«Intendevo forzare la sua confessione, signore. Non avevo previsto che si suicidasse all'arrivo, ironicamente, di qualcuno che era solo un robot e che in realtà non aveva né avrebbe mai violato il suo tabù sulla presenza personale. Ma francamente la sua morte non mi è dispiaciuta. Era un uomo pericoloso. Passerà molto tempo prima che ci sia un altro uomo in grado di provocare tanto malessere con tanta intelligenza.»
«Sono d'accordo» convenne Minnim asciutto «e considero la sua morte una fortuna, ma lei non ha tenuto presente il pericolo che i solariani si rendessero conto che Leebig non poteva assolutamente avere ucciso il dottor Delmarre?»
Baley si tolse la pipa di bocca e non disse nulla.
«Andiamo, agente,» esclamò Minnim «lei lo sa che non può essere stato. L'omicidio richiedeva presenza personale e Leebig avrebbe preferito morire piuttosto che permetterla. È morto piuttosto che permetterla.»
«Ha ragione, signore» rispose Baley. «Contavo sul fatto che i solariani fossero troppo orripilati dell'abuso dei robot per fermarsi a riflettere su questo.»
«Allora chi ha ucciso Delmarre?»
Baley disse lentamente: «Se vuol dire chi ha sferrato effettivamente il colpo, è stata la persona che tutti sapevano essere stata: Gladia Delmarre, la moglie dell'ucciso».
«E l'ha lasciata andare?»
«Moralmente la responsabilità non era sua. Leebig sapeva che Gladia litigava aspramente e spesso col marito. Sapeva come potesse diventare furiosa nei momenti di rabbia. Leebig voleva la morte del marito in circostanze che avrebbero incriminato la moglie. Così rifornì Delmarre di un robot che, immagino, istruì con tutta l'abilità di cui era capace a porgere una delle sue braccia staccabili a Gladia nel momento della sua furia massima. Con un'arma in mano nel momento cruciale, lei agì temporaneamente accecata, prima che il robot o Delmarre potessero fermarla. Gladia è stata un inconsapevole strumento di Leebig quanto il robot.»
«Il braccio del robot» disse Minnim «doveva essere cosparso di sangue e cuoio capelluto.»
«E probabilmente lo era, ma è stato Leebig a prendere in custodia il robot. Poteva istruire con facilità gli altri robot che avessero notato il fatto, a dimenticarlo. Avrebbe potuto notarlo il dottor Thool, ma lui esaminò soltanto il cadavere e la donna svenuta. L'errore di Leebig è stato di pensare che la colpevolezza di Gladia sarebbe stata tanto evidente che l'assenza di un'arma sulla scena del delitto non l'avrebbe salvata. Né avrebbe potuto prevedere che per l'indagine avrebbero chiesto aiuto a un terrestre.»
«Così, con Leebig morto, lei ha fatto in modo che Gladia potesse lasciare Solaria. L'ha fatto per salvarla, nel caso che qualche solariano ci avesse ripensato?»
Baley scrollò le spalle. «Ha sofferto abbastanza. È stata una vittima di tutti: del marito, di Leebig, del mondo di Solaria.»
«E non crede» disse Minnim «di costringere la legge ad adattarsi a un suo capriccio personale?»
Il volto simile a una rupe di Baley s'indurì anche di più. «Non è stato un capriccio. Io non ero limitato dalla legge solariana. Erano superiori gli interessi della Terra e per salvaguardare questi interessi ho dovuto neutralizzare Leebig, che era pericoloso. Per quanto riguarda la signora Delmarre…» Ora si trovava di fronte a Minnim e sentiva di compiere un passo cruciale. Questo doveva dirlo. «Per quanto riguarda la signora Delmarre, l'ho usata come base per un esperimento.»
«Che esperimento?»
«Volevo sapere se avrebbe acconsentito ad affrontare un mondo in cui si permette e si richiede la presenza personale. Ero curioso di sapere se avrebbe avuto il coraggio di affrontare lo smantellamento delle abitudini in lei tanto radicate. Temevo che avrebbe rifiutato di andare, che avrebbe insistito per restare su Solaria, che per lei era un purgatorio, piuttosto che risolversi ad abbandonare il suo distorto modo di vita solariano. Invece ha scelto di cambiare, e sono stato felice che l'abbia fatto, perché mi è sembrato simbolico. Mi è sembrato che ci aprisse le porte della salvezza.»
« Ci? » chiese energicamente Minnim. «Che cosa diavolo vuol dire?»
«Non in particolare a lei o a me,» chiarì Baley gravemente «ma a tutta l'umanità. Lei si sbaglia sugli altri Mondi Esterni. Hanno pochi robot; permettono la presenza personale e hanno investigato su Solaria. Con me c'era R. Daneel Olivaw, lo sa, e anche lui farà un rapporto. C'è pericolo che un giorno possano diventare come Solaria, ma probabilmente riconosceranno il pericolo, lavoreranno per mantenersi in un equilibrio ragionevole e in questo modo rimarranno i leader dell'umanità.»
«Questa è la sua opinione» sbottò Minnim stizzito.
«E c'è di più. C'è un solo mondo come Solaria, ed è la Terra.»
«Agente Baley!»
«È così, signore. Siamo Solaria alla rovescia. Loro si sono ritirati in isolamento uno dall'altro. Noi ci siamo ritirati in isolamento dalla galassia. Loro sono giunti al vicolo cieco delle loro tenute inviolabili. Noi siamo giunti al vicolo cieco delle nostre Città sotterranee. Loro sono leader senza seguaci, hanno solo i robot che non possono ribattere. Noi siamo seguaci senza leader, rinserrati nelle Città per sentirci sicuri.» Baley aveva serrato i pugni.
Minnim disapprovava. «Agente, lei è passato per una dura prova. Ha bisogno di riposo, e ne avrà. Un mese di vacanza, a paga piena, e una promozione subito dopo.»
«La ringrazio, ma questo non è tutto ciò che voglio, voglio che mi ascolti. In un vicolo cieco c'è solo una direzione per uscirne, ed è verso l'alto, verso lo spazio. Lassù ci sono milioni di mondi, e gli spaziali ne possiedono solo cinquanta. Loro sono pochi e hanno una lunga vita. Noi siamo molti e abbiamo una vita breve. Siamo più adatti per l'esplorazione e la colonizzazione. Abbiamo la pressione demografica che ci sollecita e un rapido ricambio generazionale ci mantiene giovani e avventati. Dopo tutto sono stati i nostri antenati a colonizzare i Mondi Esterni.»
«Sì, capisco… Ma temo che il nostro tempo sia scaduto.»
Baley percepiva l'ansietà dell'altro di sbarazzarsi di lui e rimase stolidamente al suo posto. Proseguì: «Quando la prima colonizzazione realizzò mondi con tecnologia superiore alla nostra, siamo scappati dentro degli uteri che abbiamo costruito sotto terra. Gli spaziali ci hanno fatto sentire inferiori, e noi ci siamo andati a nascondere. Questa non è una risposta. Per evitare il ritmo distruttivo di ribellione e repressione, dobbiamo competere con loro, seguirli, se dobbiamo, guidarli, se possiamo. Per far questo dobbiamo affrontare l'aperto: dobbiamo insegnare a noi stessi ad affrontare l'aperto. Se è troppo tardi per insegnare a noi stessi, allora dobbiamo insegnarlo ai nostri figli. È vitale!».
«Agente, lei ha bisogno di riposo.»
«Mi ascolti, signore!» esclamò Baley con violenza. «Se gli spaziali sono forti e noi rimaniamo come siamo, la Terra sarà distrutta entro un secolo. Questo è già stato calcolato, me l'ha detto lei. Se gli spaziali sono davvero deboli e stanno diventando sempre più deboli, allora possiamo scamparla, ma chi ha detto che gli spaziali sono deboli? Lo sono i solariani, sì, ma è tutto ciò che sappiamo.»
«Ma…»
«Non ho finito. C'è una cosa che possiamo cambiare, che gli spaziali siano deboli o forti: possiamo cambiare quello che siamo. Affrontiamo lo spazio aperto e non avremo bisogno di ribellarci. Possiamo disseminarci in altri mondi e diventare spaziali anche noi. Se restiamo ammassati sulla Terra, allora non si potrà evitare un'inutile e fatale ribellione. E sarà peggio se la gente avrà costruito delle false speranze su una supposta debolezza degli spaziali. Lo chieda, lo chieda ai sociologi. Riferisca le mie argomentazioni. E se fossero ancora in dubbio, che trovino un modo di mandarmi su Aurora. Lasciatemi fare un rapporto sugli spaziali veri , poi deciderete che cosa fare.»
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