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Robert Sheckley: Gli orrori di Omega

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Robert Sheckley Gli orrori di Omega

Gli orrori di Omega: краткое содержание, описание и аннотация

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Questa è la storia di Will Barrent, che esiliato dalla Terra piomba in quel mondo d’incubo che è Omega. E’ un pianeta di fuorilegge, che ha una sua particolare religione, una sua precisa idea sugli svaghi, una sua assurda organizzazione sociale in base alla quale solo l’assassino più abile, più feroce, e più fortunato, in un mondo fatto di assassini, può aspirare alla ricchezza e al potere. Un mondo in cui le proprietà della vittima vengono per legge ereditate dall’uccisori. E su questo mondo Will Barrent cerca disperatamente i ricordi che gli hanno tolto, la ragazza che l’ha salvato dalla morte per due volte, e la speranza di poter un giorno tornare sulla Terra nonostante le terribili astronavi di pattuglia orbita attorno a Omega. Quando riuscirà ad arrivare sul suo pianeta, si troverà fronte a qualcosa più pericoloso ancora dei «Giochi» di Omega: i suoi ricordi, il suo condizionamento di terrestre, ma soprattutto l’esasperato conformismo di una civiltà che si è arrenata al raggiungimento della perfezione meccanica.

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Will Barrent si mise in fila per andare a guardarsi nello specchio della baracca. Quando venne il suo turno vide riflesso il volto sottile di un giovane di piacevole aspetto, dai capelli castani. Era una faccia onesta e decisa, non segnata da alcuna forte passione. Barrent tornò via, deluso: quella era la faccia di uno sconosciuto.

Più tardi, esaminandosi attentamente, non trovò sul suo corpo niente, né una cicatrice né alcun altro segno che lo potesse distinguere da migliaia di altri corpi. Le sue mani erano senza calli.

Il corpo, magro. Si chiese quale genere di lavoro avesse potuto svolgere sulla Terra.

L’assassinio?

Corrugò la fronte. Non era pronto ad accettare questa realtà. Qualcuno gli mise una mano sulla spalla.

«Come vi sentite?»

Barrent si volse verso l’uomo dalle spalle massicce e dai capelli rossi che gli stava accanto.

«Abbastanza bene» rispose. «Eravate in fila dietro di me, vero?»

«Esatto. Sono il numero 401. Mi chiamo Danis Foeren.»

Barrent si presentò.

«Qual è il vostro delitto?» chiese Foeren.

«Assassinio.»

Foeren scosse la testa. Sembrava impressionato.

«Io sono un falsario. Non lo si direbbe, a guardarmi le mani» disse, sollevando le due grosse zampe cosparse di peli rossicci. «Ma sono molto abili. Le mie mani hanno ricordato prima di me. Stillo scafo, stavo seduto nella mia cella e le osservavo. Si struggevano. Volevano essere libere di fare qualcosa. Però il resto di me non riusciva a ricordare cosa.»

«E allora, cos’avete l’atto?» domandò Barrent.

«Ho chiuso gli occhi e ho lasciato che le mani prendessero l’iniziativa» rispose Foeren. «Per prima cosa mi sono accorto che stavano cercando di aprire la serratura della cella.» Tornò a sollevare le mani, e le guardò, pieno di ammirazione.

«Aprire la serratura?» ripeté Barrent. «Mi pareva di aver capito che foste un falsario.»

«Be’, certo» rispose Foeren «quella del falsario era la mia specialità. Ma un paio di mani abili possono fare quasi tutto. Penso di essere stato preso per falso, ma avrei benissimo potuto essere anche uno scassinatore. Le mie mani sanno troppe cose per essere semplicemente quelle di un falsario.»

«Avete scoperto su di voi più di quanto io sia riuscito a scoprire su di me» disse Barrent. «Come punto di partenza, io ho soltanto un sogno.»

«Be’, è già qualcosa» commentò Foeren. «Ci dev’essere il mezzo per scovar fuori il resto. Ora la cosa importante è che siamo su Omega.»

«Certo» rispose Barrent cupo.

«Non possiamo lamentarci» continuò Foeren. «Avete sentito quello che ha detto quell’uomo? Questo è il nostro pianeta.»

«Con una media di vita di tre anni terrestri» gli ricordò Barrent.

«Probabilmente è un discorso fatto per metterci paura» disse Foeren. «Non voglio credere alle parole di una guardia. La cosa importante è che siamo su un nostro pianeta. Avete sentito quello che ha detto? “La Terra vi rifiuta.” La Terra! Ma chi ne sente la nostalgia? Noi abbiamo un nostro pianeta. Un intero pianeta, Barrent! Siamo liberi!»

«Hai ragione, amico» esclamò un piccoletto che stava lì accanto. «Mi chiamo Joe. Il nome dovrebbe essere Joao, però preferisco la forma arcaica che mi ricorda tempi migliori. Dovete scusare, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione. Sono pienamente d’accordo con il signore dai capelli rossi. Considerate tutto! La Terra ci ha messo da parte? Ottimo. Stiamo meglio senza di lei. Qui siamo tutti uguali. Uomini liberi in una libera società. Niente uniformi, niente guardie, niente soldati. Solo criminali pentiti che desiderano vivere in pace.»

«Per cosa siete stato condannato?» si informò Barrent.

«Hanno detto che ero un truffatore» disse Joe. «È vergognoso, ma devo ammettere che non ricordo cosa sia un truffatore. Ma è probabile che mi torni in mente.»

«Forse le autorità hanno qualche sistema per far rinascere i ricordi» osservò Foeren.

«Autorità?» esclamò Joe, in tono indignato. «Perché dite autorità? Questo è il nostro pianeta. Qui siamo tutti uguali. Non ci possono essere autorità. No, amici, abbiamo lasciato tutti questi controsensi sulla Terra. Ora noi…»

Si interruppe di scatto. La porta della baracca si era spalancata per lasciar entrare uno sconosciuto. Evidentemente si trattava di un vecchio residente del pianeta, perché non vestiva la grigia uniforme dei prigionieri. Era grasso, e indossava uno stravagante vestito giallo e blu. Intorno alla sua ampia vita portava una cintura alla quale era attaccato il fodero di una pistola, e un coltello. Si fermò sulla soglia, e portate le mani ai fianchi prese a osservare i nuovi arrivati.

«Be’?» disse. «Non riconoscete un Questore? In piedi!»

Nessuno degli uomini si mosse.

La faccia del ciccione divenne scarlatta.

«Credo di dovervi insegnare ad avere un po’ di rispetto.»

Ma ancor prima che avesse potuto togliere la pistola dal fodero tutti i nuovi arrivati erano balzati in piedi. Il Questore li guardò con una certa aria di rincrescimento, e ricacciò la pistola nel fodero.

«La prima cosa che dovete mettervi bene in testa» disse «è la vostra condizione sociale. Voi siete dei peoni, il che significa che non siete niente.» Aspettò un attimo poi riprese: «Ora state attenti, peoni. Vi dirò quali sono i vostri doveri».

III

«La prima cosa che voi nuovi arrivati dovete ricordare» continuò il Questore «è ciò che siete. Questo è molto importante. Ora lo ripeterò. Siete dei peoni. Siete inferiori agli infimi ranghi. Siete senza posizione sociale. Sotto di voi non ci sono che i mutanti, ma questi non sono veri esseri umani. Qualche domanda?»

Il Questore tacque, in attesa. Poi, vedendo che nessuno gli rivolgeva domande, riprese a parlare.

«Vi ho detto quello che siete voi. Ora cercherò di spiegarvi ciò che sono gli abitanti di Omega. Prima di tutto, chiunque è più importante di voi. Però alcuni sono più importanti di altri. Sopra di voi c’è il Residente. Viene tenuto in considerazione poco più di uno di voi. Poi c’è il Libero Cittadino. Lui porta l’anello grigio, che distingue la sua posizione sociale, e veste di nero. Ma anche lui non è molto importante, comunque molto più di voi. Con un po’ di fortuna alcuni di voi riusciranno a diventare Liberi Cittadini.

«Poi ci sono le Classi Privilegiate. Tutte sono distinte da vari simboli di riconoscimento a seconda del rango. Orecchini d’oro, ad esempio, per la classe Hadji. Imparerete a conoscere quali sono i vari segni che distinguono le varie classi e i gradi. Poi ci sono i preti. Questi, anche se non appartengono a una classe privilegiata, godono certe immunità e diritti. Mi sono spiegato?»

Nella baracca si levò un mormorio di assenso.

«Ora vi dirò come vi dovrete comportare quando vi incontrerete con qualcuno di grado superiore» riprese il Questore. «Come peoni, voi siete obbligati a parlare con un Libero Cittadino in maniera rispettosa, e a chiamarlo con il titolo che gli spetta. Con quelli delle Classi Privilegiate, come gli Hadji, voi parlerete solo quando vi verrà rivolta la parola, e dovrete rimanere con gli occhi rivolti a terra e con le mani unite di fronte a voi. Non dovrete allontanarvi da un Cittadino Privilegiato fin quando lui non ve ne darà il permesso. In nessuna occasione dovrete sedere in sua compagnia. Avete capito? Ci sono molte altre cose da imparare. La mia carica di Questore, per esempio, appartiene alla classe dei Liberi Cittadini, tuttavia gode di certe prerogative dei Privilegiati.»

Il Questore fissò attentamente gli uomini per essere certo che avessero capito.

«Queste baracche sono la vostra dimora temporanea. Ho preparato un ordine del giorno per designare gli uomini che devono spazzare, lavare e così via. In qualsiasi momento vi potrete rivolgere a me. Ma le domande stupide o impertinenti verranno punite con la mutilazione o con la morte. Ricordate sempre che siete la parte infima della società. Se lo terrete a mente, riuscirete a stare in vita.»

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