Molto vagamente aveva visto Odeen avvicinarsi dall’altra parte, alla sinistra di Dua. E anche lui si stava rarefacendo.
Poi, come se tutte le scosse da contatto di tutto il mondo si fossero unite insieme, lui e Odeen si erano toccati. Ma non era stata per niente una scossa. Lui sentiva senza sentire, sapeva senza sapere. Era scivolato dentro Odeen e Odeen era scivolato dentro di lui. Non avrebbe potuto dire se era lui ad avvolgere Odeen, oppure Odeen ad avvolgere lui, o tutti e due insieme, o nessuno dei due.
Era soltanto… puro piacere.
Mentre l’intensità del piacere aumentava, i sensi si erano attutiti, e quando aveva raggiunto il punto in cui aveva creduto di non farcela più, i sensi erano svaniti tutti di colpo.
Alla fine si erano separati e si erano fissati in silenzio l’un l’altro. Erano rimasti fusi insieme per giorni e giorni. Naturalmente la fusione porta sempre via del tempo e, quanto meglio riesce, tanto più tempo dura. Eppure, quando è finita, tutto quel tempo sembra solo un istante e non si ricorda niente di niente. Così era successo alla loro triade. In seguito, però, raramente una fusione era durata tanto a lungo quanto quella prima volta.
Odeen aveva detto: — È stato meraviglioso.
Tritt, lui, aveva guardato Dua, che aveva reso possibile quella meraviglia.
Dua stava condensandosi, roteava su se stessa e tremolava tutta. Pareva la più sconvolta dei tre.
— Lo faremo ancora — aveva detto frettolosamente. — Ma più tardi, più tardi. Lasciate che vada, adesso.
Era scappata via e loro non l’avevano fermata. Erano troppo turbati per fermarla. Ed era sempre andata a quel modo, dopo. Subito dopo una fusione Dua scappava lontano. Non importava quanto bene fosse riuscita, lei si allontanava. Doveva avere qualcosa dentro di lei che la obbligava a starsene da sola.
Tritt se n’era preoccupato. In tutte le cose che contavano lei era differente dalle altre Emotive. Ma non avrebbe dovuto esserlo.
Odeen la pensava in modo diverso. Più di una volta aveva detto: — Perché non la lasci stare, Tritt? Lei non è uguale alle altre e questo significa che è migliore delle altre. Fondersi non sarebbe così bello, se lei fosse uguale alle altre. Tu vuoi i vantaggi senza dar niente in cambio?
Quella spiegazione Tritt non l’aveva mai capita bene. Lui sapeva solo che Dua doveva fare quello che andava fatto. Rispondeva: — Io voglio che lei faccia quello che è giusto.
— Lo so, Tritt, lo so. Ma lasciala stare da sola, ad ogni modo.
Odeen non aveva mai voluto che Tritt rimproverasse Dua per il suo strano modo di fare, anche se lui, invece, la rimproverava spesso. — Tu manchi di tatto, Tritt — gli diceva. Tritt, lui, non sapeva bene cos’era quel “tatto”.
E adesso… Era passato tantissimo tempo da quella prima fusione e ancora non avevano la piccola Emotiva. Quanto tempo ci sarebbe voluto? Ne era già passato fin troppo! E Dua, neanche a farlo apposta, se ne stava per conto suo sempre più spesso.
Tritt disse: — Dua non mangia abbastanza.
— A tempo debito… — cominciò Odeen.
— Tu parli sempre di tempo debito e di tempo non debito. Non hai mai trovato il tempo di avere Dua, tanto per cominciare. E adesso non trovi mai il tempo di avere la nostra bambina Emotiva. Dua dovrebbe…
Ma Odeen si allontanò. Disse solo: — Dua è là fuori, Tritt. Se vuoi andare fuori a prenderla, come se fossi il suo Paterno invece che il suo congiunto destride, fa’ pure. Ma io ti dico ancora: lasciala stare.
Tritt fece marcia indietro. Avrebbe avuto un mucchio di cose da dire, ma non sapeva come dirle.
In maniera remota e indistinta Dua percepì l’agitazione del suo sinistride nei suoi riguardi e il suo spirito di ribellione aumentò.
Se l’uno o l’altro, o tutti e due, fossero andati a prenderla, sarebbe finita con una fusione, e la sola idea la mandava su tutte le furie. Tritt non pensava che a quello, a parte i bambini; Tritt voleva solo quello, a parte il terzo e ultimo bambino; insomma, tutto quanto girava intorno ai bambini e a quello che ancora mancava. E, quando Tritt voleva una fusione, la otteneva.
Con la sua testardaggine Tritt dominava la triade. Si aggrappava alla sua semplice e unica idea e non mollava, finché Odeen e Dua erano costretti a cedere. Eppure, adesso lei non avrebbe ceduto. No, lei non avrebbe ceduto…
Non per questo si sentiva sleale nei loro confronti. Non pretendeva di provare per Odeen o per Tritt quel profondo e intenso desiderio che i due provavano l’uno per l’altro. Inoltre, lei poteva fondersi da sola, mentre loro erano in grado di farlo soltanto con la sua mediazione (e allora perché non la tenevano in maggior considerazione?). Nella fusione a tre provava un piacere intensissimo; era naturale e sarebbe stato sciocco negarlo, ma era un piacere simile a quello che provava quando passava attraverso una parete di roccia, come ogni tanto faceva, di nascosto. Per Tritt e Odeen, invece, quel piacere non era uguale a nient’altro che avessero sperimentato o potessero mai sperimentare in futuro.
No, un momento. Odeen provava un grande piacere a imparare, in quello che lui chiamava sviluppo intellettuale. Anche lei sentiva qualcosa del genere, a volte, abbastanza da capire che cosa volesse dire e, sebbene fosse molto diverso dalla fusione, forse serviva da sostituto b da consolazione, per lo meno quelle volte che Odeen doveva fare a meno della fusione.
Ma con Tritt era diverso. Per lui esistevano soltanto la fusione e i bambini. Solo quello. E, se la sua mente limitata si concentrava totalmente su quel pensiero, Odeen finiva sempre col cedere, e poi sarebbe toccato a lei.
Una volta si era ribellata. — Ma cosa succede quando ci fondiamo? Passano ore e ore, qualche volta dei giorni, prima che ne usciamo. Cosa succede durante quel periodo?
Tritt si era offeso. — È sempre così. È così che deve essere.
— A me non piace niente di quello che deve essere. Io voglio sapere il perché.
Odeen era imbarazzatissimo. Passava metà della vita a essere imbarazzato, lui! Aveva detto: — Andiamo, Dua. Deve essere così. Allo scopo di… dei bambini. — Si era messo a pulsare, come lo chiamava lui.
— Be’, non star lì a pulsare — aveva detto Dua, brusca. — Siamo adulti, adesso, e ci siamo fusi non so quante volte ormai, e sappiamo tutti che è così che possiamo avere bambini. Potresti anche dirlo, no? Ma perché occorre tanto tempo? È questo che chiedo.
— Perché è un procedimento complicato — aveva detto Odeen, sempre pulsando. — Perché consuma energia. Dua, occorre molto tempo per dare inizio a un bambino e anche quando ci si mette molto tempo non è detto che si riesca a farlo. E le cose stanno andando peggio… Non nel nostro caso, però — aveva aggiunto frettolosamente.
— Peggio? — aveva chiesto Tritt, con ansia, ma Odeen non aveva detto altro.
Alla fine avevano avuto un bambino: un piccolo Razionale, un sinistridino che svolazzava e si rarefaceva mandandoli in visibilio. Persino Odeen lo sorreggeva e lo lasciava cambiar forma tra le sue mani, per tutto il tempo che Tritt glielo permetteva. Perché naturalmente era stato Tritt che lo aveva incubato durante il lungo periodo della preformatura, Tritt che si era separato da lui quando aveva inziato un’esistenza indipendente, Tritt che lo curava quasi senza interruzioni.
Dopo l’arrivo del bambino Tritt non era rimasto più tanto spesso insieme a loro, e Dua ne era stata stranamente contenta. L’ossessione di Tritt la infastidiva, ma quella di Odeen, ancor più stranamente, le piaceva. Pian piano si era resa conto del… dell’importanza che Odeen aveva assunto per lei. Qualcosa, nei Razionali, rendeva loro possibile rispondere alle domande, e Dua aveva di continuo domande da porre a Odeen. E lui era più disposto a rispondere quando Tritt non era presente.
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