Fritz Leiber - Novilunio

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Perduta in uno spazio brulicante di stelle, sola in una nera giungla di vuoto cosmico, la Terra ha sognato per migliaia d'anni la propria solitudine. Come in una grande casa abitata da vecchi abitudinari, nella quale nessuno viene mai a rendere visita, così gli abitanti della Terra pensano che nessuno possa venirli a trovare da quel nero abisso scintillante di punti luminosi che splende sopra le nostre teste, di notte.
Come la Luna è stata una fedele compagna della Terra nella sua solitudine celeste, così le stelle sono state soltanto immagini remote, indistinte, piccole fiamme sospese nel cielo, inaccessibili e straniere e incorporee. Ma un giorno qualche viaggiatore, lasciando la strada lontana, potrebbe venire a bussare alla porta della vecchia casa; un giorno qualcosa potrebbe avvicinarsi, strisciando, nella giungla nera degli spazi cosmici. Quel giorno potrebbe essere vicino, in un cosmo dove le forze del tempo e del caso si muovono secondo schemi che la mente umana non riesce neppure a intuire. E cosa accadrebbe, se uno dei punti luminosi nel cielo… una delle stelle lontane… apparisse d'un tratto enorme, come un globo sanguigno e minaccioso, nei cieli notturni della Terra? Se la fedele compagna delnostro pianeta, la Luna, fosse risucchiata e cancellata dal cielo? Inizierebbe allora una lunga, infinita notte di novilunio. Un grande cielo color ardesia, dove le stelle brillano rade e fievoli, sopra coste battute da gigantesche maree, tra grandi cataclismi ed eventi ancor più bizzarri, una notte di novilunio che opera strani prodigi sulla mente e sul cuore degli uomini, facendo emergere tutto ciò che di migliore, e di peggiore, di nobile, e di volgare, costituisce l'essenza della natura umana. In questa notte di novilunio, forse il genere umano comincerebbe a conoscere se stesso…
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 1965.

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«E con il denaro e il potere,» ammise Rama Joan. «Be', si rallegri… la maggioranza e le minoranze svitate passano quasi tutto il tempo allo stesso modo: soddisfacendo i bisogni fondamentali. Stiamo ritornando tutti al padiglione sulla spiaggia, semplicemente perché pensiamo di trovare là del caffè e dei sandwich.»

In testa alla processione, Hunter stava dicendo a Margo Gelhorn più o meno lo stesso tipo di cose:

«Ho cominciato a frequentare le riunioni dei dischi volanti per un mio progetto sociologico,» le confessò. «Sono andato a riunioni di tutti i generi: quelle delle persone che avevano contatti con gli extraterrestri, come Charles Fulby, quelle degli studiosi seri, e tutte le altre sfumature… come questo gruppo, che comprende studiosi e appassionati raziocinanti e svitati e maniaci. Volevo analizzare una sindrome sociale, e scrivere alcuni saggi sull'argomento. Ma dopo un po' di tempo, ho dovuto ammettere di fronte a me stesso che continuavo ad andare a quelle riunioni perché ero affascinato.»

«Perché, professor Hunter?» domandò Margo, stringendo più forte Miao. Aveva freddo, senza la giacchetta, e la gatta era come una borsa di acqua calda. «Stare con gli appassionati dei dischi volanti l'aiuta a sentirsi bohemien , o diverso, come portare la barba?»

«Mi chiami Ross, No, non credo, benché suppongo che una parte del motivo sia la pura vanità.» Si accarezzò la barba. «No, è stato semplicemente perché a quelle riunioni trovavo delle persone che avevano qualcosa da seguire, che le faceva appassionare, qualcosa che permetteva di essere interessati senza tornaconto… e non si tratta di una cosa molto comune, ormai, nella nostra civiltà basata sui tre pilastri Denaro-Vendite-Classe, e sulle direttrici Non Rivelarti a Nessuno e Venditi a Tutti. Il virus mi ha preso a tal punto, che anch'io ho voluto offrire un contributo… partecipare a conferenze e a tavole rotonde, per esempio. Adesso il mio tempo dedicato ai dischi volanti è quasi come quello che vi dedica Doc… che si ammazza a vendere pianoforti… è un mago, nel campo… in modo da poter dividere il resto del tempo tra i dischi volanti, gli scacchi, e le altre cose.»

«Ma Doc è scapolo, mentre mi sembra che lei abbia affermato di avere una famiglia, non è vero… Ross?» domandò Margo, con blanda malizia.

«Oh, sì,» concesse Hunter, con una certa stanchezza. «A Portland c'è una signora Hunter, e due bambini che pensano che papà sprechi troppo tempo in compagnia dei maniaci dei dischi volanti, considerando i pochissimi saggi che ha tirato fuori da questo lavoro, e il fatto che la sua reputazione accademica non sia stata migliorata neppure di una iota da questa partecipazione.»

Stava pensando di aggiungere: «E, proprio in questo momento, sono a casa, e si chiedono perché papà non sia con loro, la notte in cui i cieli sono cambiati e i dischi volanti si sono avverati…» ma in quel momento si accorse che avevano raggiunto la vecchia casa sulla spiaggia e la vecchia pista da ballo. Vide che la lanterna verde ardeva ancora, e accanto a essa c'era una sedia, con un mucchietto di programmi inutilizzati, e c'erano le sedie vuote, disposte in file ordinate, a eccezione della prima fila (quando avrebbe potuto chiedere il rimborso del deposito che era stato lasciato per il noleggio, Dodd?)… e c'era un soprabito, che qualcuno aveva dimenticato, posato sullo schienale di una delle sedie, e c'era il lungo tavolo dei conferenzieri, e sotto di esso, alcune scatole di cartone che avevano abbandonato, nella fretta della partenza. E profondamente infilato nella sabbia, vicino alla piattaforma, c'era perfino il vecchio ombrello enorme che Doc aveva usato, per costruire un rozzo astrolabio, nel primo tentativo di controllare il movimento del Vagabondo.

Quando Ross Hunter vide queste cose, che si stagliavano contro il Pacifico dalla gran massa quieta e spettrale e dai riverberi dorati e purpurei, si sentì gonfiare il cuore per un senso inatteso di affetto e nostalgia e sollievo, e improvvisamente capì perché, dopo essere stati respinti da uno smottamento e da un recinto di rete metallica e da un alto papavero dell'esercito, avevano iniziato una lunga marcia sulla spiaggia per ritornare in quel posto.

La spiegazione era semplice… quella per loro era una casa, il luogo dove erano stati insieme, sicuri e tranquilli, e dal quale avevano assistito al grande mutamento nei cieli, quel luogo che, ciascuno di loro lo sapeva intimamente, anche se confusamente, forse sarebbe stato l'ultima casa che ciascuno di loro avrebbe più avuto sulla Terra.

Senza fretta, Wanda, la donna magra e il giovane Harry McHeath andarono a prendere le scatole lasciate sotto il tavolo.

Wojtowicz e l'Omino posarono la branda che reggeva Ragnarok, il cui gran corpo era parzialmente coperto dalla giacchetta di Margo.

Wojtowicz si guardò intorno, poi puntò il braccio verso l'ombrello e disse, con voce ferma:

«Ho la sensazione che quello sia il posto giusto… cioè, se, non le dispiace?» aggiunse, rivolgendosi a Doc, che aveva camminato in silenzio per tutto il tragitto da Vandenberg Due alla piattaforma, accanto all'Omino.

«No, non mi dispiace; anzi, ne sarei fiero,» rispose ruvidamente Doc.

Portarono in quel punto la branda, e Doc recuperò il suo ombrello. Poi Wojtowicz prese un badile, e cominciò a scavare. Il badile era riposto sotto il materasso.

La donna grassa lo notò, e chiamò, dalla piattaforma:

«Adesso capisco perché sentivo qualcosa di duro sotto il fianco, per tutta la strada.»

Wojtowicz si fermò un momento, per rispondere:

«Dovrebbe ringraziarci, invece, per averla trasportata gratis quando pensavamo che avesse avuto un attacco di cuore.»

Wanda rispose, con rabbia:

«Senta, quando io ho un attacco di cuore, è terribile… e non c'è niente da dire! Ma quando l'attacco di cuore è finito, è finito.»

«D'accordo, d'accordo,» le disse Wojtowicz, senza voltarsi.

Il rumore del badile era debole, mentre l'uomo scavava. La donna magra e Harry McHeath pulirono dalla sabbia alcune tazze, e le disposero sul tavolo. Gli altri osservarono la Luna emergere dall'ombra del Vagabondo, che pareva inclinarsi, nell'affondare verso l'abbraccio con il Pacifico.

La forma della Luna era visibilmente conica… schiacciata.

E invece delle macchie consuete dei 'mari', sulla faccia della Luna si vedeva come un sottilissimo, vago reticolo di lìnee d'ombra, che qua e là riflettevano pallidamente i colori del Vagabondo. L'effetto era orrido, e suggeriva la sinistra presenza di ragni.

Un parto chirurgico , pensò Bacchetto. La Vergine Bianca, fecondata da Ispan, partorisce tra grandi doglie… e deve dar vita ancora e ancora, torturata dal travaglio. Questo non l'avevo pensato.

Margo pensò: Mi dispiace di averla chiamata cagna. Don… Rama Joan bisbigliò a Paul:

«Il suo ragazzo era lassù, no? Così adesso può essere la sua ragazza, Paul…»

Wojtowicz si rialzò:

«Ecco, è abbastanza profonda,» disse raucamente all'Omino. «Non possiamo scavare di più, altrimenti troveremmo l'acqua.»

Si voltarono verso la branda. Clarence Dodd slacciò il guinzaglio dal pesante collare, e sollevò l'orlo della giacchetta dal corpo di Ragnarok, guardando Margo; ma la ragazza scosse il capo, e l'Omino riuscì a farle un triste sorriso, e lasciò ricadere la stoffa. Lui, Wojtowicz e Doc calarono il cane così avvolto nella sua tomba. Miao si mosse, nelle braccia di Margo, e guardò la scena con visibile curiosità.

Sopra la massa oscura del Pacifico, il Vagabondo era sospeso, strano nei suoi colori vividi, ed era una perfetta sfera, per quanto la luna che riemergeva era distorta e mutata. La macchia gialla a ovest era sparita, così la faccia del globo rivolta alla Terra era diventata di tre chiazze soltanto; ma l'impressione più vivida, con le due grosse braccia della croce purpurea, a est, che si allargavano sopra e sotto la grande macchia gialla orientale, era quella della testa di una belva purpurea, con le fauci spalancate.

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