— Mentiroso! Filho de punta! Fode-bode!
Ender era abbastanza certo del significato di quegli epiteti, ma il ragazzo dagli occhi di metallo li assorbì con indifferenza.
— Da — disse la ragazza. — Da-me. — Dammelo.
Furiosamente l’altro si tolse un anello dal dito e lo gettò in terra, ai piedi di lei. — Viada! — sbottò raucamente. Volse le spalle e si allontanò di corsa.
— Poltrão! — gli gridò dietro la ragazza. Codardo!
— Cão! — replicò lui senza neppure voltarsi.
La parola non era stata indirizzata alla ragazza. Ender la vide voltarsi verso il compagno dagli occhi elettronici, che aveva avuto un sussulto, e poi abbassare subito lo sguardo al suolo. La più piccola, che aveva rincorso il pallone, tornò accanto al ragazzo e gli bisbigliò qualcosa. Lui si volse di scatto, vide Ender e si accigliò.
La ragazza più anziana disse, in tono di scusa: — Desculpa, Olhado, não queria que…
— Não hà problema, Michi — disse lui, senza guardarla. Lei stava per dire qualcos’altro, ma in quel momento s’accorse della presenza di Ender e tacque.
— Porque està olhando-nos? — chiese il ragazzo. Perché ci sta guardando?
Ender rispose con un’altra domanda: — Você è àrbitro? — Tu sei l’arbitro? La parola poteva significare «giudice di gara» ma anche «magistrato».
— De vez em quando. — Di tanto in tanto.
Ender passò allo stark, non essendo in grado d’esprimere concetti più complessi in portoghese. — Allora dimmi una cosa, arbitro: è cortese lasciare che uno straniero si cerchi la strada da solo, rifiutando di indicargliela?
— Straniero? Lei vuol dire utlanning, framling, oppure raman?
— In questo caso penso che la parola sia «infedele».
— O senhor è descredente? — Il signore è un miscredente?
— Sò descrédo no incrivel. — Io non credo nell’incredibile.
Il ragazzo sorrise. — Dove vuole andare, Araldo?
— A casa della famiglia Ribeira.
La ragazzina si strinse al fianco del compagno dagli occhi metallici. — Quale famiglia Ribeira? — chiese lui.
— La vedova Ivanova.
— Penso di poterla trovare — disse il ragazzo.
— Tutti in città possono trovarla — disse Ender. — Il punto è: sei disposto a condurmi là?
— Perché vuole andarci?
— Io faccio un sacco di domande alla gente, e cerco di scoprire delle storie vere.
— A casa Ribeira nessuno conosce storie vere.
— Mi accontenterò di quelle inventate.
— Andiamo, allora. — S’incamminò sull’erba appena falciata della strada centrale, verso l’uscita del parco. La ragazzina gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Lui si fermò e si volse a Ender, che lo stava tallonando dappresso.
— Quara è curiosa di saperlo. Qual è il suo nome?
— Andrew. Andrew Wiggin.
— Lei è Quara.
— E tu?
— Tutti mi chiamano Olhado. Per via dei miei occhi. — Sollevò la ragazzina e se la mise a cavalcioni sulle spalle. — Ma il mio vero nome è Lauro. Lauro Suleimão Ribeira. — Sogghignò, poi si rimise in cammino.
Ender gli andò dietro. Ribeira. Naturalmente.
Jane non s’era persa una parola, e gli parlò dal gioiello nel suo orecchio. — Lauro Suleimão Ribeira è il quarto figlio di Novinha. Ha perso gli occhi in un incidente con un laser. Ha dodici anni. Ah… ho scoperto una delle differenze fra la famiglia Ribeira e il resto della città: i ragazzi Ribeira sono inclini a sfidare il vescovo e a condurti dove vuoi andare.
Anch’io ho notato una cosetta, Jane , rispose in silenzio lui. Questo ragazzino si diverte a raggirarmi, e poi si diverte ancor di più a lasciarmi capire come mi ha raggirato. Spero solo che tu non prenda lezioni da lui.
Miro sedeva presso la cima della collina. L’ombra degli alberi lo celava a chiunque stesse guardando in quella direzione da Milagre, ma lui aveva dispiegata davanti quasi tutta l’estensione della colonia. Poteva vedere per intero la cattedrale e il monastero, sulla collinetta più alta, e l’osservatorio su quella a nord. E quasi sotto l’osservatorio, in una depressione fra le due alture, la casa dove abitava, non lontana dal recinto.
— Miro — sussurrò Mangia-Foglie. — Sei un albero?
Era la traduzione di una frase dei pequeninos. A volte si mettevano a meditare e restavano immobili per ore. Definivano la cosa «essere un albero».
— Uno stelo d’erba, piuttosto — rispose Miro.
Mangia-Foglie rise nel tono acuto e sibilante che gli era solito. La risata apparve falsa, oltreché strana; i pequeninos avevano imparato a ridere per imitazione, come se mandassero a memoria un’altra parola in stark. E non ridevano in segno di divertimento, o almeno così pensava Miro.
— Sta cominciando a piovere? — chiese il giovane. Per un maiale questo significava: mi hai interrotto per salvarmi da qualcosa?
— Ha piovuto fuoco, oggi — disse Mangia-Foglie. — Sulla pianura.
— Sì. Abbiamo un visitatore, giunto da un altro mondo.
— È l’Araldo?
Miro non rispose.
— Devi portarlo a conoscerci.
Miro continuò a tacere.
— Io strofino la faccia in terra davanti a te, Miro. Le mie braccia e le mie gambe sono legname per la tua capanna.
Miro detestava sentirli pregare per qualcosa. Era come se vedessero in lui un essere particolarmente saggio o potente, a cui si doveva leccare le scarpe per avere un favore. Be’, se la vedevano a questo modo la colpa era sua. Sua e di Libo. Giocare al Piccolo Dio qui fra i maiali.
— Te l’ho promesso, Mangia-Foglie, no?
— Quando quando quando?
— Ci vorrà tempo. Devo sapere se ci si può fidare di lui.
Mangia-Foglie ne restò confuso. Miro aveva spiegalo ai maiali che non tutti gli umani si conoscevano l’un l’altro, e che qualcuno non era affatto simpatico, ma sembravano continuare a non capire il concetto.
— D’accordo. Appena mi sarà possibile — sospirò.
D’improvviso Mangia-Foglie cominciò a ondeggiare a destra e a sinistra, facendo smorfie come se fosse seduto su dei sassi acuminati. Libo una volta aveva fatto l’ipotesi che questo fosse l’equivalente di una risata. — Parlami in patta-gheis! — vagì il maiale. Mangia-Foglie era sempre parso molto divertito dal fatto che Miro e gli altri zenador parlavano due lingue intercambiabili. Questo malgrado che quattro diversi linguaggi dei maiali fossero stati registrati (non completamente) e tutti fossero parlati dalla stessa tribù di maiali.
Ma se voleva il portoghese, lui gli avrebbe dato il portoghese: — Vai comer folhas. — Vai a mangiar foglie.
Il maiale lo fissò, perplesso. — Perché, è una buona cosa?
— Perché è il tuo nome. Come-Folhas.
Mangia-Foglie si estrasse un grosso insetto da una narice e lo gettò via, sbuffando. — Non essere offensivo — disse. Si alzò e andò via.
Lui lo seguì con lo sguardo. Mangia-Foglie era sempre difficile a trattarsi. Alla sua compagnia preferiva quella del maiale chiamato Human. Questi era più intelligente, il che costringeva Miro a una maggiore cautela, ma se non altro non ricadeva mai in modi così improvvisamente ostili come Mangia-Foglie.
Quando il maiale fu scomparso fra gli alberi, Miro tornò a voltarsi verso la città. C’era qualcuno che scendeva lungo la collina, sulla stradicciola che portava a casa sua. Quello davanti sembrava piuttosto alto… no, era Olhado con Quara sulle spalle. La ragazzina era già troppo cresciuta perché la si dovesse portare così a cavalluccio. Ma a preoccupare Miro era la sua incapacità di riprendersi dallo shock che per lei era stato la morte del padre. Il giovane fece una smorfia amara. E pensare che Ela s’era illusa di poter seppellire insieme a lui tutti i loro problemi!
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