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Robert Sheckley: Gli orrori di Omega

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Robert Sheckley Gli orrori di Omega

Gli orrori di Omega: краткое содержание, описание и аннотация

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Questa è la storia di Will Barrent, che esiliato dalla Terra piomba in quel mondo d’incubo che è Omega. E’ un pianeta di fuorilegge, che ha una sua particolare religione, una sua precisa idea sugli svaghi, una sua assurda organizzazione sociale in base alla quale solo l’assassino più abile, più feroce, e più fortunato, in un mondo fatto di assassini, può aspirare alla ricchezza e al potere. Un mondo in cui le proprietà della vittima vengono per legge ereditate dall’uccisori. E su questo mondo Will Barrent cerca disperatamente i ricordi che gli hanno tolto, la ragazza che l’ha salvato dalla morte per due volte, e la speranza di poter un giorno tornare sulla Terra nonostante le terribili astronavi di pattuglia orbita attorno a Omega. Quando riuscirà ad arrivare sul suo pianeta, si troverà fronte a qualcosa più pericoloso ancora dei «Giochi» di Omega: i suoi ricordi, il suo condizionamento di terrestre, ma soprattutto l’esasperato conformismo di una civiltà che si è arrenata al raggiungimento della perfezione meccanica.

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«Ora vi darò alcune istruzioni» disse. «Ascoltate attentamente, e cercate di capire quello che vi dirò. Sono fatti che avranno molta importanza per le vostre esistenze.»

I prigionieri rimasero con gli occhi fissi su di lui.

«Tutti voi» continuò l’uomo «vi siete risvegliati in queste ultime ore nelle vostre celle. Avete scoperto di non ricordare niente di quello che vi riguarda. Neppure il vostro nome. Siete solo in possesso di un piccolo bagaglio di conoscenze generali necessarie a mantenervi in contatto con la realtà.

«Io non voglio aumentare quelle che sono le vostre conoscenze. Tutti voi, sulla Terra, eravate pericolosi criminali. Eravate esseri della peggior specie, individui che avevano perso ogni diritto alla considerazione dello Stato. In un’epoca meno illuminata sareste stati condannati a morte. Oggi venite deportati.»

L’oratore sollevò una mano per zittire il mormorio che si era levato nell’auditorio.

«Tutti voi» continuò «siete dei criminali. E tutti avete una cosa in comune: l’incapacità di ubbidire alle regole basilari della società umana. Queste regole sono necessarie allo sviluppo di una civiltà. Infrangendole, voi avete commesso un crimine contro tutta l’umanità. Di conseguenza l’umanità vi ha respinto. Siete della limatura nella macchina della civiltà, e siete stati mandati in un mondo in cui sarete padroni della vostra sorte. Qui voi potrete stabilire delle regole vostre, e morire per loro. Qui troverete quella libertà che avete cercato con ogni mezzo: la incontenibile e autodistruttrice libertà di un processo canceroso.»

Si passò una mano sulla fronte e rimase un attimo in silenzio a guardare i prigionieri.

«Forse» disse ancora «per alcuni di voi è possibile una riabilitazione. Omega, il pianeta verso cui siamo diretti, è il vostro pianeta. Un mondo governato interamente dai prigionieri. Un mondo sul quale potrete ricominciare la vostra vita, dove non ci saranno pregiudizi contro di voi. Le vostre vite passate sono state dimenticate. Non cercate di ricordarle. Scoprire il passato servirebbe solo a stimolare di nuovo le vostre tendenze criminali. Pensate di essere nati nel momento in cui vi siete risvegliati nelle vostre celle.»

Le parole lente e misurate di quell’uomo avevano un certo potere ipnotico. 402 ascoltò senza mai distogliere gli occhi dalla fronte bianca dell’oratore.

«Un nuovo mondo» riprese. «Voi siete rinati… però con la necessaria coscienza del male. Senza di questa, voi sareste incapaci di combattere la parte peggiore che è in tutte le vostre personalità. Ricordatelo. Ricordate inoltre che per voi non vi sarà alcuna possibilità di fuga e di ritorno sulla Terra. Scafi armati con le armi più moderne pattugliano il cielo di Omega notte e giorno. E questi scafi sono incaricati di distruggere qualsiasi cosa si innalzi oltre centocinquanta metri dalla superficie del pianeta… È una barriera che nessun prigioniero riuscirà mai a superare. Pensateci. Pensate a ciò che vi ho detto. Sarà la base per le norme che devono governare le vostre vite. E ora preparatevi ad atterrare.»

L’oratore si allontanò, ma per alcuni istanti i prigionieri continuarono a tenere gli occhi fissi al palco. Poi, lentamente, si levò un mormorio generale. Ma cessò quasi subito. Non sapevano di che cosa parlare. Senza il ricordo del passato, non potevano parlare del futuro. E non potevano parlare di se stessi, perché le loro personalità erano appena affiorate, e in modo indefinito.

Rimasero seduti in silenzio. Sul balcone le guardie erano immobili come statue, lontane e impersonali. Poi un leggero tremito cominciò a far vibrare il pavimento dell’auditorio.

Il tremito si ripeté una seconda volta, poi divenne una vibrazione continua, 402 si sentì diventare più pesante, come se un peso invisibile gli stesse premendo sul collo e sulle spalle.

Una voce scaturì da un altoparlante.

«Attenzione! Lo scafo sta atterrando su Omega. Fra poco sbarcheremo.»

Le vibrazioni cessarono, e il pavimento sotto i loro piedi ebbe un ultimo sobbalzo. I prigionieri, sempre stupiti e in silenzio, vennero fatti disporre in lunga fila, e cominciarono a uscire dall’auditorio. Sempre scortati dalle guardie percorsero un corridoio che sembrava interminabile.

Da ciò, 402 cominciò ad avere un’idea della grandezza dello scafo.

Molto lontano poté vedere un raggio di sole che entrava dal portello spalancato per permettere ai prigionieri di scendere a terra.

Quando venne il suo turno, 402 uscì dal portello e cominciò a scendere una lunga scala. E alla fine si trovò con i piedi sul terreno solido. Le guardie stavano disponendo in fila i prigionieri già sbarcati, e tutto attorno 402 poté vedere una folla di curiosi che li stava osservando.

La voce di un altoparlante ruppe il silenzio.

«Rispondete quando il vostro numero verrà chiamato. Vi verrà rivelata la vostra identità. Rispondete immediatamente quando verrete chiamati…»

402 si sentiva debole e stanco. Neppure il fatto di poter sapere il suo nome lo interessava. Desiderava solo sdraiarsi, dormire, essere lasciato in pace a pensare alla sua situazione. Si guardò attorno, e fissò distrattamente l’immensa mole dello scafo che si innalzava alle sue spalle, le guardie, la folla degli spettatori. In alto, contro l’azzurro del cielo, notò dei piccoli punti neri che si muovevano rapidamente. Pensò che fossero uccelli, poi, osservandoli meglio, si rese conto che erano astronavi. Ma il fatto non lo interessò particolarmente.

«Numero 1. Rispondete.»

«Presente» gridò una voce.

«Numero 1. Il vostro nome è Wayn Southholder. Anni 34. Sangue tipo A-L2, Indice AR-431-C. Colpevole di tradimento.»

Quando la voce tacque, un vocio si levò dalla folla. Stavano commentando favorevolmente i precedenti del prigioniero e gli davano il benvenuto su Omega.

I nomi della lista vennero letti lentamente. 402, insonnolito sotto la luce del sole, sonnecchiava in piedi, e ascoltava il lungo elenco di omicidi, di furti, di deviazioni, di mutantismo. Poi, alla fine, sentì pronunciare il suo numero.

«Numero 402.»

«Presente.»

«Numero 402. Il vostro nome è Will Barrent. Anni 27. Sangue tipo 0-L3, Indice JX-221-R. Colpevole di omicidio.»

La folla applaudì, ma 402 quasi non se ne accorse. Stava cercando di abituarsi all’idea di avere un nome. Un vero nome anziché un numero. Will Barrent. Sperò di non dimenticarlo mai. E se lo ripeté più e più volte, senza quasi più ascoltare la voce che parlava dall’altoparlante.

«I nuovi arrivi verranno ora lasciati su Omega. Temporaneamente saranno alloggiati nel blocco A-2. Siate cauti e circospetti con le parole e con le azioni. Osservate, ascoltate, e imparate. La legge mi impone di dirvi che il periodo medio di vita su Omega è di circa tre anni terrestri.»

Ci volle un po’ perché le ultime parole provocassero un certo effetto in Barrent. Stava ancora considerando la novità di avere un nome. E non aveva ancora pensato cosa significasse essere un assassino abbandonato su un pianeta abitato da criminali.

II

I nuovi prigionieri vennero condotti verso la fila di baracche che formavano il blocco A-2. Erano circa cinquecento. Ma non si poteva dire che fossero degli uomini. Erano piuttosto delle entità, i cui ricordi si estendevano appena a un’ora prima. Seduti sui loro sgabelli, i nuovi nati si guardarono curiosamente il corpo, e presero a osservare con interesse le mani e i piedi. Poi si fissarono, e negli occhi degli altri videro riflessi i loro volti. Non erano uomini, ma non erano neppure dei bambini. Certe astrazioni e lo spettro dei ricordi erano rimasti. La maturazione venne rapidamente.

I nuovi uomini si afferrarono ai vaghi ricordi di concetti, di idee, di regole. E dopo poche ore, la flemmatica passività cominciò a svanire. Stavano diventando uomini. Individui. Fuori dalla nebbia di una uniformità superficiale, cominciarono a emergere le differenze. I caratteri stessi si riaffermarono, e i cinquecento uomini cominciarono a scoprire come erano.

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