((Lusitania è ciò di cui abbiamo bisogno. Ed è al sicuro dagli esseri umani.))
Ma appartiene a un altro popolo. Non voglio distruggere i maiali per rimediare alla distruzione della tua gente.
((Loro non corrono alcun pericolo con noi. Non gli faremo del male. Dovresti conoscerci ormai, dopo tutti questi anni.))
So soltanto ciò che tu mi hai detto.
((Noi non sappiamo come si fa a mentire. Ti ho mostrato i nostri ricordi, la nostra anima.))
So che vorreste vivere in pace con i maiali. Ma loro riusciranno a fare lo stesso con voi?
((Portaci là. Abbiamo aspettato tanto tempo!))
Ender andò a raccogliere una grossa borsa da viaggio, un po’ malconcia, che giaceva aperta su uno scaffale. Poteva contenere tutto ciò che gli apparteneva in quella stanza: indumenti, abiti e pochi oggetti personali. Il resto erano cose che la gente gli aveva regalato per le sue elegie ai defunti, non sapeva se per onorare lui o le verità che aveva detto. Era roba che poteva esser lasciata lì. Non aveva abbastanza spazio nella sua borsa. La aprì e ne tolse fuori un grosso rotolo di stoffa, che depose sul tavolo e aprì con cura. I suoi occhi si posarono sulla robusta superficie fibrosa di un bozzolo, spesso quindici centimetri nel punto più largo.
((Sì, guardami.))
Aveva trovato quel bozzolo ad attenderlo, pronto per lui, dopo esser divenuto governatore della prima colonia stabilita dagli uomini su un ex mondo degli Scorpioni. Prevedendo la loro distruzione, consci che Ender sarebbe stato un invincibile avversario, essi avevano costruito sulla superficie di quel pianeta uno schema architettonico che avrebbe avuto un significato soltanto per lui, poiché era stato tolto telepaticamente dai suoi stessi sogni. Il bozzolo, con la sua indifesa ma vigile Regina addormentata, era stato posto nella torre di un castello dove, in quei sogni, Ender era andato alla ricerca di un enigma. — Hai atteso anni perché io ti trovassi — mormorò. — E poi ancora qualche anno, da quando ti ho tolto dal mio mondo dello specchio.
((Qualche anno? Ah, sì, per la tua mente sequenziale che non nota il passaggio degli anni, quando viaggi alla velocità della luce. Ma io l’ho notato. Il nostro pensiero è istantaneo, ricordi? Come l’ansible, esso non è legato alla struttura dello spazio. Io ho conosciuto ogni momento di questi tremila anni.))
— Ho mai trovato un posto che fosse buono per voi?
((Io ho diecimila uova fertili che aspettano di vivere.))
— Forse Lusitania si rivelerà adatto. Non lo so.
((Riportaci alla vita!))
— Ci sto provando. — Per che altro motivo credi che io abbia vagato di mondo in mondo tutti questi anni, se non per cercarti una casa?
((Presto presto presto presto!))
Devo trovare un luogo dove la mia razza non ti uccida nello stesso momento in cui apparirai. Voi abitate ancora gli incubi degli uomini. Non molta gente crede davvero nel mio libro. Possono condannare Ender lo Xenocida, ma rifarebbero la stessa cosa.
((In tutta la nostra vita, tu sei stato l’unica creatura che noi abbiamo conosciuto, a! di fuori della nostra razza. Non abbiamo mai dovuto essere comprensivi, perché fra noi c’era la comprensione totale. Ora tutti noi siamo chiusi in una singola identità, e tu sei i nostri occhi, le nostre braccia, le nostre gambe. Perdona la nostra impazienza.))
Lui rise. Io devo perdonare te?
((Voi umani siete strani. Noi conosciamo la verità. Noi sappiamo chi ci ha distrutto, e non sei stato tu.))
Sono stato io.
((Tu eri uno strumento.))
Sono stato io.
((Quando l’hai fatto, ti avevamo già perdonato.))
Il giorno in cui camminerai sulla superficie di un mondo azzurro, soltanto allora io sarò perdonato.
CAPITOLO QUINTO
VALENTINE
Oggi mi sono lasciato sfuggire che Libo è mio figlio. Soltanto Bark mi ascoltava, ma da lì a un’ora tutti i maiali lo sapevano. Si sono riuniti intorno a me, e Salvagem mi ha chiesto se era vero, se sul serio io ero «già» un padre. Poi Salvagem ha messo le mani di Libo nelle mie. D’impulso ho abbracciato il ragazzo, e loro hanno emesso quello schioccante suono che indica sbalordimento e, credo, anche paura. Da quell’istante ho potuto veder che il mio prestigio fra loro era considerevolmente aumentato.
La conclusione è inevitabile. I maiali che abbiamo finora conosciuto non sono un’intera comunità, o forse neppure tipici maschi. Sono un gruppo di giovani tutti sulle soglie dell’età matura. Nessuno di loro ha mai messo al mondo un figlio. Nessuno di loro, per quel che ne abbiamo capito, si è mai neppure accoppiato.
Nelle società umane non ci sono esempi in cui gruppi di giovani maschi si riuniscono in una piccola comunità di fuoricasta, senza potere né prestigio. Non fa meraviglia che parlino delle femmine con quel bizzarro miscuglio di adorazione e disprezzo, un momento prima non osando prendere una decisione senza il loro consenso, e un minuto dopo dicendoci che le donne sono troppo stupide per capire qualcosa, o sono varelse. Finora avevo preso alla lettera queste affermazioni, costruendomi un’immagine mentale delle femmine come un branco di creature animalesche e sciocche. Avevo creduto che i maschi le consultassero un po’ come consultano i loro alberi, interpretando i loro grugniti a mo’ di oracolo, quasi divino ma non più senziente degli intestini di un animale sacrificale.
Ora invece capisco che le femmine sono con ogni probabilità intelligenti quanto i maschi, e per nulla varelse. Le dichiarazioni sprezzanti dei maschi emergono dal loro risentimento di giovani non iniziati, esclusi dai procedimenti riproduttivi e dalle strutture di potere della tribù. I maiali sono stati cauti nei nostri confronti quanto noi nei loro: non ci hanno lasciato contattare né le femmine né i maschi che detengono un potere reale. Eravamo convinti di esplorare il cuore della loro società. Invece, metaforicamente parlando, ci aggiravamo nella loro fogna genetica, fra maschi i cui geni non sono stati ritenuti adatti a procreare nella tribù.
Ma non credo che questo sia esatto. I maiali da me conosciuti sono tutti brillanti, svegli, prontissimi nell’apprendimento. Così svegli che hanno imparato da me molte più cose sulla società umana (casualmente o inevitabilmente) di quante io non ne abbia apprese sulla loro dopo anni di studio. Se questi sono i fuoricasta, allora non posso che augurarmi di poter conoscere un giorno le «mogli» e i «padri».
Nel frattempo non posso fare alcun rapporto ufficiale su questo, perché, lo volessi o meno, ho evidentemente violato la legge. Poco importa che nessuno sarebbe mai riuscito a impedire ai maiali di imparare da noi. Ed è inutile far notare che la legge è sciocca e improduttiva. L’ho certo violata, e se lo si scoprisse mi verrebbe proibito di avere altri contatti con i maiali, il che sarebbe indubbiamente peggio del «contatto minimo» a cui ora siamo costretti. Dunque sono costretto a stratagemmi e antipatici sotterfugi, tipo il registrare queste note nel computer privato di Libo, dove neppure la mia cara moglie penserebbe mai di cercarle. Soltanto qui ho posto l’informazione, assolutamente vitale, che i maiali da noi studiati sono tutti giovani fuoricasta. E a causa delle leggi in vigore non oso lasciare che essa venga in possesso di altri xenologi framlings. Olha bem, gente, aqui està: A ciência, o bicho que se devora a si mesma! (State attenti, gente, eccola qui: La scienza, la sciocca bestia che si divora da sola!)
João Figueira Alvarez,
Note Segrete , pubblicate da Demostene in «Gli xenologi di Lusitania, Tradimento e Integrità» su
Reykjavik Historical Perspectives , 4.1.1990
Il suo addome era teso e rigonfio, ma c’era ancora un mese prima che Valentine desse alla luce la bambina, sua figlia. Essere così voluminosa e goffa era una perpetua seccatura. Prima d’allora, ogni volta che si accingeva a portar fuori una classe per il söndring di storia, era stata capace di lavorare al carico del materiale sul vascello. Adesso doveva affidarsi in tutto e per tutto ai marinai di suo marito, e non poteva neppure andare avanti e indietro per controllare una cima o fissare meglio un contenitore. Il comandante aveva le sue idee su come stivare il carico per equilibrare la nave e… be’, doveva ammettere che lo faceva bene. Naturalmente. Non era stato forse il comandante Räv a insegnare a lei , la prima volta che era uscita in mare? Ma a Valentine non piaceva vedersi segregata nel ruolo di spettatrice.
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