errore. Abbiamo insegnato la bellezza agli uomini-capra. Abbiamo amato i Distruttori e cantato per i Mangiatori.

— E adesso? E adesso?

— Adesso — dice Hanmer — faremo il Riempimento delle Valli.

23

Corrono insieme a lui. Lo spingono con decisione a tenere il passo, ma non ce n’è bisogno perché egli teme che lo perdano di nuovo, appena dopo averlo trovato, e quindi fa in modo di non perderli mai di vista. Dopo un po’ si fermano in una radura di alti alberi triangolari con foglie lunghe e pendenti. Il sole è alto e caldo. Si sdraiano con lui su un prato estremamente curato di erba bluastra sotto quella strana vegetazione. Clay è stato solo così a lungo che quasi non sa còme rivolgersi loro. Infine, la domanda: — Perché non siete venuti da me prima?

— Pensavamo che tu ti stessi divertendo — risponde Hanmer.

— Parli sul serio? Sì, pare di sì, Ma… — Clay scuote la testa. — Io stavo soffrendo.

— Stavi imparando. Stavi crescendo.

— Provavo dolore. Sia fisico che morale.

Hanmer stringe una coscia di Clay. Dice: — Sei sicuro che si trattasse di dolore? — e si muta in maschio. — Adesso è arrivato il momento del Riempimento delle Valli — dice.

— Uno dei Cinque Riti? — chiede Clay.

— Il quarto. Il ciclo è quasi completo. Vuoi partecipare? — Clay si stringe nelle spalle. Gli Sfioratori, i loro rituali, la loro obliquità, la loro imprevedibilità hanno cominciato a stufarlo. Sente un certo affetto per loro, eppure si chiede se non sarebbe meglio tornare nella polla del Quoi, nella riva fangosa dell’Aspettatore, perfino nel mondo-galleria, prima che qualche altra novità proposta dagli Sfioratori si riveli peggiore di quelle precedenti. Scaccia bruscamente il pensiero. Sono le sue guide e i suoi amici. Li ama. Lo amano. Annuisce. — Che cosa devo fare? — chiede.

— Sdraiati — dice Hanmer. — Chiudi gli occhi. Renditi ricettivo.

Intuisce che sta per perderli di nuovo. — Aspetta — dice, — Non andartene. Hanmer, non potremmo conoscerci meglio? Non puoi lasciarmi penetrare dietro la tua facciata superficiale? Che cosa senti in realtà? Quale pensi che sia lo scopo della vita? Perché ci troviamo in questo posto? Hai sempre paura? Sei sempre insicuro? Hanmer? — Alza gli occhi. Hanmer è evanescente, già sulla strada dell’invisibilità. Non rimane altro che il sorriso. — Hanmer? Non andartene, Hanmer. Non cominciare ancora il rito. Parlami. Se mi ami, Hanmer, parlami!

— Sdraiati — dice Hanmer. — Chiudi gli occhi. Renditi ricettivo.

È scomparso anche il sorriso. Di nuovo solo. Fa come gli è stato detto.

Dopo un attimo sente delle mani carezzargli il corpo. Morbide dita carnose tracciano sentieri di sensualità sul suo petto, nel canale tra il collo e le spalle, sulle guance, lungo i lobi delle orecchie. Il tocco tenero attraversa la sua pancia e arriva al suo pene flaccido, che rapidamente si innalza appena aumenta leggermente la stretta sull’asta inturgidita. Altre mani giocano con i suoi piedi. Un polpastrello leggero stuzzica la radice del suo scroto. La respirazione diventa affannosa per l’eccitazione. Si irrigidisce, annaspa; inarca la schiena. Come sono sensuali, quelle mani! Com’è leggero il loro tocco! Sente la deliziosa carezza sulle cosce, all’inguine, sul volto, sulle mani, sui piedi, sulle spalle, sulle braccia, sulla gola. Centinaia di mani lo stanno toccando contemporaneamente.

Centinaia?

Hanmer, Ninameen, Angelon, Ti, Bril, Serifice non hanno in tutto più di una dozzina di mani. Sa che sono ben più di dodici mani a toccarlo, molte di più. Senza aprire gli occhi, tenta di isolare ogni zona di contatto e di contare le mani. Impossibile. Sono su tutto il suo corpo. Centinaia.

Spaventato, apre gli occhi. Vede l’oscurità e un intrico di fibre degli alberi su di lui. Non vede nemmeno uno Sfioratore nei pressi. Chi lo sta toccando? Comprende. Le mani appartengono agli alberi triangolari, che si sono talmente piegati che le foglie allungate quasi raggiungono il suolo. Ogni foglia termina in una mano; ogni mano adesso gli accarezza la pelle. È osceno essere accarezzati in questo modo da un albero? Non osa urlare né fare movimenti bruschi. Teme che se facesse un movimento per allontanarsi, le mani gli stringerebbero la gola e lo strangolerebbero. O gli romperebbero gli arti. E non ha nessuna voglia di misurare la sua resistenza contro il potere di questi alberi. Si sottomette, timoroso. Chiude di nuovo gli occhi. Si concede agli alberi.

Le mani invisibili lo accarezzano, scivolando dolcemente avanti e indietro sul ventre, giocherellando con i suoi testicoli, stringendogli il pene. Idiota, si dice tra sé. Pervertito. Lasciarti erotizzare dagli alberi. Alzati! Spazza via le loro mani lascive! Dove arriverai, ora? A inculare le anatre? Fare pompini ai salmoni rosa? Si irrigidisce istintivamente. È teso, rigido, rabbioso. Anche loro sono nervosi. Dovresti farti esaminare la testa. Dov’è finito il tuo buon senso? Che ne è del tuo pudore? Questo è osceno. Mostra un po’ di spina dorsale! Scaccia via quelle mani! Che razza di pervertito pensate che sia? Via! Via! L’apogeo della polimorfosi. Ma non si muove. Fa vorticare i suoi pensieri rabbiosi nel circuito del suo cranio.

— Amore. Amore. Siamo amore.

— Chi l’ha detto?

— Tutte le cose sono una. L’amore è tutto. Abbandonati. Dai.

— No.

Il suono no sale rapidamente verso il cielo. Il mondo rabbrividisce. Le nuvole si fermano a guardare.

— Sì — dicono gli alberi. — Sì, sì, sì.

— Sì.

— Amore.

— Amore.

— Abbandono.

— Abbandono.

— Tutto.

— Tutto.

— Calore.

— Calore.

È conquistato. Non li combatterà. È entrato ormai nel ritmo delle cose, con i piedi appoggiati al suolo, le spalle accarezzate dall’erba, la testa rovesciata all’indietro, la schiena flessa, il sedere per aria, i fianchi che si muovono. Infila il membro eccitato ancora e ancora e ancora nella dolce mano scivolosa che lo stringe. Non ha alcuna vergogna. È schiavo del piacere. Sente i cori cantare; sente il singhiozzo sulle note alte, come il suono delle campane, e poi il suono ridiscende in lacrime luminose e dorate. Pensa di stare per godere: i muscoli tremano e si contorcono in ogni parte del suo corpo, perfino nelle labbra. Ma la sensazione estatica è diffusa su tutta la sua pelle, e non riesce a concentrarla nella parte centrale, e l’impulso si affievolisce, lasciandolo soddisfatto, ma senza fargli raggiungere l’orgasmo. E l’eccitazione cresce un’altra volta, perché la mano (o è qualche altra mano?) non lo lascerà andare, e lui si muove ritmicamente e si muove e si muove ancora, è di nuovo un trasduttore cosmico all’opera, che diffonde le intense correnti erotiche in qualcosa di troppo generale per essere puramente sessuale, e con un sospiro si arrende all’impeto di delizie mescolate. E succede di nuovo, ma questa volta riesce a scivolare oltre a quel punto di estasi indifferenziata per raggiungere un luogo di pura tensione sessuale, in cui il suo membro si è espanso fino a riempire i cieli e a bruciare del fuoco luminoso della passione. Sente che le labbra gli tremano man mano che la tensione aumenta: con i denti scoperti e le narici infiammate e gli occhi che ruotano vorticosamente raggiunge l’orgasmo e invia spruzzi orgogliosi di seme a guizzare nel cosmo. Si rilassa. Le mani dell’albero lo liberano. Un grande gong suona lontano. Nel rilassarsi completamente, inondato di sudore, si rende conto che è iniziato il Riempimento delle Valli.

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