Dan Simmons - Ilium

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Attenzione! Thomas Hockenberry è stato un insegnante universitario di storia, con una vita assolutamente normale. Per quale motivo, allora, si trova adesso ad assistere alla Guerra di Troia, al servizio degli dèi dell’antica Grecia? E perché gli stessi dèi sembrano padroneggiare una tecnologia avanzatissima, con la quale cercano di alterare il corso degli eventi e di uccidersi a vicenda? Intanto, in un futuro lontano migliaia di anni, su una Terra dove i pochi abitanti rimasti hanno come sola occupazione il divertimento, solo un uomo ricorda ancora l’antica arte della lettura e la sfrutta cercando di risolvere l’enigma più grande di tutti: chi ha costruito le macchine che governano il pianeta? Dall’autore che ha cambiato la fantascienza, la sua saga più intensa e appassionante, dove il gusto per la ricostruzione storica si mescola con i grandi scenari di un futuro apocalittico e affascinante.
Vincitore del premio Locus per il miglior romanzo di fantascienza in 2004.
Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 2004.

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La sala di comando aveva una camera d’equilibrio. Mahnmut aiutò Orphu a collegare il cavo schermato, poi varcò la camera d’equilibrio e riprese a respirare aria alla vecchia maniera.

«Questa nave è armata» disse Koros III, senza preamboli; parlava a voce trasmessa dall’aria. I suoi occhi sfaccettati e il nero guscio umanoide riflettevano le luci rosse agli alogeni.

Nella sala comando pressurizzata, il piccolo Ri Po di Callisto era il terzo vertice del triangolo di moravec.

Hai sentito? trasmise Mahnmut a Orphu, sulla loro linea privata. Il grosso moravec di Io era visibile dall’oblò di prua.

Oh, sì.

«Perché ce ne informi adesso?» chiese Mahnmut a Koros III.

«Pensavo che tu e Orphu aveste il diritto di sapere. Qui è in ballo la vostra esistenza.»

Mahnmut guardò l’ufficiale di rotta. «Sapevi delle armi?»

«Sapevo che nella nave sono incorporate armi di difesa» rispose Ri Po. «Fino a questo momento non sapevo che ci fossero armi da portare in superficie. Ma era un’ipotesi logica.»

«In superficie» ripeté Mahnmut. «Ci sono armi, nella stiva del Dark Lady ?» Non era una domanda, in realtà.

Koros III annuì, nell’antichissimo segno umano di conferma.

«Di che tipo?» domandò Mahnmut.

«Non sono autorizzato a dirlo» rispose freddamente l’alto moravec di Ganimede.

«Be’, forse anch’io non sono autorizzato a trasportare armi nel mio sommergibile» replicò Mahnmut, brusco.

«Non hai scelta, in questa faccenda» disse Koros III. Il suo tono fu triste, più che imperioso.

Mahnmut si sentì ribollire.

Ha ragione lui , intervenne Orphu e Mahnmut si rese conto che il moravec di Io aveva parlato sulla banda comune. Nessuno di noi ha scelta, a questo punto. Dobbiamo andare avanti.

«Allora perché ci informano?» ripeté Mahnmut.

Rispose Ri Po. «Da quando abbiamo oltrepassato il Sole, teniamo sotto controllo Marte. Da questa distanza i nostri strumenti confermano l’attività quantica rilevata dallo spazio gioviano, ma l’intensità supera di vari ordini di grandezza la nostra previsione. Marte è una minaccia per tutto il sistema solare.»

Com’è possibile? chiese Orphu. Per secoli i post-umani hanno fatto esperimenti di traslazione quantica, nelle loro città orbitali intorno alla Terra.

Koros III scosse la testa nel caratteristico modo umano, anche se "caratteristico" non era un aggettivo che veniva in mente a Mahnmut quando guardava l’alta e lucente figura dagli occhi sfaccettati come quelli delle mosche. «Non così estesi» disse il comandante della missione. «L’ammontare di traslazione di fase quantica che ora avviene su Marte equivale a un foro praticato nel tessuto dello spazio-tempo. Non è stabile. Non è un sano esercizio di tecnologia quantica.»

Ha a che fare con i voynix? chiese Orphu, via cavo. Dei leggendari voynix la maggior parte dei moravec gioviani sapeva solo che, quando quelle creature erano state per la prima volta menzionate nelle comunicazioni neutriniche post-umane tenute sotto controllo, più di duemila anni terrestri prima, il pianeta Terra aveva irradiato un’attività senza precedenti di traslazione di fase quantica.

A dire il vero, non sappiamo se i voynix sono coinvolti né se si trovano ancora sulla Terra , trasmise Koros III sulla banda comune. Poi soggiunse: «Ripeto, trovo eticamente indispensabile informare tutti voi che ci sono armi a bordo di questa nave e a bordo del sommergibile sul quale Mahnmut mi trasporterà. La decisione di usare queste armi non sarà vostra. La responsabilità tocca solo a me, quando sono a bordo di questa nave, e a Ri Po, per la difesa della nave, quando Mahnmut e io saremo scesi sul pianeta. La decisione di usare la forza letale su Marte sarà solo mia».

«Allora quelle sulla nave non sono armi d’offesa?» chiese Mahnmut. «Non saranno usate contro bersagli su Marte?»

«No» rispose Ri Po. «Le armi a bordo della nave sono solo di difesa.»

Ma le armi a bordo del Dark Lady includono armi di distruzione di massa? chiese Orphu di Io.

Koros III esitò, evidentemente soppesando gli ordini ricevuti e il diritto dell’equipaggio a essere informato. «Sì» rispose alla fine.

Mahnmut cercò di stabilire quali potessero essere quelle armi di distruzione di massa. Bombe a fissione? A fusione? A emissione di neutrini? Esplosivi al plasma? Congegni antimateria? Bombe tipo buco nero in grado di frantumare un pianeta? Non aveva idea. In secoli di vita non aveva esperienza d’armi, a parte le reti non letali, i pungoli e gli elettrostimolatori necessari per tenere lontano i kraken e catturare gli animali marini su Europa. «Koros» disse piano «avevi portato armi, nella missione sugli asteroidi, alcuni decenni fa?»

«No» rispose il moravec di Ganimede. «Non erano necessarie. Per quanto bellicosi e feroci siano divenuti gli astervec nella recente evoluzione, non rappresentavano una minaccia all’esistenza di tutti gli esseri senzienti del sistema solare.» Proiettò l’ora: mancavano quarantun minuti all’accensione dei motori a fusione. Altre domande?

Orphu ne aveva una. Perché abbiamo un rivestimento antiradar, se ci avviciniamo a Marte su quattro scie di fusione che splenderanno come una supernova, visìbili giorno e notte come soli da chiunque su Marte abbia occhi? Ah, ci sono arrivato da solo… vuoi provocare una reazione! Vuoi fare in modo che ci attacchino.

«Sì» rispose Koros. «È il modo più facile per accertare le loro intenzioni. I motori a fusione si spegneranno quando saremo ancora a diciotto milioni di chilometri da Marte. Se fino a quel momento non avranno tentato d’intercettarci, getteremo a mare i motori, i tori di solenoide e tutte le altre apparecchiature esterne; entreremo in orbita marziana usando contromisure passive e nascondendo la nostra posizione. Per ora non sappiamo se i post-umani, o altre entità che abbiano terraformato Marte e vi risiedano, abbiano una civiltà tecnica o post-tecnica.»

Mahnmut rifletté: avrebbero gettato a mare ogni forma di propulsione in grado di riportarli a casa.

Mi pare che la massiccia attività di traslazione di fase quantica sia segno di una civiltà prettamente tecnologica , disse Orphu.

«Può darsi» convenne Ri Po. «Ma nell’universo ci sono idiot-savants. »

Con queste enigmatiche parole la riunione terminò, l’atmosfera fu aspirata dalla sala di comando e Orphu riportò Mahnmut al sommergibile nella stiva della nave.

I quattro motori si accesero al momento giusto. Per i due giorni seguenti Mahnmut fu inchiodato alla cuccetta antigravità, mentre la nave decelerava a più di 400 g sul piano dell’eclittica verso Marte. La stiva intorno al Dark Lady era di nuovo piena di gel protettivo, ma l’abitacolo era libero e il peso e la mancanza di mobilità divennero una noia. Mahnmut non riusciva nemmeno a concepire la pressione su Orphu nella sella sullo scafo. Marte e tutte le immagini di prua erano oscurate dal bagliore accecante dei motori e Mahnmut passò il tempo a controllare i video dello scafo, le stelle a poppa, e a rileggere brani della Ricerca del tempo perduto e a trovare collegamenti e differenze con gli amati sonetti di Shakespeare.

L’amore di Mahnmut e di Orphu per le lingue e la letteratura dell’Età Perduta non era poi tanto insolito. Più di millequattrocento anni terrestri prima, i moravec inviati nello spazio gioviano a esplorare le lune e a contattare gli esseri senzienti di cui si conosceva l’esistenza nell’atmosfera di Giove erano stati dotati dai post-umani di minuziosi nastri sensoriali della storia, della cultura e delle arti umane. La pandemia rubicon si era già verificata, ovviamente, e prima di essa, la Grande Ritirata, ma c’era ancora una piccola speranza di salvare la memoria e i documenti del passato umano, anche se non sarebbe stato possibile salvare col fax finale gli ultimi 9.114 umani vecchio stile esistenti sul pianeta. Nei secoli dopo la perdita di contatto con la Terra, l’arte, la letteratura e la storia umane erano diventate l’hobby di migliaia di moravec operanti nel vuoto o di base sulle lune. Il precedente compagno di Mahnmut, Urtzweil (che era stato distrutto in una valanga di ghiaccio sotto il cratere Tyre Macula, su Europa, diciotto anni terrestri prima) era un appassionato della guerra di Secessione. Il suo berretto blu da fante nordista era ancora nel vano portaoggetti sotto il tavolo da lavoro di Mahnmut, accanto alla Lava Lamp, un regalo dello stesso Urtzweil.

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