Robert Silverberg - L'uomo stocastico

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Stocastico: voce dotta, dal greco stochestikos, congetturale, dovuto al caso, aleatorio. Questo dice il dizionario. Ma Robert Silverberg dice di più. Dice che uno specialista di indagini conoscitive e di statistiche previsionali, un professionista della congettura, un mago del calcolo delle probabilità, può tutto a un tratto scoprire la vera natura del suo talento. E questo talento non ha niente a che fare con la scienza dei numeri, col buon senso, con il fiuto commerciale e politico. È un dono naturale che, coltivato opportunamente, permette all’uomo stocastico di vedere In come in una sfera di cristallo, il futuro. Chi vincerà la terza corsa all’ippodromo? Chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti? Come e quando arriverà la nostra morte? Mai come in questo romanzo l’antico sogno dell’umanità è stato presentato con tanta acutezza psicologica, con un casi vivo senso di ciò che potrebbe essere, in concreto, la vita di un autentico veggente.

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— Come in una sfera di cristallo — fece Quinn con aria pensierosa.

— Si, proprio. Ti ricordi il giorno in cui mi parlasti della tua decisione di presentarti per le elezioni del 2004, Paul, ti ricordi cosa mi dicesti? “Tu sarai gli occhi che guarderanno nel futuro per me.” Allora non sapevi ancora quanto avevi ragione!

— Pensavo che un paio di settimane di riposo ti avrebbero aiutato a rimetterti. Ma adesso vedo che il problema è molto più profondo.

— Cosa?

— Per quattro anni sei stato un buon amico e un collaboratore prezioso. Non intendo sottovalutare il valore dell’aiuto che mi hai dato. Forse attingevi le tue idee da analisi intuitive degli orientamenti, o forse dai computer, o forse da uno spirito che ti sussurrava preziose informazioni a un orecchio ma, comunque, mi davi consigli utili. Adesso, però, non posso rischiare di tenerti nel mio staff dopo quello che hai detto. Se cominciano a circolare delle voci che le decisioni più importanti di Paul Quinn vengono prese da un guru, da un profeta, da un Rasputin chiaroveggente, che io non sono altro che un burattino che sgambetta nell’oscurità, sono un uomo rovinato, finito. Ti metteremo in congedo illimitato a cominciare da oggi, e tu percepirai il tuo stipendio fino alla fine dell’anno fiscale, d’accordo? Così avrai più di sette mesi per rimettere in piedi il tuo vecchio studio di consulenze, prima che tu sia cancellato dal libro-paga municipale. Con il divorzio e tutto il resto, non ti trovi, probabilmente, in condizioni finanziarie floride e io non voglio danneggiarti. Facciamo un patto: io non rilascerò nessuna dichiarazione pubblica sulla ragione delle tue dimissioni e tu non darai pubblicità alla presunta origine dei consigli che mi davi. Ti sembra abbastanza corretto?

— Mi stai cacciando via? — balbettai.

— Mi dispiace, Lew.

— Posso farti diventare presidente, Paul.

— Temo che dovrò farcela da solo.

— Tu pensi che sia matto, non è vero?

— È una parola un po’ forte.

— Però lo pensi, vero? Pensi di avere accettato i consigli di un pazzo pericoloso e non fa differenza che i consigli del pazzo si siano sempre rivelati giusti, perché adesso devi liberartene; eh, certo, sarebbe molto brutto che la gente cominciasse a pensare che hai tenuto uno stregone nel tuo staff, e così…

— Ti prego, Lew. Non rendermi la cosa più difficile.

Attraversò la stanza e afferrò la mia mano debole e fredda con una stretta vigorosa. Il suo viso era vicinissimo al mio.

Eccoci di nuovo: il celebre “Trattamento Quinn” ancora una volta, l’ultima volta. In fretta disse: — Credimi, mi mancherai. Come amico e come collaboratore. Può darsi che stia facendo un grosso errore. Ed è doloroso fare un passo di questo genere. Ma hai ragione: non posso correre il rischio, Lew. Non posso proprio correre il rischio.

35

Dopo colazione sgomberai la mia scrivania e andai a casa, cioè a quello che chiamavo casa, e per tutto il pomeriggio non feci altro che andare avanti e indietro per le squallide stanze semivuote, tentando di capire cosa mi era successo. Licenziato? Sì, licenziato.

Mi ero tolto la maschera e a loro non era piaciuto quello che avevano visto. Avevo cessato di far finta di usare la scienza e ammesso di essere uno stregone; avevo rivelato a Mardikian la verità e adesso non sarei più entrato a City Hall per sedere tra i potenti, né avrei più modellato e guidato il destino del carismatico Paul Quinn, e quando, tra cinque anni, avrebbe prestato giuramento a Washington, avrei assistito alla scena in televisione, io, l’uomo dimenticato da tutti, l’uomo sfuggito, il lebbroso dell’amministrazione municipale. Mi sentivo così miserabile da non riuscire neanche a piangere. Senza moglie, senza lavoro, senza scopo. Vagai per ore nell’appartamento cupo, e, stanco anche di questo, rimasi, immobile e indolente, davanti a una finestra per più di un’ora, a osservare il cielo farsi di piombo, a vedere i fiocchi inaspettati della prima neve, e la notte stendersi su Manhattan.

Poi alla disperazione subentrò la rabbia e, infuriato telefonai a Carvajal.

— Quinn sa delle dimissioni di Sudakis. Ho dato l’informazione a Mardikian che l’ha passata al sindaco.

— Ebbene?

— Mi hanno buttato fuori. Pensano che sia pazzo. Mardikian ha parlato con Sudakis che ha negato di volersene andare, e poi ha affermato che lui e il sindaco erano preoccupati per le mie assurde predizioni da indovino e che dovevo tornare al normale lavoro di congetture e previsioni; così gli ho detto tutto. Non ho fatto il vostro nome, ho detto che io “vedo” nel futuro, che proprio dal futuro avevo tratto informazioni come quelle riguardanti la faccenda di Thibodaux e le dimissioni di Sudakis e Mardikian ha voluto che ripetessi tutto in presenza di Quinn e Quinn ha detto che era troppo pericoloso continuare a tenere un matto come me nel suo staff. Oh, ha usato delle parole più gentili! Risulto in congedo fino al 30 giugno, poi sarò cancellato dal libro paga municipale.

— Capisco.

Nient’altro. Non sembrava irritato né mostrava di provare commiserazione.

— Voi sapevate che sarebbe successo.

— Davvero?

— Per forza. Non cercate di prendermi in giro, Carvajal. Sapevate che sarei stato cacciato via se avessi riferito al sindaco che Sudakis si sarebbe dimesso?

Carvajal non disse niente.

— Lo sapevate o no?

Stavo urlando.

— Lo sapevo.

— Lo sapevate, naturalmente, lo sapevate! Voi sapete tutto. Però non me l’avete detto.

— Non me lo avete chiesto — ribatté con aria innocente.

— Non mi è venuto in mente. Chissà perché, non mi è venuto in mente. Non potevate avvertirmi? Non potevate dirmi: “Tenete la bocca chiusa, siete in guai peggiori di quanto pensiate, sarete buttato fuori a calci nel sedere se non state attento”?

— Come potete farmi una domanda di questo genere?

— Ve ne siete stato lì senza dirmi niente, lasciando che la mia carriera venisse distrutta?

— Pensateci un momento con calma. Sapevo che sareste stato licenziato, d’accordo. Proprio come so che Sudakis darà le dimissioni. Ma cosa ci posso fare? Per me il rostro allontanamento è già accaduto, non dimenticatelo. Non poteva essere prevenuto.

— Cristo! Di nuovo la conservazione della realtà?

— Certo. Sinceramente, Lew, pensate che vi metterei in guardia contro qualcosa che voi potreste pensare di cambiare? Sarebbe inutile e sciocco. Noi non possiamo cambiare le cose, vero?

— È vero — dissi con amarezza. — Ci scostiamo e da persone educate lasciamo che succedano. Anzi, se è il caso, contribuiamo a farle succedere. Anche se questo significa la distruzione di una carriera, anche se significa il fallimento del tentativo di ristabilire le sorti politiche di questo povero paese malgovernato cercando di fare eleggere un uomo che… oh, Dio. Carvajal, voi mi avete appositamente portato a questo, non è vero? E non ve ne frega niente. Non è così, forse? Non ve ne frega niente di niente!

— Ci sono cose ben peggiori che perdere un lavoro, Lew.

— Ma tutto quello che stavo cercando di costruire, tutto quello che stavo tentando di plasmare… come faccio adesso, in nome di Dio, ad aiutare Quinn? Cosa farò? Voi mi avete rovinato!

— Quello che è successo è quello che doveva succedere.

— Maledizione a voi e alla vostra rassegnazione!

— Pensavo che anche voi foste giunto a condividere questa accettazione.

— Non condivido niente. Dovevo essere fuori di me quando vi ho dato retta, Carvajal. Per causa vostra ho perso Sundara, ho perso il mio posto a fianco di Quinn, ho perso la salute e la ragione, insomma ho perso tutto quello che contava qualcosa nella mia vita, e per cosa? Per cosa? Per una schifosa sbirciata nel futuro che può essere stata niente altro che un capogiro provocato dalla fatica? Per una testa piena di morbose filosofie fatalistiche e strambe teorie sul flusso del tempo? Cristo! Cristo! Vorrei non avere mai sentito il vostro nome! Sapete cosa siete, Carvajal? Una specie di vampiro, una sanguisuga, mi succhiate energia e vitalità, usandomi per puntellarvi mentre scivolate verso la fine della vostra vita inutile, sterile, immotivata, senza scopo.

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