— Gli sto facendo male — annuì Ender. Sapeva che il miglior modo per avere la fiducia altrui stava nel dire verità non richieste, e specialmente verità non troppo piacevoli. — Ogni volta che si contorce per liberarsi, in questa posa sente una fitta di dolore. E non ha ancora smesso di contorcersi.
Tenne gli occhi fissi in quelli di Miro, e il giovane intuì la sua muta richiesta. Dopo un’esitazione fece un passo indietro e scosse le spalle. — Be’, Greguinho, mi spiace ma non posso far niente per te.
— Lasci che lui lo tratti così? — sbottò Estevão.
Miro indicò il fratello a Ender, col pollice. — Ecco perché tutti lo chiamano Quim. — Il soprannome aveva la stessa pronuncia di king in stark. — Cominciò perché il suo secondo nome è Rei. E ora, poco ci manca che dia ordini usando il plurale maiestatis.
— Bastardo! — disse Quim, e lasciò la stanza a passi lunghi.
Gli altri s’erano però alquanto rilassati: Miro aveva deciso di accettare quel tipo, almeno temporaneamente; di conseguenza loro potevano abbassare la guardia. Olhado sedette sul pavimento; Quara tornò ad appollaiarsi sul suo lettuccio. Ela poggiò le spalle al muro. Miro avvicinò un’altra sedia e sedette di fronte a Ender.
— Perché è venuto a casa nostra? — gli chiese.
Dal tono particolare della domanda lui intuì che il giovane, come Ela, non aveva detto ad anima viva di aver convocato un Araldo. Dunque nessuno di loro sapeva che gli altri lo stavano aspettando. E nessuno, evidentemente, aveva previsto che sarebbe arrivato tanto presto.
— Per parlare con vostra madre — tornò a dire.
Il sollievo di Miro fu quasi palpabile, benché si stesse sforzando di non rivelarlo. — È alla Stazione — disse. — Lavora fino a tardi. In questo periodo cerca di produrre una varietà di patate che possano competere con le erbacce locali.
— Come l’amaranto?
Miro sogghignò. — Ne ha già sentito parlare? No, non vogliamo qualcosa che competa a quel modo. Ma qui la nostra dieta è limitata, e avere le patate sarebbe bello. Inoltre, dall’amaranto non si può fare fermentare un liquore decente. I minatori e i contadini hanno già costruito una leggenda intorno alla vodka.
— Allora, chissà che presto non sentiate il vescovo tuonare contro i peccatori che vendono l’acqua di fuoco ai maiali — osservò Ender.
Il sorriso di Miro rischiarò la stanza come un raggio di sole attraverso la crepa di una caverna. Ender poté sentire l’atmosfera rilassarsi. Quara faceva dondolare i piedi avanti e indietro come una bambina normale; Olhado aveva sul volto un’espressione stupidamente felice, e con gli occhi socchiusi il luccichio delle sue iridi non era più tale da sconcertare. Ela sorrideva con più sollievo di quanto poteva esser giustificato dal buon umore di Miro. Perfino Grego aveva smesso di lottare contro la presa di Ender.
Ma era un’illusione, perché all’improvviso un fiotto di calore su una coscia lo informò che il bambino era lontanissimo dall’essersi arreso. Ender s’era allenato a non reagire d’istinto all’azione di un avversario, a meno che non avesse già stabilito di lasciar fare agli istinti, così l’arrivo dell’orina di Grego non gli strappò neppure un fremito. Sapeva quel che il bambino voleva ottenere: un grido di rabbia, e poi l’adulto che balzava in piedi allontanandolo da sé con disgusto. E poi Grego sarebbe stato libero, e trionfante. Ender gli negò quella vittoria.
Ma Ela, evidentemente, sapeva leggere l’espressione del bambino come un libro aperto. La ragazza sbarrò gli occhi, poi fece un passo avanti col volto rigido di rabbia. — Grego! Tu, piccolo ripugnante…
Ma Ender le strizzò l’occhio e sorrise, fermandola dove stava. — Grego mi ha fatto un piccolo regalo. È la sola cosa che mi ha dato di cuore, e l’ha fatta da sé. Lo apprezzo molto. Anzi, penso che lo terrò tutta la sera sulle ginocchia.
Grego ringhiò e ricominciò a divincolarsi furiosamente.
— Perché gliela lascia correre? — si stupì Ela.
— L’Araldo si aspetta che Grego agisca come un essere umano — disse Miro. — Ma andava fatto. Nessuno ha mai cercato davvero di civilizzarlo.
— Io ci ho provato — disse la ragazza.
Olhado indicò la casa intorno a loro. — Ela è l’unica, qui, che cerca di mantenerci fra le persone civili.
Da un’altra stanza la voce di Quim abbaiò: — Piantatela di lavare i nostri panni sporchi davanti a quel bastardo!
Ender annuì gravemente, come se Quim avesse offerto un importante argomento di riflessione. Miro ridacchiò. Ela alzò gli occhi al cielo e andò a sedersi su uno sgabello accanto a Quara.
— La nostra non è quella che si chiama una casa felice — disse Miro.
— Capisco. — Ender annuì. — Con la morte di vostro padre ancora così recente.
Miro ebbe un sorriso sardonico. Olhado scosse il capo. — Con la sua vita ancora così recente, vorrà dire.
Ela e Miro apparvero nettamente d’accordo con quell’osservazione, ma Quim gridò ancora: — Tenete la bocca chiusa, voialtri!
— Vi ha fatto del male? — domandò sottovoce Ender. Non s’era mosso, benché l’orina di Grego fosse ora fredda e maleodorante.
— Non ci picchiava — disse Ela, — se è questo che vuol sapere.
Ma per Miro quell’intimità era già troppa. — Quim ha ragione — disse. — Sono affari soltanto nostri.
— No — replicò Elsa. — È anche affar suo.
— Affar suo in che senso? — chiese Miro.
— Perché è venuto a fare l’elegia per la morte di papà — disse la ragazza.
— La morte di papà! — eclamò Olhado. — Chupa pedras! Papà è morto appena tre settimane fa!
— Ero già in viaggio per parlare di un’altra persona deceduta — disse Ender. — Ma qualcuno ha chiamato un Araldo per vostro padre, e perciò parlerò per lui.
— Contro di lui — lo corresse Ela.
— Per lui — ripeté Ender.
— Io l’ho chiamata qui per dire la verità — disse seccamente lei. — E tutta la verità su papà è contro di lui.
Il silenzio che si addensò nell’aria parve farsi sempre più denso, paralizzante, finché Quim non entrò dalla porta. Il ragazzo aveva gli occhi fissi su Ela. — Sei stata tu a chiamarlo — ansimò. — Tu!
— Per dire la verità! — replicò lei, scossa dall’accusa contenuta in quelle parole. Quim non aveva bisogno di essere più chiaro: aveva chiamato un estraneo, un infedele, per render pubblico ciò che per tanto tempo loro avevano tenuto nascosto, tradendo allo stesso tempo la famiglia e la Chiesa. — A Milagre tutti sono così gentili, così comprensivi! — continuò Ela. — Gli insegnanti fanno finta d’ignorare le mascalzonate di Grego, e il silenzio di Quara. Poco importa che a scuola lei non abbia ancora detto una sola parola, mai! Tutti fanno finta di considerarci ragazzi normali… i nipoti degli Os Venerados, e così brillanti, non è vero? Con uno degli zenador e le due biologistas in famiglia. Davvero prestigioso, eh? Così tutti guardavano dall’altra parte quando papà si ubriacava come una bestia, e poi tornava a casa e picchiava mamma fino a lasciarla svenuta in terra!
— Tappati la bocca! — ringhiò Quim.
— Ela… — disse Miro.
— E tu, Miro, che tacevi quando papà ti urlava insulti spaventosi e osceni, finché dovevi scappare di casa. Scappare! Correre via nel buio come un cieco, inciampando in…
— Non hai nessuno diritto di dire questo a un estraneo! — gridò Quim.
Olhado balzò in piedi nel mezzo della stanza, fissandoli tutti con i suoi occhi inumani. — Perché volete ancora nasconderlo? — disse a bassa voce.
— Lui cos’è per te? — chiese Quim. — Non ha mai fatto niente per te. Spegni i tuoi dannati occhi e vattene al tuo terminale a sentire Bach o qualche altra cosa, che è meglio.
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