Fritz Leiber - Novilunio

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Perduta in uno spazio brulicante di stelle, sola in una nera giungla di vuoto cosmico, la Terra ha sognato per migliaia d'anni la propria solitudine. Come in una grande casa abitata da vecchi abitudinari, nella quale nessuno viene mai a rendere visita, così gli abitanti della Terra pensano che nessuno possa venirli a trovare da quel nero abisso scintillante di punti luminosi che splende sopra le nostre teste, di notte.
Come la Luna è stata una fedele compagna della Terra nella sua solitudine celeste, così le stelle sono state soltanto immagini remote, indistinte, piccole fiamme sospese nel cielo, inaccessibili e straniere e incorporee. Ma un giorno qualche viaggiatore, lasciando la strada lontana, potrebbe venire a bussare alla porta della vecchia casa; un giorno qualcosa potrebbe avvicinarsi, strisciando, nella giungla nera degli spazi cosmici. Quel giorno potrebbe essere vicino, in un cosmo dove le forze del tempo e del caso si muovono secondo schemi che la mente umana non riesce neppure a intuire. E cosa accadrebbe, se uno dei punti luminosi nel cielo… una delle stelle lontane… apparisse d'un tratto enorme, come un globo sanguigno e minaccioso, nei cieli notturni della Terra? Se la fedele compagna delnostro pianeta, la Luna, fosse risucchiata e cancellata dal cielo? Inizierebbe allora una lunga, infinita notte di novilunio. Un grande cielo color ardesia, dove le stelle brillano rade e fievoli, sopra coste battute da gigantesche maree, tra grandi cataclismi ed eventi ancor più bizzarri, una notte di novilunio che opera strani prodigi sulla mente e sul cuore degli uomini, facendo emergere tutto ciò che di migliore, e di peggiore, di nobile, e di volgare, costituisce l'essenza della natura umana. In questa notte di novilunio, forse il genere umano comincerebbe a conoscere se stesso…
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1965.

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E, avvicinandosi a essi con amorevole deliberazione, con un largo, gioioso sorriso, cominciò sommessamente, con voce carezzevole, a leggere i titoli sui loro dorsi:

« Old Smuggler… di Richard Blackmore. Teachers , di C.P. Snow. The Black and the White , di Stendhal. White Horse , di G.K. Chesterton…»

Il generale Spike Stevens avanzava nella fredda acqua salata, oltre il pozzo dell'ascensore, dal quale l'acqua sgorgava con maggiore forza a ogni momento, facendo cigolare la porta di metallo. Una torcia elettrica, che aveva legata sul petto, brillava sull'acqua alta fino alla coscia, e su una parete decorata con scene di battaglie storiche. Altre tre lampade salivano dietro di lui «…come se fossimo dei maledetti malandrini di una commedia musicale,» aveva detto il colonnello Griswold.

Il generale cercò a tentoni, sulla parete, affondando le dita nella carta che la copriva, e aprì… mentre la carta si rompeva… una porticina di sessanta centimetri quadrati, che rivelava una cavità poco profonda, che conteneva soltanto una grossa leva nera.

Si voltò verso gli altri.

«Vedete,» disse, rapidamente, «Io conosco soltanto l'ingresso del condotto di uscita. Non so quale sia il punto di uscita, più di quanto lo sappiate voi, perché secondo i piani io non dovrei sapere dove siamo… e non lo so, infatti. Speriamo che ci porti in una torre, o qualcosa di simile, perché sappiamo di trovarci a circa sessanta metri di profondità, e che lassù, per qualche strano motivo, c'è dell'acqua salata. Capito? Bene, adesso apro.»

Si voltò, e abbassò la leva. Il colonnello Mabel Wallingford era in piedi, proprio alle sue spalle; il colonnello Griswold e il capitano Kidley si trovavano qualche metro più indietro.

La leva si abbassò di pochi millimetri, e si bloccò. Il generale fece forza, usando entrambe le mani, fino a quando non si trovò nell'acqua soltanto fino al ginocchio. Mabel si avvicinò, e strinse la leva a sua volta, e fece forza, combinando i suoi sforzi con quelli del generale.

Griswold esclamò:

«Un momento! Se è bloccata, significa che…»

La leva si abbassò di quindici centimetri. A un metro di distanza, la carta che copriva la parete si ruppe ad angolo retto, mostrando una porta larga sessanta centimetri e alta un metro e mezzo… e dalla porta uscì una nera massa d'acqua, che si rovesciò sul capitano Kidley e sul colonnello Griswold… Mabel vide affondare sempre più la lampada di Griswold.

L'acqua solida continuava a entrare, scorrendo impetuosa ai piedi del colonnello Mabel e del generale. L'uomo e la donna si aggrapparono alla leva.

CAPITOLO XXIII

Margo e Clarence Dodd avevano i gomiti appoggiati alla balaustra di cemento del ponte, e stavano guardando le colline, facendo ipotesi sulla grande cupola di fumo che saliva dal sud e immergeva il sole in un rosso bagno di sangue, gettando su tutto il paesaggio una livida colorazione ramata. Margo era andata là, soprattutto per allontanarsi da Ross Hunter.

«Nei canyon e sulle montagne potrebbero esserci soltanto degli incendi nella boscaglia,» disse l'Omino. «Ma ho paura che sia qualcosa di ben più grave, signorina Gelhorn. Lei abita a Los Angeles?»

«Ho un cottage in affitto a Santa Monica. Più o meno la stessa cosa.»

«Ha famiglia?»

«No, sono sola.»

«Almeno questo è un bene. Voglio dire che, finché non comincia a piovere, temo che…»

«Guardi,» disse lei, abbassando lo sguardo. «C'è dell'acqua nel torrente, ora! Questo non significa che nell'entroterra piove?»

Ma proprio in quel momento, con un trionfale colpo di clacson, il camion di Hixon fece il suo ritorno da una ricognizione lungo la costa, seguito da un piccolo autobus scolastico giallo. I due veicoli si fermarono sul ponte. Wojtowicz scese dall'autobus. Stava agitando uno dei fucili. Doc lo seguiva, ma si fermò sul predellino, che era un palco adeguato per un discorso, almeno per Doc.

«Sono lieto di annunciare il ritrovamento di un mezzo di trasporto,» gridò, giovialmente. «Avevo una specie di chiodo fisso, così ho perlustrato la Collinare di Santa Monica, e lassù, in una piccola valle a meno di cento metri dall'autostrada, ho scoperto questo affascinante autobus, in attesa di iniziare il suo giro mattutino, e che oggi cambierà passeggeri… noi, per l'esattezza! È meravigliosamente rifornito di benzina, e c'è una ricca provvista di burro e di panini alla marmellata e di latte pastorizzato, vitaminizzato, squisito. Preparatevi alla partenza entro cinque minuti, tutti!» Scese dal predellino, e con un mezzo passo di danza si voltò verso gli altri. «Doddsy, non è acqua piovana quella che scorre nel torrente, laggiù, ma si tratta di acqua salata… l'aumentare dell'alta marea. Guarda dall'altra parte del ponte, e vedrai questa meravigliosa distesa scintillante coprire come un grande lenzuolo il mondo, fino alla Cina. In momenti simili, la gente ha, più o meno a ragione, il senso di venire travolta dagli eventi… o dall'acqua salata, come in questo caso. Tu possiedi l'altro fucile, Doddsy… tu andrai con gli Hixon. Ida verrà con te, per occuparsi di Ray Hanks. Io comanderò l'autobus.»

«Signor Brecht,» disse Margo. «Lei ha per caso intenzione di portarci nella Valle, attraverso la Collinare di Santa Monica?»

«Per lo meno, a metà strada. A seicento metri di altezza, se ci riesco. Dopo…» Si strinse nelle spalle.

«Signor Brecht,» continuò la ragazza. «Vandenberg Tre è esattamente dall'altro capo della Collinare. Sulle alture. Morton Opperly lavora là, occupandosi della pura parte scientifica del progetto Luna. Credo che dovremmo tentare di raggiungerlo.»

«Be', non si tratta di una cattiva idea,» fece Doc. «Dovrebbe dimostrare più buon senso dell'alto papavero di Vandenberg Due, e potrebbe accogliere con piacere qualche nuova recluta ragionevole e ben disposta. In questa situazione irreale, l'idea di fare cerchio intorno ai maggiori scienziati è ottima. Però, Dio solo sa se riusciremo ad arrivare a V-3, e se Opperly sarà ancora là, quando vi arriveremo,» aggiunse, stringendosi di nuovo nelle spalle.

«Questo non importa,» disse Margo. «Chiedo soltanto che, se si presenterà un'occasione per mettersi in contatto con Opperly, lei mi dia una mano. Ho un motivo speciale, che è di estrema importanza, ma che ora non posso spiegare.»

Doc le lanciò un'occhiata penetrante, e poi fece un sorrisetto.

«Sicuro,» promise, e in quel momento Hunter, e alcuni altri, lo circondarono, bersagliandolo di domande o di suggerimenti.

Margo salì subito a bordo dell'autobus, e occupò il sedile dietro il posto del conducente. L'autista era un vecchio arcigno, con un mento così sfuggente che Margo si domandò se avesse dei denti in bocca.

«È molto gentile da parte sua aiutarci,» disse Margo.

«Lo dice a me?» la rimbeccò il vecchio, voltandosi a guardarla, con aria incredula, e mostrando qualche dente ingiallito e nerastro sulle gengive scoperte. « Lui mi ha parlato,» proseguì, indicando col pollice Doc, che era ancora a terra, «Di questa marea di centosessanta metri, che mi avrebbe fatto annegare se non fossi salito in fretta sulle colline. Ha reso l'immagine maledettamente vivida. E poi mi ha detto che non dovevo sciuparmi troppo il cervello, per decidere se accompagnare voialtri o no, perché con lui c'era un tizio armato di fucile. Gentile da parte mia? Non ho avuto scelta, ecco tutto. Inoltre,» aggiunse, «C'è stata una gigantesca frana che ha bloccato il mio percorso normale, a sud. Tanto vale buttarsi in quest'impresa, con un gruppo di pazzi come voi.»

Margo rise, con sincerità.

«Vedrà che si abituerà a noi,» disse.

In quel momento, Bacchetto entrò nel veicolo, diritto come un fuso, voltandosi per gridare a Doc:

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