Novinha fece l’unica cosa che le era rimasta: mise tutte quelle informazioni sotto strati e strati di accorgimenti protettivi, chiudendole dietro ogni codice d’accesso che riuscì a escogitare. Nessun altro che lei avrebbe potuto più disporne, finché fosse vissuta. Soltanto prima di morire avrebbe consentito allo xenobiologo destinato a succederle di prenderne visione. Con un’eccezione: quando si fosse sposata, suo marito avrebbe potuto visionare tutto quel materiale, purché dimostrasse che ciò era necessario. Ma lei non si sarebbe mai sposata. Le appariva talmente improbabile.
Immaginò il futuro che ora l’attendeva: antipatica, incolore, insopportabile. Non osava cercare la morte, e tuttavia sarebbe stata incapace di vivere davvero, di sposarsi, forse perfino di pensare al suo lavoro senza la costante paura di scoprire quel segreto mortale e lasciarselo inavvertitamente sfuggire. Per sempre sola, per sempre isolata, per sempre oppressa dalla colpa, desiderosa di morire e costretta a vivere. Tuttavia una consolazione l’avrebbe avuta: nessun altro sarebbe mai morto a casa sua. Non ce l’avrebbe fatta a sopportare una colpa maggiore di quella che già le pesava addosso.
Fu in quel momento di cruda e fredda disperazione che nei suoi pensieri tornarono La Regina dell’Alveare e l’Egemone , e l’Araldo dei Defunti. Anche se il primo Araldo, colui che aveva scritto quella storia, era sicuramente nella tomba da migliaia d’anni, c’erano Araldi su moltissimi pianeti, al servizio di gente che pur non avendo fede in nessun Dio credeva nel valore e nella vita degli esseri umani. Araldi la cui opera consisteva nello scoprire i reali scopi per cui le persone avevano vissuto, e nel testimoniare la verità della loro vita allorché venivano sepolte. In quella colonia di cultura brasiliana c’erano preti invece di Araldi, ma un prete non le avrebbe dato alcun conforto. Quello che lei voleva lì era un Araldo.
Non lo aveva mai detto a se stessa così chiaramente, eppure l’aveva desiderato per tutta la vita, fin da quando nel leggere il libro era stata ammaliata dalla Regina dell’Alveare e dall’Egemone. Era ricorsa a sotterfugi per procurarselo, perciò conosceva la legge. Quella era una colonia sotto l’influenza della Chiesa Cattolica, ma il Codice Starways consentiva ai cittadini di richiedere la presenza di sacerdoti di qualunque religione, e gli Araldi dei Defunti erano considerati sacerdoti. Avrebbe potuto diramare una chiamata, e se un Araldo avesse scelto di venire la colonia sarebbe stata obbligata ad accoglierlo.
Forse nessun Araldo avrebbe avuto voglia di viaggiare fin lì. Forse non ce n’erano di abbastanza vicini da arrivare prima che lei fosse morta di vecchiaia. Ma esisteva la possibilità che uno di essi, partendo subito — e giungendo lì dopo venti, trenta o quarant’anni in tempo oggettivo della colonia — volesse esaminare la verità della vita e della morte di Pipo. E forse, quando avesse scoperto quella verità per proclamarla con la chiarezza intellettuale che lei aveva amato nella Regina dell’Alveare e l’Egemone , forse questo l’avrebbe liberata dal senso di colpa che le raggelava il cuore.
Inserì la chiamata nel terminale. Il computer l’avrebbe fatta pervenire via ansible agli Araldi dei mondi più vicini. Ti prego, vieni , disse in silenzio allo sconosciuto che stava già ascoltando quel messaggio. Anche se dovrai rivelare a tutti la verità sulla mia colpa. Anche se sarà così, vieni.
Si svegliò con un noioso dolore alla schiena e la sensazione d’avere la faccia rigida come una suola di scarpa. La sua guancia destra poggiava sul terminale del computer, che s’era spento per proteggerle la pelle dal contatto con gli interruttori-laser. Ma non era stato il dolore a destarla. Qualcuno la stava toccando su una spalla. Per un attimo credette che fosse l’Araldo dei Defunti, già arrivato in risposta al suo appello.
— Novinha — le fu sussurrato all’orecchio. Non dal Falante pelos Muertos, ma da qualcun altro. Qualcuno che le era parso di veder sparire nella tempesta la sera prima.
— Libo — mormorò, e fece per alzarsi. Troppo in fretta: le girava la testa, e le gambe le si piegarono. Mandò un gemito, mentre lui la afferrava per impedirle di cadere.
— Non ti senti bene?
Il respiro di Libo le sembrò dolce sul viso come la brezza di un giardino amato, e si sentì sicura, a casa. — Sei venuto a cercarmi.
— Novinha, sono venuto appena ho potuto. Mamma si è addormentata soltanto poco fa. Con lei c’è mio fratello, e l’Arbitro pensa al resto, e…
— Dovresti sapere che io so badare a me stessa — disse lei.
Libo la fissò in silenzio, poi la sua voce si fece rigida, disperata e stanca come la vecchiaia e l’entropia e la morte delle stesse stelle. — Dio mi perdoni, Ivanova, ma non sono qui per prendermi cura di te.
Dentro di lei una porta si chiuse di scatto. Non aveva saputo quale fosse la sua speranza finché non l’aveva perduta.
— Tu hai detto che Papà ha scoperto qualcosa in una tua simulazione. E che si aspettava che io riuscissi a capirla da solo. Credevo che avessi lasciato la simulazione sul terminale, ma quando sono tornato alla Stazione non c’era più.
— Non c’era?
— Tu sai che era lì, Nova. E nessuno, a parte te, avrebbe potuto cancellare il programma. Devo vederla.
— Perché?
Lui la fissò, incredulo. — Sarai anche stordita dal sonno, Novinha, ma devi pure aver capito che qualunque cosa Papà abbia scoperto nella tua simulazione è stato per questo che i maiali l’hanno ucciso.
Lei piantò gli occhi nei suoi, e non disse nulla. Non era la prima volta che Libo le vedeva quello sguardo di fredda determinazione.
— Perché non vuoi farmela esaminare? Adesso lo zenador sono io , e ho diritto di sapere.
— Tu hai il diritto di visionare tutti i fascicoli e la documentazione di tuo padre. E non hai il diritto di sapere niente che io non intenda rendere pubblico.
— Allora metti questi dati a disposizione del pubblico.
Di nuovo lei si limitò a fissarlo in silenzio.
— Come possiamo sperare di conoscere i maiali, se non sappiamo cos’è che Papà ha scoperto su di loro? — La ragazza non rispose. — Tu hai delle responsabilità verso i Cento Mondi, e verso il nostro desiderio di comprendere l’unica razza aliena ancora esistente. Come puoi startene seduta lì e… di che si tratta? Vuoi essere tu a scoprirlo? Vuoi essere la prima? Benissimo, sii la prima. Io stesso farò il tuo nome, Ivanova Santa Catarina von Hesse…
— Del mio nome non m’importa niente.
— Guarda che ho anch’io una carta da giocare. Tu non potrai scoprire niente senza quello che io so… e anch’io ti terrò nascosti i miei dati!
— Della tua documentazione non me ne importa niente.
Questo fu troppo per lui. — E allora di cosa t’importa? Cos’è che stai cercando di farmi? — La afferrò per le spalle e la sollevò di peso dalla sedia, scuotendola e gridandole in faccia: — È mio padre quello che hanno ammazzato là fuori, e tu devi dirmi perché l’hanno fatto! Tu sai cos’era quella simulazione! Ora dimmelo, fammela vedere!
— Mai — sussurrò lei.
Libo ebbe una smorfia agonizzante. — Perché no? — gemette.
— Perché non voglio che tu muoia.
Novinha vide la comprensione accendersi nei suoi occhi. Sì, Libo, è proprio così, è perché ti amo, è perché se i maiali capissero che conosci il loro segreto ucciderebbero anche te. Non m’importa niente della scienza, né dei Cento Mondi, né delle relazioni fra l’umanità e una razza aliena. Non m’importa niente di niente, purché tu resti vivo.
Due lacrime sgorgarono lente dagli occhi di lui, e gli scivolarono giù per le guance. — Vorrei morire — disse.
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