Isaac Asimov - Neanche gli dei

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Neanche gli dei: краткое содержание, описание и аннотация

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Contro la stupidaggine, neanche gli Dei possono nulla. Questo pessimistico giudizio che Friedrich von Schiller pronunciò nel 1802 è all’origine del più felice evento dell’anno fantascientifico 1972: il ritorno di Isaac Asimov al romanzo, dopo quasi quindici anni in cui non aveva più scritto che racconti. Il giudizio di Schiller ha infatti fornito ad Asimov:
a) lo spunto e il titolo del romanzo stesso;
b) la base per la scoperta del Pu 186, strabiliante isotopo al plutonio;
c) lo strumento indispensabile per l’esplorazione del Para-Universo
d) la possibilità di modificare ottimisticamente
le prospettive del nostro Universo (e di tutti gli altri Universi in cui dominano gli imbecilli) mediante l’aggiunta di un semplice punto interrogativo: Contro la stupidaggine neanche gli Dei possono nulla?
Vincitore del premio Nebula per il miglior romanzo in 1972.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1973.

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La constatazione lo sorprese. Non poteva negare che, dei suoi due congiunti, fosse Tritt quello che gli era più caro. In teoria i tre componenti la triade costituivano un’unità e ogni componente trattava gli altri due in modo esattamente uguale. Però lui non aveva mai conosciuto una triade in cui le cose stessero così, e meno che mai nelle triadi di coloro che proclamavano a gran voce di essere perfetti a tale riguardo. Di solito, invece, uno dei tre era lasciato un poco in disparte e se ne rendeva conto.

Non era quasi mai l’Emotiva, comunque. Le Emotive si sostenevano a vicenda, al di fuori della triade, in una misura che Razionali e Paterni non raggiungevano affatto. Il proverbio diceva, infatti: il Razionale ha il suo maestro e il Paterno i suoi bambini, ma l’Emotiva ha tutte le altre Emotive.

Le Emotive si scambiavano osservazioni e, se una di loro dichiarava di essere trascurata oppure la inducevano a dichiararsi tale, veniva rimandata a casa dopo un fitto cicaleccio di istruzioni: resta sulle tue, non cedere e, al contrario, pretendi! Dal momento, poi, che la riuscita della fusione dipendeva in gran parte dal suo comportamento, l’Emotiva veniva generalmente coccolata e blandita sia dal congiunto sinistride sia da quello destride.

Ma Dua era un’Emotiva così poco Emotiva! Sembrava non importarle che Odeen e Tritt fossero tanto intimi e non aveva nessun’amica tra le altre Emotive che glielo facesse notare. Era naturale, d’altra parte: era un’Emotiva pochissimo Emotiva.

Odeen l’amava. L’amava perché lei s’interessava al suo lavoro, l’amava perché se ne lasciava coinvolgere e perché era così sorprendentemente pronta a capire, ma il suo era un amore intellettuale. I suoi sentimenti più profondi erano per il serio, saldo, stupido Tritt, che sapeva stare tanto bene al proprio posto e che poteva offrire tanto poco, oltre a ciò che era effettivamente essenziale: la garanzia di una sicura e normale vita quotidiana.

Ma adesso Odeen si sentiva impaziente. Chiese: — Sai niente di Dua, Tritt?

Tritt non rispose direttamente. Disse: — Ho da fare. Ci vedremo dopo. Sono stato molto occupato.

— Dove sono i bambini? Sei uscito anche tu? Hai in te un senso di “fuori casa”.

Una nota d’irritazione comparve nella voce di Tritt. — I bambini stanno bene e sono beneducati. Sanno già abbastanza da poter vivere da soli nell’ambito della comunità. E poi, Odeen, non sono più tanto bambini! — Ma non negò l’aura di “fuori casa” che emetteva debolmente.

— Scusa. Sono solo ansioso di vedere Dua.

— Dovresti essere così più spesso — ribatté Tritt. — A me dici sempre di lasciarla andare, di lasciarla sola. Cercatela da te. — E se ne andò nei locali più interni della caverna di famiglia.

Odeen lo seguì con lo sguardo, sorpreso da quella reazione. In qualunque altro momento avrebbe seguito il suo congiunto destride per tentare di capire il motivo dell’insolito disagio che emergeva chiarissimo dalla sua naturale stolidità di Paterno. Chissà mai cos’aveva fatto Tritt?… Ma lui desiderava talmente vedere Dua e la sua ansietà aveva raggiunto un livello tale che lasciò andare Tritt.

L’ansietà, inoltre, acuì la sua sensibilità. Era con una specie di orgoglio perverso che i Razionali si vantavano della loro relativa mancanza di percezione, perché il senso percettivo non era una qualità della mente, bensì una caratteristica delle Emotive. In particolare Odeen, il più Razionale tra i Razionali, preferiva di gran lunga ragionare piuttosto che sentire, ma quel giorno estese più che poté il reticolo imperfetto della sua capacità percettiva, desiderando per un attimo essere un’Emotiva in modo da poterlo proiettare meglio e più lontano.

A ogni modo servì allo scopo. Dopo un po’ riuscì a captare Dua che si avvicinava a una distanza inusuale — per lui — e si affrettò ad andarle incontro. E proprio perché l’aveva sentita a tale distanza si accorse di quanto fosse rarefatta. Di solito non ci badava, ma Dua era soltanto una nebbiolina lieve e delicata, nient’altro.

…Tritt aveva ragione, pensò con improvvisa angoscia. Era indispensabile costringere Dua a mangiare e a fondersi. Era indispensabile ravvivare il suo interesse nella vita.

Era così concentrato in quel pensiero che, quando lei fluttuò nella sua direzione e praticamente lo avvolse tutto — senza badare al fatto che non erano in privato e che qualcuno poteva vederli — dicendo: — Odeen, devo sapere… devo sapere tante cose… — lui accettò il gesto come logica conseguenza della propria preoccupazione e non lo considerò nemmeno strano.

Si scostò un poco, con prudenza, tentando di assumere una posizione più decorosa senza farlo sembrare un moto di ripulsa. — Vieni — le disse. — Ti stavo aspettando. Chiedimi tutto quello che vuoi sapere. Cercherò di risponderti come meglio posso.

E si avviarono velocemente verso casa, con lui che accordava i propri movimenti al caratteristico ondeggiare delle Emotive.

Dua disse: — Parlami dell’altro universo. Perché sono diversi? In che cosa sono diversi? Racconta.

Lei non si rendeva conto di chiedere troppo. Odeen, invece, se ne rese conto. Si sentiva colmo di una sorprendente quantità di nozioni e fu sul punto di chiederle: “Come hai fatto a sapere qualcosa dell’altro universo, abbastanza da diventare tanto curiosa in proposito?”.

Represse la domanda: in fondo Dua proveniva dalla direzione in cui si trovavano le caverne dei Duri, e forse Losten gliene aveva accennato, dubitando che, nonostante i suoi consigli, lui fosse troppo orgoglioso della propria posizione per aderire alle richieste della sua congiunta mediana.

No, le cose non stavano così, pensò Odeen, serio. E lui non avrebbe chiesto spiegazioni a Dua. Le avrebbe semplicemente insegnato tutto.

Appena arrivati in casa, Tritt, indaffarato, andò loro incontro. — Se voi due dovete parlare, andate nella camera di Dua. Io ho da fare qua in giro. Devo assicurarmi che i bambini siano puliti e facciano esercizio. Non c’è tempo di fondersi adesso. No, niente fusione.

Né Odeen né Dua avevano la minima voglia di fondersi, in quel momento, ma nessuno dei due aveva nemmeno la minima voglia di disobbedire all’ordine di Tritt. La casa era il regno del Paterno. Il Razionale aveva le caverne dei Duri, giù nel profondo, e l’Emotiva i suoi posti di ritrovo, in superficie. Il Paterno aveva solo la sua casa.

Perciò Odeen disse: — Senz’altro, Tritt. Ce ne staremo fuori dai piedi.

E Dua estese, con un breve gesto affettuoso, una parte di sé e disse: — È bello vederti, destride caro. — (Odeen dubitò che in quella gentilezza vi fosse anche molto sollievo per non essere stata sollecitata a fondersi. A quel proposito Tritt esagerava sempre un tantino, persino più di quanto in media esagerassero gli altri Paterni.)

Una volta in camera sua, Dua si fermò a guardare il suo angolino privato di alimentazione, che di solito, invece, ignorava.

Era stata un’idea di Odeen. Sapeva che esistevano degli apparecchi per nutrirsi e, come aveva spiegato a Tritt, se a Dua non piaceva sciamare con le altre Emotive era possibilissimo convogliare l’energia del Sole dentro la loro caverna, in modo che potesse mangiare in casa.

Tritt ne era stato orripilato: erano cose che non si facevano, gli altri ne avrebbero riso, la triade ne avrebbe ricavato solo disonore. Ma perché Dua non si comportava come doveva?

— D’accordo, Tritt — aveva detto Odeen. — Ma Dua non si comporta come dovrebbe, perciò cosa costa accontentarla? È una cosa così tremenda? Mangerà per conto suo, metterà su un po’ di sostanza, ci farà felici e sarà più felice lei stessa, e forse alla fine imparerà a sciamare con le altre.

Allora Tritt aveva smesso di obiettare e poi anche Dua aveva accettato, dopo qualche discussione, ma aveva insistito che fosse un apparecchio semplicissimo. Di conseguenza si trattava unicamente di due aste verticali, che servivano da elettrodi, con un certo spazio in mezzo per Dua.

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