Dissi: «Dobbiamo andarcene di qui. Ritornare in albergo!»
«Voglio vedere.»
«Ci travolgeranno, Vornan.»
«No, se saremo prudenti. Resta con me, Leo. Lasciamo che la marea ci superi.»
Scossi il capo. L’avanguardia dell’orda apocalittica era ad un isolato da noi. Impugnando torce e sirene, i dimostranti si avventavano a corsa pazza verso di noi, trafiggendo l’aria con urla e grida. Anche come semplici astanti, avremmo potuto passarcela male, per colpa di quell’orda; se ci avessero riconosciuti nonostante le maschere, saremmo stati spacciati. Afferrai Vornan per il polso, lo tirai, angosciato, cercando di trascinarlo in una strada laterale che portava verso l’albergo. Per la prima volta, sentii i suoi poteri elettrici. Una scarica a basso voltaggio fece balzare indietro la mia mano. L’afferrai di nuovo, e questa volta mi trasmise un’esplosione di energia stordente che mi ributtò indietro, barcollante, con i muscoli che guizzavano in una danza dissestata. Caddi in ginocchio e rimasi rannicchiato, semi-intontito, mentre Vornan correva allegramente verso gli Apocalittici, a braccia spalancate.
L’orda lo inghiottì. Lo vidi scivolare in mezzo a due che correvano in prima fila, e poi svanire al centro della massa urlante. Era scomparso. Mi rimisi in piedi, in preda alle vertigini, sapendo che dovevo trovarlo, e avanzai, incerto, tre o quattro passi. Un istante più tardi, gli Apocalittici mi furono addosso.
Riuscii a restare in piedi il tempo sufficiente per liberarmi degli effetti della scossa elettrica impartita da Vornan. Intorno a me si muovevano i cultisti, con le facce impiastricciate di vernice rossa e verde; l’afrore acre del sudore era nell’aria, e misteriosamente vidi un Apocalittico che aveva legato al petto un piccolo globo sibilante di deodorante a dispersione di ioni: quello era un territorio strano per gli schizzinosi. La folla mi spinse, facendomi girare su me stesso. Una ragazza dai seni nudi e danzanti, dai capezzoli luminescenti, mi abbracciò. «La fine è vicina!» strillò. «Vivi finché puoi!» Mi afferrò le mani e se le posò sui seni. Strinsi per un momento quella carne calda, prima che la corrente della folla la trascinasse via; quando abbassai lo sguardo, vidi sul palmo delle mie mani le impronte luminescenti, come occhi vigili. Strumenti musicali di origine imprecisata barrivano e urlavano. Tre ragazzi, tenendosi a braccetto, mi sfilarono davanti, prendendo a calci tutti coloro che capitavano a tiro. Un uomo gigantesco, dalla maschera di caprone, esponeva giubilante la sua virilità, ed una donna dalle cosce pesanti corse verso di lui, si offrì, gli si attaccò addosso. Un braccio serpeggiò intorno alle mie spalle. Mi voltai di scatto e vidi una figura scarna, ossuta, ghignante tendersi verso di me: una ragazza, pensai, a giudicare dall’abbigliamento e dai lunghi capelli serici scomposti: ma poi la camicetta si aprì, e vidi un torace piatto, lucido e glabro, con due piccoli cerchietti neri.
«Bevi,» disse il ragazzo, e mi porse una borraccia a pressione. Non potevo rifiutare. Il collo della borraccia si insinuò tra le mie labbra, e sentii, un sapore amaro. Girai la testa e sputai, ma il sapore mi rimase sulla lingua come una macchia.
Stavano marciando a file di quindici o venti in parecchie direzioni contemporaneamente, sebbene il movimento predominante fosse verso l’albergo. Lottai per risalire la marea, cercando Vornan. Molte mani mi afferrarono. Inciampai in una coppia avvinta nella concupiscenza sul marciapiede; rischiavano di venire calpestati e uccisi, e sembrava che non se ne dessero pensiero. Era come un carnevale senza carri, ed i costumi erano pazzamente individualisti.
«Vornan!» urlai. E la folla riprese quel grido, ingigantendolo. «Vornan… Vornan… Vornan… uccidete Vornan… fine del mondo… fiamme… fine del mondo… Vornan…» Era una danza macabra. Una figura giganteggiava davanti a me, con la faccia segnata da piaghe purulente, ferite sgocciolanti, cavità spalancate: una mano di donna si levò ad accarezzarla, e il trucco si sfaldò, così da mostrarmi la bella faccia intatta sotto quegli orrori artificiali. Qui veniva un giovane alto quasi due metri e dieci, che agitava una fiaccola fumigante e annunciava urlando l’apocalisse; là c’era una ragazza dal naso camuso, madida di sudore, che si strappava le vesti; rimase nuda, e due giovanotti impomatati le pizzicarono i seni, risero, si baciarono, e corsero avanti. Io chiamai ancora: «Vornan!»
Poi lo vidi. Stava ritto, immobile, come un macigno in mezzo ad un torrente, e curiosamente la folla scatenata gli passava intorno, mentre avanzava urlando. Parecchi decimetri di spazio rimanevano inviolati intorno a lui, come se si fosse ritagliato una sacca personale nella marea. Stava con le braccia conserte e osservava il delirio che impazzava intorno a lui. La maschera era strappata, e mostrava una guancia, ed era tutto macchiato di vernici e di sostanze fosforescenti. A spintoni, avanzai verso di lui, venni trascinato via da un improvviso sussulto della corrente principale, e ritornai verso di lui, lottando con i gomiti e le ginocchia, aprendomi a forza la strada fra tonnellate di carne. Quando fui a pochi passi da lui capii perché i dimostranti gli giravano intorno. Vornan aveva creato tutto intorno a sé una piccola diga di corpi umani ammassati, due o tre per parte. Sembravano morti; ma, mentre li guardavo, una ragazza che giaceva alla sinistra di Vornan si alzò vacillando e si allontanò. Vornan si tese prontamente verso il primo Apocalittico che passava di lì, un uomo cadaverico con il cranio calvo dipinto di azzurrocupo. Un tocco della mano di Vornan e l’uomo crollò, cadendo esattamente in modo da riformare il bastione. Vornan si era costruito una muraglia vivente, con l’elettricità. La scavalcai e accostai la faccia alla sua.
«Per amor di Dio, andiamocene!» urlai.
«Non corriamo pericoli, Leo. Stai calmo.»
«La tua maschera è strappata. E se ti riconoscono?»
«So difendermi.» Rise. «È delizioso!»
Sapevo che non era il caso di cercare di abbrancarlo di nuovo. Nella sua estasi noncurante mi avrebbe stordito una seconda volta e mi avrebbe aggiunto al suo bastione; e forse non sarei sopravvissuto a quell’esperienza. Perciò gli rimasi accanto, impotente. Vidi un grosso piede scendere sulla mano d’una ragazza priva di sensi che mi giaceva accanto. Quando il piede passò oltre, le dita dilaniate fremettero convulsamente, piegandosi alle giunture in un modo in cui le mani umane normalmente non si flettono. Vornan girò su se stesso, scrutando tutto.
Poi mi disse: «Cosa li spinge a credere che il mondo stia per finire?»
«E come posso saperlo? È irrazionale. È demente.»
«E tanta gente può essere così pazza?»
«Certo.»
«E sanno in che giorno finirà il mondo?»
«Il primo gennaio del 2000.»
«Molto vicino. Perché quel giorno in particolare?»
«È l’inizio di un nuovo secolo,» dissi. «Di un nuovo millennio. Non so come, ma la gente si aspetta che succedano cose straordinarie.»
Con eccentrica pedanteria, Vornan disse: «Ma il nuovo secolo non comincerà fino al 2001. Heyman me l’ha spiegato. Non è esatto dire che il secolo incomincia quando…»
«Lo so benissimo. Ma nessuno fa caso a queste cose. Accidenti a te, Vornan, non stiamocene qui a discutere il calendario! Voglio andarmene!»
«E allora vai.»
«Con te.»
«Mi diverto. Guarda là, Leo!»
Guardai. Una ragazza seminuda, abbigliata come una strega, cavalcava sulle spalle di un uomo con la fronte ornata da corna. Aveva i seni dipinti di nero lucido, i capezzoli arancione. Ma la la vista di quelle cose grottesche non mi faceva effetto, ormai. Non mi fidavo neppure dell’improvvisata barriera di Vornan. Se quelli si fossero scatenati ancora di più…
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