A Odeen non era mai importato che lei fosse un’Emo-Sin. Non l’aveva mai chiamata così, sebbene gli piacesse molto che lei s’interessasse al suo lavoro, gli piacessero le sue domande cui lui immancabilmene rispondeva, e gli piacesse anche il fatto che lei capiva le risposte. La difendeva sempre quando Tritt si mostrava geloso, be’, non proprio geloso, ma contrario, nella sua visione testarda e limitata del mondo, a tutto quanto riteneva inutile e inadatto alla triade.
Qualche volta Odeen l’aveva condotta alle caverne dei Duri, fiero della sua posizione e palesemente compiaciuto dell’impressione che suscitava in lei. E Dua ne era rimasta davvero impressionata, non tanto per la sua intelligenza e la sua immensa cultura, quanto per il fatto che Odeen era lieto di dividere con lei tutto quello che sapeva. (Ricordava bene l’aspra risposta del suo padre sinistride quell’unica volta che gli aveva fatto una domanda!) Non era mai stata così felice e lo aveva amato ancora di più, perché lui la rendeva partecipe della propria vita… anche se quella era un’altra prova della sua diversità.
Forse era a causa di quella sua natura ibrida — le veniva da pensare sempre più spesso — che si sentiva ogni giorno più vicina a Odeen mentre si allonanava da Tritt, e trovava sempre più insopportabile l’insistenza del secondo. Odeen non le aveva mai accennato, nelle sue spiegazioni, a niente del genere, ma forse Tritt la percepiva vagamente e, benché incapace di capirla, ne ricavava ugualmente un senso d’infelicità.
La prima volta che era andata in una caverna dei Duri, ne aveva udito due parlare tra loro. Allora non sapeva che parlassero, naturalmente. Aveva sentito una vibrazione nell’aria, rapidissima e mutevole, che si trasformava in uno spiacevole ronzio dentro di lei. Si era rarefatta e aveva lasciato che la vibrazione l’attraversasse.
Odeen aveva detto: — Stanno parlando. — Poi, anticipando la sua obiezione: — Nella loro maniera di parlare. Tra loro si capiscono.
Dua si era sforzata e aveva afferrato subito quel concetto. Era più che mai felice di riuscire a capire subito una cosa perché, tra l’altro, così rendeva contento Odeen. (Lui le aveva detto, una volta: “Tutti gli altri Razionali che conosco hanno un’Emotiva con la testa vuota. Io sono più fortunato”. Lei aveva ribattuto: “Ma agli altri Razionali le teste vuote piacciono molto. Perché tu sei diverso da loro, Odeen?”. Lui non aveva negato che agli altri piacessero le teste vuote, aveva detto solo: “Non ci ho mai pensato e non credo che sia una cosa tanto importante da pensarci sopra. Io sono molto contento di avere te, e contento di esserne contento”.)
Gli aveva chiesto: — Tu capisci il modo di parlare dei Duri?
— Non proprio — aveva risposto Odeen. — Posso sentire i cambiamenti abbastanza in fretta. Qualche volta percepisco la sensazione che provano per quello che stanno dicendo, anche senza capire le parole, soprattutto dopo che ci siamo fusi. Ma solo qualche volta. Percepire le sensazioni è in realtà una specialità delle Emotive, solo che, se mai ci si provasse, un’Emotiva non saprebbe dare un senso a quello che percepisce. Però, tu potresti.
Dua si era schermita. — Non posso, ne ho paura. Magari a loro non piace.
— Su, prova. Sono curioso. Vedi se riesci a dirmi di cosa stanno parlando.
— Davvero potrei?… Davvero?
— Sì, forza. Se ti scoprono e la cosa ti disturba, gli dirò che sono stato io a chiedertelo.
— Promesso?
— Te lo prometto.
Piuttosto nervosa, Dua si era estesa in direzione dei due Duri, ponendosi in uno stato di completa passività per facilitare l’afflusso delle sensazioni.
— Eccitazione! — aveva detto. — Sono eccitati. Per qualcuno nuovo.
Odeen aveva avanzato una supposizione: — Magari per Estwald.
Era stata la prima volta che Dua aveva sentito quel nome. — Questo è buffo.
— Che cosa?
— Ho la sensazione di un sole grande. Molto, molto grande.
Odeen aveva riflettuto. — Forse stanno parlandone.
— Ma come può esistere?…
In quel momento i Duri li avevano visti. Si erano avvicinati, accogliendoli amichevolmente, e li avevano salutati parlando alla maniera dei Morbidi. Dua era tremendamente imbarazzata, per timore che si fossero accorti che lei li aveva spiati, ma loro non avevano detto niente.
(In seguito Odeen le aveva raccontato che era inconsueto imbattersi in Duri che parlavano tra di loro, alla loro maniera. Di solito si sottomettevano alle richieste dei Morbidi e sospendevano sempre quello che stavano facendo quando arrivava un Morbido. “Ci vogliono molto bene” diceva Odeen. “Sono gentilissimi con noi.”)
Di tanto in tanto l’avrebbe portata ancora nelle caverne dei Duri, quasi sempre mentre Tritt era totalmente occupato con i bambini. E non si sarebbe fatto in quattro per dire a Tritt che l’aveva condotta con sé, per non provocare l’avvio di qualche predica sul fatto di viziare Dua e d’incoraggiarne la brutta abitudine di sfuggire il Sole e proprio per quello rendere così inefficace la fusione che… Era impossibile parlare con Tritt per più di cinque minuti senza che la fusione comparisse nel discorso.
Un paio di volte era scesa nelle caverne da sola. Aveva sempre provato un po’ di timore nel farlo, benché i Duri che incontrava fossero sempre amichevoli, sempre “gentilissimi”, come diceva Odeen. Ma si comportavano come se non la prendessero sul serio. Erano lieti, ma anche segretamente divertiti — questo lei lo percepiva con assoluta certezza — quando gli poneva qualche domanda. E le loro risposte erano lineari e non fornivano informazioni. “È una semplice macchina, Dua” dicevano. Oppure: “Fattelo spiegare da Odeen”.
Non era sicura di avere o no incontrato Estwald, dato che non aveva mai osato chiedere il nome dei Duri che le parlavano (tranne Losten, al quale Odeen l’aveva presentata e di cui le aveva raccontato moltissimo). Qualche volta aveva avuto l’impressione che questo o quel Duro fosse lui: Odeen ne parlava con grande rispetto e con un po’ d’invidia. Ma lei supponeva che fosse troppo impegnato in qualche lavoro di enorme importanza per trovarsi nelle caverne accessibili ai Morbidi.
E poi a poco a poco, mettendo insieme le informazioni che Odeen le dava, aveva scoperto che il mondo aveva uno spaventoso bisogno di cibo. Odeen, però, non lo chiamava mai “cibo”, lui diceva “energia” e le aveva spiegato che così lo chiamavano i Duri.
Il Sole stava indebolendosi e morendo, ma Estwald aveva scoperto come trovare altra energia molto lontano, ben più lontano del Sole e delle sette stelle che brillavano nel buio cielo della notte. (Odeen diceva che le sette stelle erano sette soli lontanissimi, e che esistevano molte altre stelle ancora più lontane e troppo deboli per essere viste. Tritt aveva sentito quella spiegazione e aveva chiesto a cosa serviva che quelle stelle esistessero, se non potevano essere viste, e che comunque lui non credeva a una sola parola. Odeen aveva replicato: “Ma insomma, Tritt” nel suo solito tono paziente, mentre lei era stata sul punto di dire qualcosa che somigliava molto a quello che aveva detto Tritt, ma poi non ne aveva fatto niente.)
Così adesso pareva che ci sarebbe stato un mucchio di energia, e per sempre. Un mucchio di cibo, cioè, per lo meno appena Estwald e gli altri Duri avessero imparato a dare alla nuova energia un gusto migliore.
Era stato solo pochi giorni prima che lei aveva detto a Odeen: — Ti ricordi, tanto tempo fa, quando mi hai condotta alle caverne dei Duri e io ho percepito i Duri e ti ho detto di aver avuto la sensazione di un grande sole?
Per un momento Odeen era rimasto perplesso. — Mi pare. Ma va’ avanti, Dua. Che cosa vuoi dirmi?.
— Ci ho pensato molto. È il grande Sole, la fonte della nuova energia?
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