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Marion Bradley: La torre proibita

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Marion Bradley La torre proibita

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Darkover è un pianeta gelido e ostile, illuminato da un fioco sole rosso-sangue, su cui hanno fatto naufragio, agli inizi del volo interstellare, alcuni coloni terrestri. Col passare degli anni gli abitanti di Darkover hanno imparato a usare le “pietre matrici” per sviluppare i loro poteri psi, e sul pianeta si è formata una cultura di tipo feudale basata sull’uso delle matrici. Queste pietre, tenute in torri austere e isolate, sono oggetto di un rituale mistico: solo le Custodi, donne che hanno fatto voto di castità, hanno il diritto di adoperarle. Contrapposta alla cultura dei “clan” di Darkover, si trova la civiltà dei terrestri, i quali, dopo vari millenni, hanno riscoperto il pianeta, e vorrebbero portare ai suoi abitanti risorse tecnologiche e armi più moderne. Ma i fanatici guardiani che proteggono la verginità delle Custodi vigilano affinché il pianeta del sole rosso non cada sotto l’influenza dei materialistici terrestri. La torre proibita è la storia di due uomini e due donne che hanno osato sfidare il potere dei guardiani e la tradizione delle Torri. Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1978.

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Callista gli sorrise, e ancora una volta Andrew si sentì colpito dalla sua bellezza. Tendeva sempre a dimenticarla, quando non la guardava. Prima di vederla, aveva imparato a conoscere la sua mente e il suo cuore, la sua dolcezza, il suo coraggio, la sua pronta comprensione. Aveva imparato a conoscere e ad apprezzare la sua gaiezza e il suo spirito, quando lei si era trovata sola, terrorizzata, prigioniera nelle tenebre di Corresanti.

Ma era anche bella, molto bella: una giovane donna snella, con i capelli color rame mollemente intrecciati sul dorso, e gli occhi grigi sotto le sopracciglia diritte. Disse, mentre gli camminava al fianco: — È Leonie, la leronis di Arilinn. È venuta come le avevo chiesto.

Andrew le prese la mano, leggermente, sebbene quello fosse sempre un rischio. Sapeva che Callista era stata istruita e disciplinata — con metodi che lui non poteva neppure immaginare — a evitare il minimo contatto. Ma questa volta, sebbene le sue dita tremassero, le abbandonò leggere tra quelle di lui; e sembrava che quel lieve tremito fosse una tempesta che la squassava interiormente, malgrado la calma acquisita. Andrew intravide di nuovo sulle mani e sui polsi, sottili gli uni e le altre, numerose cicatrici minuscole, come di tagli o di scottature. Una volta le aveva chiesto cos’erano. Lei aveva scrollato le spalle, e aveva detto soltanto: — Sono guarite da molto, molto tempo. Erano… aiuti alla memoria. — Non aveva voluto dire di più, ma Andrew poteva immaginare cosa intendeva; e adesso l’orrore lo sconvolse di nuovo. Sarebbe mai riuscito a conoscere veramente quella donna?

— Credevo che la Custode di Arilinn fossi tu — disse.

— Leonie era Custode già prima ancora che io nascessi. Mi aveva istruita perché prendessi il suo posto, un giorno. Avevo già cominciato a operare come Custode. Spetta a lei lasciarmi libera, se vuole. — Si ripeterono ancora il lieve brivido e lo sguardo fuggevole. Quale potere aveva su Callista quella vecchia terribile?

Andrew guardò Ellemir che correva verso la porta. Come somigliava a Callista! Alta e snella come lei, con gli stessi capelli d’oro ramato, gli stessi occhi grigi, le stesse ciglia scure e sopracciglia diritte… eppure così diversa dalla gemella! Con una tristezza così profonda che non poteva riconoscerla come invidia, Andrew guardò Ellemir correre incontro a Damon, vide l’uomo scendere dalla sella, sollevarla abbracciandola, e baciarla a lungo. Callista sarebbe mai stata abbastanza libera da correre incontro a lui allo stesso modo?

Callista lo condusse verso Leonie, che era stata aiutata a smontare da uno della scorta. Le sottili dita di Callista erano ancora posate sulle sue: un gesto di sfida, una voluta violazione del tabù. Andrew sapeva che lei voleva farsi vedere da Leonie. Damon stava presentando Ellemir alla Custode.

— Tu ci fai un grande onore, mia signora. Benvenuta ad Armida.

Andrew osservò attento quando Leonie abbassò il cappuccio. Si era preparato a scorgere un’orribile megera autoritaria, e restò colpito nel vedere solo una donna esile e fragile, anziana, con gli occhi magnifici, dalle ciglia scure, e i resti di una bellezza che doveva essere stata considerevole. Non aveva un aspetto severo e temibile, e sorrideva gentilmente a Ellemir.

— Somigli moltissimo a Callista, figliola. Tua sorella mi ha insegnato a volerti bene: sono lieta di conoscerti, finalmente. — La voce limpida e chiara, dolcissima. Poi lei si rivolse a Callista, tendendo le mani in un gesto di saluto.

— Adesso stai bene, chiya ? — Era già una sorpresa che qualcuno chiamasse «piccola» la seria e posata Callista. La ragazza lasciò la mano di Andrew e sfiorò con le dita le dita di Leonie.

— Oh, sì, benissimo — disse ridendo. — Ma dormo ancora come una bambina, con una lampada accesa nella stanza, per non svegliarmi al buio credendomi di nuovo in quella maledetta caverna degli uomini-felini. Ti vergogni di me, parente?

Andrew s’inchinò con fare cerimonioso. Conosceva abbastanza gli usi di Darkover per non guardare direttamente in faccia la leronis , ma si sentiva addosso i grigi occhi di Leonie. Callista disse, con un lieve fremito di sfida nella voce: — Questo è Andrew, il mio promesso sposo.

— Calma, chiya , non hai ancora il diritto di chiamarlo così — la rimproverò Leonie. — Ne parleremo più tardi; ora devo salutare il mio anfitrione.

Richiamata ai suoi doveri, Ellemir lasciò la mano di Damon e condusse Leonie su per la scalinata. Andrew e Callista le seguirono; ma quando lui fece per riprendere la mano della ragazza, lei la ritrasse: non volutamente, ma per l’abitudine istintiva di tanti anni. Andrew sentì che adesso lei aveva addirittura dimenticato la sua presenza.

La Grande Sala di Armida era una stanza enorme, lastricata di pietra, arredata all’antica, con i sedili murati lungo le pareti, e antiche bandiere e armi appese sopra il grande camino di pietra. In fondo alla sala c’era una tavola fissa. Lì accanto Dom Esteban Lanart, nobile Alton, giaceva su un lettino a rotelle, abbandonato sui cuscini. Era un uomo enorme, pesante, con le spalle larghe e i folti capelli rossi e ricciuti spruzzati di grigio. Quando i visitatori si avvicinarono, disse in tono stizzito: — Dezi, ragazzo, sollevami in modo che possa ricevere gli ospiti. — Un giovane seduto su una delle panche si alzò di scatto, ammucchiò premurosamente i cuscini dietro la schiena del vecchio e lo sollevò a sedere. In un primo momento, Damon aveva pensato che il ragazzo fosse uno dei servitori di Esteban: poi notò una forte somiglianza tra il vecchio nobile Comyn e il giovane che lo stava aiutando.

Era solo un ragazzo, sottile come un giunco, con i capelli rossi e ricciuti e gli occhi più azzurri che grigi: ma i lineamenti erano quasi identici a quelli di Ellemir.

Sembra Coryn , pensò Damon. Coryn era stato il primo figlio maschio di Dom Esteban e della sua prima moglie, morta ormai da molto tempo. Maggiore di molti anni di Ellemir e Callista, era stato amico giurato di Damon quando erano entrambi adolescenti. Ma Coryn era ormai morto e sepolto. E non poteva aver avuto un figlio di quell’età: no di certo. Però il ragazzo è un Alton , pensò Damon. Ma chi è? Non l’ho mai visto!

Leonie, tuttavia, lo riconobbe immediatamente. — Dunque, Dezi, ti sei trovato una sistemazione?

Il ragazzo rispose, con un sorriso accattivante: — Il nobile Alton mi ha mandato a chiamare perché venissi qui a rendermi utile, mia signora.

Esteban Lanart disse: — Salute a te, parente: perdonami se non mi alzo per accoglierti nella mia casa. Tu mi fai un grande onore, Domna — Notò la direzione dello sguardo di Damon e aggiunse, con disinvoltura: — Avevo dimenticato: non conosci il nostro Dezi. Il suo nome è Deziderio Leynier. È un nedestro di uno dei miei cugini, anche se il povero Gwynn è morto prima di poterlo far legittimare. L’abbiamo fatto mettere alla prova per vedere se aveva il laran : è stato ad Arilinn per un paio di stagioni, ma quando ho avuto bisogno di aver vicino qualcuno che mi assistesse, Ellemir si è ricordata che era tornato a casa sua, e perciò l’ho mandato a chiamare. È un bravo ragazzo.

Damon si sentì sconvolto. Con quanta leggerezza, o addirittura brutalità, Dom Esteban aveva parlato della condizione di bastardo del ragazzo, della sua posizione di parente povero! Dezi aveva stretto le labbra ma era rimasto impassibile, e Damon provò simpatia per lui. Sebbene fosse così giovane, Dezi sapeva cosa significava trovare il calore e la solidarietà del cerchio di una Torre e poi venirne di nuovo escluso.

— Accidenti, Dezi, i cuscini bastano, smettila di agitarti — ordinò Esteban. — Ebbene, Leonie, questo non è il modo di accoglierti di nuovo sotto il mio tetto dopo tanti anni; ma dovrai accettare la buona volontà e ritenerti ricevuta con l’inchino di rito e tutte le cortesie dovute, come farei se fossi in grado di alzarmi da questo letto.

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