Orson Card - Il riscatto di Ender

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Il riscatto di Ender: краткое содержание, описание и аннотация

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Ricordate Andrew “Ender” Wiggins, l’eccezionale bambino che in Il gioco di Ender aveva portato l’umanità alla vittoria sugli invasori alieni con la sua genialità militare e la sua incredibile abilità nella guida dei computer della flotta terrestre?
Ora, in questo Il riscatto di Ender, Orson Scott Card riprende il racconto di Ender Wiggins. La prima guerra con gli alieni è ormai finita da più di tremila anni, ma sulla remota colonia di Lusitania, un pianeta colonizzato dai brasiliani e abitato quindi da terrestri di cultura cattolica e lingua portoghese, una nuova terribile minaccia incombe sull’esistenza degli umani. Come per gli insettoidi alieni che avevano attaccato la Terra, anche qui la minaccia aliena è strana e incomprensibile nel suo modo di agire ma sempre micidiale. E ancora una volta toccherà a Ender Wiggins, “colui che parla per i morti”, trovare il coraggio di affrontare il mistero e la verità.
Vincitore del premio Nebula per il miglior romanzo in 1986.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1987.

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Così non aveva rivelato a nessuno che lei esisteva. Finché poi, ad un tratto, frugando sugli scaffali della sua biblioteca come avrebbe potuto fare casualmente un essere umano, non aveva trovato La Regina dell’Alveare e l’Egemone , e in lei era nata la certezza che l’autore di quel libro era l’uomo a cui avrebbe potuto osare rivelarsi. Con i suoi mezzi non le era stato difficile seguire la storia di quel libro fino alla prima edizione, e dare un nome al suo autore. L’ansible stesso aveva diramato quell’opera, in un tempo lontano, dal pianeta che per primo l’umanità aveva colonizzato, e il cui governatore, neppure ventenne, era Ender. E chi poteva mai averla scritta se non lui? Lo aveva cercato, gli aveva parlato, e fra molte esitazioni e sotterfugi per non essere scoperta gli era diventata amica. Più che amica. E soprattutto c’era stato quel fatto nuovo: qualcuno che le rispondeva. Adesso l’ansible la portava anche nella piccola gemma che lui aveva nell’orecchio, ed erano sempre insieme, ovunque. Jane gli aveva mostrato il volto che aveva, per anni, immaginato fosse il suo volto. Non aveva segreti per lui. E Ender non ne aveva per lei.

— Ender — mormorò, pensosa, — fin dai primi giorni che ti conobbi, mi dicesti che stavi cercando un pianeta dove ci fosse acqua, caldo solare ed aria per un certo bozzolo, affinché potesse aprirsi e dare alla luce la Regina dell’Alveare e diecimila uova fertili.

— Speravo che avrebbe potuto essere qui — disse Ender. — Un territorio quasi tutto deserto, poca popolazione, un’ottima fascia equatoriale. Anche lei vorrebbe tentare.

— E tu non sei d’accordo?

— Non credo che gli Scorpioni sopravviverebbero agli inverni di Trondheim. Non senza una sorgente d’energia. E questo metterebbe sull’avviso il governo. Non andrebbe bene.

— Non andrà mai bene, Ender. Ora cominci a rendertene conto, vero? Hai abitato su ventiquattro dei Cento Mondi, e non hai trovato un solo angoletto sicuro per ridare la vita agli Scorpioni.

Ender sapeva dove lei voleva andare a parare. Lusitania sembrava l’unico posto possibile. Grazie alla presenza dei maiali tutto il pianeta, salvo una minuscola porzione, era off limits, intoccabile. E l’ambiente era quantomai abitabile. Più adatto agli Scorpioni, in realtà, che agli esseri umani.

— Il solo problema sono i maiali — disse Ender. — Avrebbero ogni diritto di obiettare alla mia decisione di dare il loro mondo agli Scorpioni. Se un intenso contatto con la civiltà umana snaturerebbe i maiali, pensa a cosa accadrebbe con gli Scorpioni in mezzo a loro.

— Tu hai detto che gli Scorpioni hanno imparato. Hai detto che non farebbero del male a nessuno.

— Non deliberatamente. Ma è stato solo per un colpo di fortuna che li abbiamo sconfitti. Tu lo sai, Jane.

— È stato il tuo genio.

— Loro sono ancora più progrediti di noi. Come se la caverebbero i maiali? Potrebbero essere spaventati dagli Scorpioni come lo siamo stati noi, e ciò li renderebbe ancor meno capaci di trattare con loro.

— Cosa te lo fa credere? — chiese Jane. — Come puoi tu, o chiunque altro, dire come reagirebbero i maiali? Non lo saprai finché non sarai andato là, per conoscerli. Se sono soltanto varelse, Ender, potrai lasciare che gli Scorpioni usino il loro habitat e questo non sarà diverso dal mandare al pascolo pecore e antilopi sullo stesso prato.

— Sono ramans — la corresse Ender.

— Questo non lo sai.

— Sì che lo so. La tua simulazione… non hanno torturato l’uomo.

— Ah, no? — Jane gli mostrò di nuovo le immagini simulate del corpo di João Figueira poco prima del momento della morte. — Se è così, vuol dire che non capisco il mondo,

— Per quest’uomo dev’essere stata una tortura, Jane. Ma se la tua ricostruzione è accurata (e so che lo è, ragazza mia) lo scopo dei maiali non era di farlo soffrire.

— Da quel che so della natura umana, Ender, anche i vostri riti religiosi contengano il seme del dolore.

— Qui non si tratta di religione. Non del tutto, comunque. Se fosse stato soltanto un sacrificio agli Dei, c’era qualcosa di sbagliato.

— Cosa ne sai tu di questo? — Sul terminale comparve la faccia di un sussiegoso scienziato, l’archetipo dell’accademico con i paraocchi. — Tu hai avuto un’educazione esclusivamente militare, e in più un certo dono per l’uso della parola. Hai scritto un bestselier da cui è nata una religione umanistica… ma questo fa di te un esperto sui maiali?

Ender chiuse gli occhi, — Forse mi sbaglio.

— Ma credi di aver ragione, vero?

Dalla voce s’accorse che lei aveva riportato il suo volto sul terminale. Riaprì gli occhi. — Io posso soltanto dare ascolto al mio intuito, Jane, al giudizio che prende forma senza un’analisi. Non so quel che stessero facendo i maiali, però c’era uno scopo. Non malvagio, non feroce. Erano come medici al lavoro per salvare la vita di un paziente, non torturatori che cercassero di strappargliela.

— Io ti conosco — mormorò Jane. — Ti conosco meglio di quello che credi. Tu devi andare a vedere se la Regina dell’Alveare può vivere là, protetta dalla quarantena parziale già in vigore sul pianeta. Ciò che vuoi è andare là, per scoprire se riesci a capire chi sono i maiali.

— Anche se tu avessi ragione, Jane, non posso andarci — borbottò Ender. — L’immigrazione in quella colonia è rigidamente limitata, e inoltre io non sono cattolico.

Jane roteò gli occhi. — Sarei qui a insistere tanto, se non sapessi in che modo ci puoi arrivare?

Un’altra faccia apparve. Era quella di una fanciulla, ma niente affatto innocente e dolce come Jane. La sua espressione era fredda e dura, negli occhi le brillava uno sguardo penetrante, e aveva le labbra strette nella smorfia rigida di chi ha dovuto imparare a vivere nella dura morsa della sofferenza. Non dimostrava neppure diciott’anni, ma su quel volto sembrava esserci una vita intera.

— La xenobiologa di Lusitania: Ivanova Santa Catarina von Hesse. Chiamata Nova, o Novinha. Ha chiesto l’intervento di un Araldo dei Defunti.

— Perché ha quell’espressione? — domandò lui. — Cosa le è successo?

— Ha perso i genitori quand’era una bambina. Ma negli ultimi anni ha amato come un padre un altro uomo. Quello che è stato ucciso dai maiali. È per parlare della sua vita e della sua morte che chiede i tuoi servizi di Araldo.

Osservando quel viso Ender dimenticò le sue preoccupazioni per la Regina dell’Alveare e per i maiali. Riconosceva l’angoscia da adulto dipinta nello sguardo di un fanciullo. L’aveva già vista durante le ultime settimane della Guerra contro gli Scorpioni, quand’era stato spinto oltre i limiti della sopportazione, giocando battaglia dopo battaglia in un gioco che non era un gioco. L’aveva vista dopo la conclusione della guerra, allorché aveva scoperto che quelle sedute di addestramento non erano affatto un addestramento, e che tutte le simulazioni erano state realtà, perché lui aveva comandato le flotte di astronavi terrestri via ansible. Quel giorno, quando gli era stato detto che aveva appena sterminato l’intera razza degli Scorpioni, quando aveva capito quale genocidio era stato commesso sotto il suo comando strategico, si era guardato allo specchio e la faccia che aveva visto era stata quella, esausta per un senso di colpa troppo pesante da sopportare.

Cosa accadeva a questa ragazza? Cos’aveva fatto Novinha di tanto grave da riempirla di una simile angoscia?

Ascoltò in silenzio mentre Jane gli recitava i fatti principali della vita di lei. Si trattava di dati ufficiali, scarni, ma non per nulla Ender era un Araldo dei Defunti. Il suo genio, o la sua maledizione, era la capacità di estrapolare delle vicende là dove un altro avrebbe visto soltanto dei fatti. Questo aveva fatto di lui un brillante stratega militare, sia nel guidare i suoi uomini — ragazzi come lui, in realtà — sia nel prevedere ogni mossa del nemico. E ciò significava anche che dai nudi eventi della vita di Novinha riusciva a intuire — no, non a intuire, a sapere — come la morte dei genitori e una risolutezza monacale avessero isolato Novinha, e come la volontà di subentrare nel posto occupato dai genitori avesse irrigidito la sua solitudine. Sapeva cosa c’era dietro il fatto, notevole, d’essere riuscita così precocemente a ottenere la qualifica di xenobiologa. E sapeva anche cos’avessero significato per lei l’affetto e il quieto appoggio di Figueira, e quanto profondo fosse il suo bisogno dell’amicizia di Libo. Su Lusitania non c’era un’anima che conoscesse davvero quella ragazza. Ma lì, in una caverna di Reykjavik, sul gelido mondo di Trondheim, Ender Wiggin la conobbe, e la amò, e pianse lacrime silenziose pensando a lei.

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