— Mostrami come agisce nelle cellule aliene.
Novinha rimise in movimento la simulazione.
— No, non solo il materiale genetico. L’intera struttura cellulare.
— Si trova soltanto nel nucleo — disse lei. Allargò il campo olografico per introdurre maggiori varianti. Il computer rallentò l’operazione, poiché stava considerando milioni di schemi casuali di materiale nucleico al secondo. Nella cellula di canna, mentre la spirale genetica si «scollava» parecchie grandi proteine ambientali andavano a collegarsi alle due trecce staccate. — Negli esseri umani il DNA reagisce e cerca di ricombinarsi, ma è ostacolato dalle strutture proteiche circostanti che si interpongono con collegamenti casuali, cosicché le cellule «impazziscono» l’una dopo l’altra. A volte sviluppano mitosi di tipo cancerogeno, e a volte muoiono. Ma il fatto più indicativo è che nel corpo umano l’agente della Descolada riesce a riprodursi a velocità folle, saltando da una cellula all’altra. Invece in ogni essere vivente di Lusitania esso esiste già, in uno stato apparentemente pre-selettivo.
Ma Pipo quasi non ascoltava le sue parole. La simulazione gli stava mostrando il descolador all’opera sulla cellula di canna, e quando il materiale genetico si fu separato esaminò più volte le due trecce. — Non è solo pre-selettivo… è lo stesso — disse. — È la stessa cosa!
Novinha non aveva visto subito ciò che l’uomo aveva notato. Cos’era lo stesso di cosa? Ma non ebbe il tempo di chiederglielo. Pipo balzò via dalla sedia, afferrò l’impermeabile e un attimo dopo era alla porta. Fuori stava piovigginando. Sulla soglia si volse. — Dì a Libo che non si proccupi di raggiungermi. Mostragli quella simulazione, invece, e vediamo cosa ci può capire lui prima che io sia di ritorno. Questa è la risposta alla grande domanda. La risposta a tutto.
— Me la dica!
Lui rise. — Non imbrogliare. Te la dirà Libo, se non riuscirai a vederla da sola.
— Dove sta andando?
— A chiedere ai maiali se ho ragione, naturalmente! Ma so di averla, anche se finora mi hanno raccontato un sacco di bugie. Se non mi vedete tornare fra un’ora, vuoi dire che sono scivolato sotto la pioggia e mi sono rotto una gamba.
Libo non ebbe modo di visionare la simulazione. Il comitato per la pianificazione prolungò la riunione di quel pomeriggio per discutere sull’eventualità di allargare le zone adibite a pascolo, e uscito dal municipio il ragazzo dovette pensare ai rifornimenti di viveri per quella settimana. Quando rientrò alla Stazione erano trascorse quattro ore dall’uscita di Pipo, s’era quasi fatto buio, e la pioggia si stava mutando in nevischio. I due ragazzi andarono fuori a cercarlo, spaventati e preoccupati al pensiero di dover esplorare per ore nella boscaglia.
Lo trovarono fin troppo presto. Il corpo di Pipo era già semisepolto dalla neve. I maiali non avevano neppure piantato un albero dentro di lui.
CAPITOLO SECONDO
TRONDHEIM
Gentile signore,
sono spiacente di non averle potuto fornire maggiori dettagli circa le usanze di corteggiamento e matrimoniali degli aborigeni lusitani. Immagino che ciò debba averla disturbata davvero molto, se lei si è sentito in dovere di chiedere ufficialmente alla Società Xenologica di esautorarmi per non aver collaborato alle sue ricerche.
Quando sento dei cosiddetti xenologi lamentare che io non ricavo sufficenti dati dall’osservazione dei pequeninos, sono solito invitarli a rileggersi le limitazioni che mi vengono imposte dalla legge. Mi viene permesso di condurre non più di un assistente durante le mie visite in loco; non posso fare domande da cui sia possibile estrapolare i comportamenti umani, affinché essi non cerchino di imitarci; non posso dare informazioni esemplificatrici per ottenere risposte su comportamenti paralleli o supposti tali; non posso restare con loro per più di quattro ore ogni volta; a parte i miei vestiti, non posso usare in loro presenza prodotti tecnologici tipo telecamere, registratori, computer, e neppure una semplice penna fatta a mano per scrivere su un foglio fatto a mano; non posso osservarli quando e dove essi non me lo consentono esplicitamente.
In breve: non sono in grado di dirle come i pequeninos si riproducono, poiché non hanno mai deciso di farlo in mia presenza.
È chiaro che le sue ricerche ne soffrono! È evidente che le nostre conclusioni sui pequeninos risultano assurde! Se dovessimo esaminare la sua università sottoposti alle stesse limitazioni che abbiamo con l’esame degli aborigeni lusitani, senza dubbio finiremmo per concludere che gli esseri umani non si riproducono, non formano gruppi familiari, e dedicano l’intera esistenza a completare un circolo di metamorfosi dove gli studenti-larve si mutano in professori-adulti. Potremmo perfino arrivare a supporre che gli insegnanti esercitino un notevole potere nella società umana. Un’indagine effettiva mostrerebbe subito l’inadeguatezza di tali conclusioni… ma per quanto riguarda i maiali un’indagine effettiva non è permessa e neppure teoricamente contemplata.
L’antropologia non è mai stata una scienza esatta; l’osservatore non partecipa mai di una certa cultura come chi ne fa parte. Ma questi limiti sono inerenti alla stessa natura dell’antropologia. Sono i limiti artificiali quelli che ostacolano noi e, attraverso di noi, anche lei. Al ritmo con cui oggi il contatto procede, faremmo prima a mandare ai pequeninos dei questionari per posta e poi attendere che essi sviluppino un sistema postale e ci rispondano.
João Figueira Alvarez. Lettera a Pietro Guatannini, dell’Università di Sicilia, Campus Milano, Etruria. Pubblicata postuma in
Studi Xenologici , 22.4.1949
La notizia della morte di Pipo non poteva essere d’importanza locale. Fu trasmessa istantaneamente, via ansible, a tutti i Cento Mondi. I primi alieni scoperti dal tempo di Ender lo Xenocida avevano torturato e ucciso il solo essere umano designato a osservarli. Da lì a poche ore scienziati, militari e politicanti recitavano i loro ruoli davanti alle telecamere dei giornalisti.
Un’opinione comune non tardò a emergere. Un incidente, accaduto in circostanze poco comprensibili, non bastava a dimostrare che la politica della Federazione Starways verso i maiali era fallita. Al contrario, il fatto che fin’allora si lamentasse la perdita di un solo essere umano ribadiva la saggezza del contatto basato sull’intervento minimo. Di conseguenza non si sarebbe presa alcuna misura, eccetto quella di rallentare ancor di più il lavoro di osservazione. Il successore di Pipo ebbe ordine di visitare i maiali non più spesso di una volta ogni due giorni, e mai per oltre un’ora ogni volta. Non dovevano esser poste domande sullo xenologo, né su ciò che gli avevano fatto. La politica fondata sull’assenza di attività fu dunque rinforzata.
Vi fu anche molta preoccupazione per il morale della gente trasferitasi su Lusitania. Alla colonia furono inviati, via ansible, programmi d’intrattenimento creati apposta per l’occasione e non poco costosi, per contribuire a distogliere la loro mente dal lutto che li aveva colpiti.
E infine, dopo aver fatto tutto ciò che pensavano di dover fare per i framlings di Lusitania — i quali, dopotutto, si trovavano ad anni-luce da loro — i cittadini dei Cento Mondi tornarono alle più familiari preoccupazioni di casa propria.
Al di fuori di Lusitania un solo uomo, fra i trilioni che vivevano nei Cento Mondi, sentì che la morte di João Figueira Alvarez, detto Pipo, avrebbe causato un grande cambiamento nella sua vita. Andrew Wiggin era l’Araldo dei Defunti nella città universitaria di Reykjavik, famosa come luogo di conservazione della cultura Nordica e incuneata sui versanti rocciosi di un fiordo, dritto come la lama di un coltello, che tagliava il granito e il ghiaccio in una zona equatoriale del gelido mondo di Trondheim. Era primavera, le nevi si stavano sciogliendo, e l’erba e i fragili fiori cominciavano a far capolino per assorbire forza dal sole. Andrew sedeva presso il bordo scosceso di un’altura soleggiata, con intorno a sé una dozzina di studenti che si stavano occupando della storia della colonizzazione interstellare. Era pensieroso, e ascoltava con un orecchio solo i ragazzi discutere, in tono acceso, sul fatto se la schiacciante vittoria ottenuta nelle Guerre contro gli Scorpioni fosse stata o meno il necessario preludio all’espansione umana. Le discussioni su quell’argomento finivano sempre col degenerare in attacchi verbali contro Ender, il mostro umano che aveva comandato la flotta interstellare responsabile dello Xenocidio degli Scorpioni. E in quei casi la mente di Andrew vagava altrove. Non che quel soggetto lo annoiasse; d’altro canto preferiva evitare di concentrare la sua attenzione su di esso.
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