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Isaac Asimov: Il sole nudo

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Isaac Asimov Il sole nudo

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Il Sole Nudo Ancora una volta un caso da risolvere. Ancora una volta Uomo e Robot assieme. Naturalmente, ancora una volta Baley e Olivaw. E ricomincia il sottile duello tra uomo e robot, tra istinto e ragione. Un argomento che molti tratterebbero con superficiale banalità , ma che nella penna di Asimov raggiunge livelli di incredibile meraviglia. Sarà  l’uomo a piegarsi alla razionalità  del robot, oppure R. Daneel Olivaw comprenderà  i meccanismi illogici del cervello umano? Ancora una meravigliosa avventura che lascerà  il lettore estasiato. La coppia più riuscita di tutta la letteratura di fantascienza. Ancora una perla del geniale Isaac Asimov. Un romanzo degno del precedente ( ) e un preludio eccellente al meraviglioso seguito: .

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«Prendo atto che c'è una crisi, signore» disse Baley.

«Perché dice questo?»

«Mandare un terrestre su un Mondo Esterno è rischioso. Gli spaziali ci odiano. Con la migliore volontà del mondo e anche se sono là su loro invito, potrei provocare un incidente interstellare. Il governo terrestre potrebbe con facilità evitare di mandarmi, se volesse. Basterebbe dire che sono malato. Gli spaziali hanno una paura patologica delle malattie. Non mi vorrebbero per nessun motivo, se pensassero che sono malato.»

«Suggerisce» disse Minnim «che dobbiamo tentare questo trucco?»

«No. Se il governo non avesse nessun altro motivo per mandarmi, ci avrebbe già pensato, e avrebbe anche pensato a qualcosa di meglio senza il mio aiuto. Ne consegue che la cosa essenziale è la questione dello spionaggio. E se è così, ci dev'essere qualcosa di più di un guarda-un-po'-quello-che-riesci-a-vedere per giustificare il rischio.»

Baley si aspettava quasi un'esplosione a cui avrebbe quasi dato il benvenuto come sollievo alla pressione, ma Minnim si limitò a sorridere gelido e a dire: «Sembra che lei riesca a vedere al di là dei particolari poco importanti. Ma non mi aspettavo di meno».

Il sottosegretario si chinò sopra la scrivania verso Baley. «Eccole una certa informazione che lei non discuterà con nessuno, nemmeno con altre autorità governative. I nostri sociologi sono giunti a certe conclusioni concernenti la presente situazione galattica. Cinquanta Mondi Esterni, sottopopolati, roboticizzati, potenti, con gente piena di salute e longeva. Noi, affollati, tecnologicamente sottosviluppati, con vita breve, sotto la loro egemonia. È una condizione instabile.»

«Tutto lo è, alla lunga.»

«Questa è instabile in tempi brevi. Un centinaio d'anni è il massimo che ci viene concesso. La situazione terrà durante la nostra vita, questo è certo, ma abbiamo dei figli. Alla fine diventeremo un pericolo troppo grande per i Mondi Esterni perché ci permettano di sopravvivere. Sulla Terra ci sono otto miliardi di individui che odiano gli spaziali.»

«Gli spaziali ci hanno escluso dalla galassia, maneggiano i nostri commerci a loro profitto, danno ordini al nostro governo e ci minacciano con disprezzo. Che cosa si aspettano, gratitudine?»

«Vero, eppure lo schema è fissato. Rivolta, repressione, rivolta, repressione… Ed entro un secolo la Terra sarà spazzata via dai mondi abitati. Così dicono i sociologi.»

Baley si agitò a disagio. Uno non mette in discussione i sociologi e i loro computer. «Ma che cosa si aspetta che riesca a fare, se questa è la situazione?»

«Portarci informazioni. La grave pecca in queste previsioni sociologiche è la nostra mancanza di dati sugli spaziali. Abbiamo fatto delle supposizioni sulla base dei pochi spaziali che hanno mandato qui. Abbiamo dovuto fidarci di quello che loro ci hanno raccontato di sé, così ne consegue che conosciamo la loro forza e soltanto quella. Maledizione, hanno i loro robot, il loro basso numero e le loro lunghe vite. Ma hanno debolezze? Ci dev'essere qualche fattore che, se ne fossimo a conoscenza, potrebbe alterare l'inevitabilità sociologica della distruzione; qualcosa che potrebbe guidare le nostre azioni e migliorare le possibilità di sppravvivenza della Terra.»

«Non avrebbe fatto meglio a scegliere un sociologo, signore?»

Minnim scosse il capo. «Se avessimo potuto mandare chi ci piaceva, lo avremmo fatto dieci anni fa, quando si era appena arrivati a queste conclusioni. Questo è il primo pretesto che ci si offre per mandare qualcuno, loro ci chiedono un detective, e a noi sta bene. Un detective è anche un sociologo: un sociologo praticone, orecchiante, altrimenti non sarebbe un buon detective. Le sue note provano che lei lo è.»

«Grazie, signore» rispose Baley meccanicamente. «E se mi metto nei guai?»

Minnim scrollò le spalle. «È il rischio del lavoro di poliziotto.» Lasciò cadere l'argomento con un gesto ondeggiante della mano e aggiunse: «In ogni caso lei deve andare. Il momento della sua partenza è fissato. La nave che deve portarla la sta aspettando».

Baley s'irrigidì. «Aspettando? Quando parto?»

«Tra due giorni.»

«Allora devo tornare a New York. Mia moglie…»

«Vedremo noi , sua moglie. Non può venire a conoscenza della natura del suo lavoro, lo sa. Le sarà detto di non aspettarsi notizie da lei.»

«Ma questo è disumano. Devo vederla. Può darsi che non la veda mai più.»

«Quello che sto per dirle potrebbe sembrarle anche più disumano,» ribatté Minnim «ma non è forse vero che non c'è giorno in cui, accingendosi a fare il suo dovere, lei possa dire con sicurezza che la vedrà ancora? Agente Baley, noi tutti dobbiamo fare il nostro dovere.»

La pipa di Baley era spenta da un quarto d'ora. Non se n'era nemmeno accorto.

Non c'era nient'altro che qualcuno potesse dirgli. Sul delitto nessuno sapeva niente. Un funzionario dopo l'altro servirono semplicemente a portarlo al momento in cui, ancora incredulo, si trovò alla base di un'astronave.

Era come un cannone gigantesco puntato al cielo, e Baley rabbrividiva spasmodicamente nella fredda aria aperta. La notte si chiudeva su di loro (e di questo Baley era grato) come mura nere che si fondevano con un nero soffitto. Era nuvoloso, ma una lucente stella, attraverso uno squarcio tra le nuvole, gli colpì gli occhi, facendolo sobbalzare, anche se le stelle le aveva già viste nei planetari.

Una piccola scintilla, lontana, lontanissima. La fissò con curiosità, quasi senza paura. Gli sembrava molto vicina, molto insignificante, eppure in giro c'erano cose simili circondate da pianeti su cui vivevano i signori della galassia. Il sole era una cosa così, pensò, solo molto più vicina, e ora brillava sull'altro lato della Terra.

Pensò improvvisamente alla Terra come a una palla di pietra, con su una pellicola di umidità e gas, esposta al vuoto da ogni lato, con le città scavate nel velo esterno, attaccate precariamente tra roccia e aria. Gli venne la pelle d'oca.

Naturalmente la nave era un vascello degli spaziali. Il commercio interstellare era interamente nelle loro mani. Egli ora era solo, appena fuori dalla periferia della Città. Gli avevano fatto il bagno, lo avevano spazzolato e sterilizzato, finché lo avevano considerato sufficientemente sicuro, in base agli standard degli spaziali, da poter salire a bordo. Anche così, avevano mandato a incontrarlo solo un robot, comportandosi come se lui si portasse dietro dall'afosa Città centinaia di specie di germi micidiali a cui lui era resistente, mentre gli spaziali, cresciuti eugenicamente in laboratorio, no.

Il robot giganteggiava vagamente nella notte, gli occhi di un rosso opaco.

«Agente in borghese Elijah Baley?»

«Proprio così» rispose asciutto Baley, con i capelli sulla nuca che gli si rizzavano un poco. Era abbastanza terrestre da perdere il lume degli occhi nel vedere un robot che faceva il lavoro di un uomo. C'era stato R. Daneel Olivaw, che gli aveva fatto da partner nel caso dell'assassinio dello spaziale, ma quella era stata una cosa diversa. Daneel era stato…

«Mi segua, prego» disse il robot, e una luce bianca inondò la rampa verso la nave.

Baley lo seguì. Salì la scala ed entrò nella nave, lungo corridoi, fino a una stanza.

«Questa sarà la sua cabina, agente in borghese Baley» disse il robot. «Si richiede che lei vi rimanga dentro per tutta la durata del viaggio.»

Baley pensò: certo, chiudetemi a chiave. Tenetemi al sicuro. Isolato.

I corridoi lungo cui era passato erano stati svuotati. Probabilmente ora i robot li stavano disinfettando. Il robot che aveva di fronte probabilmente sarebbe passato attraverso un bagno germicida, quando se ne fosse andato.

«C'è una provvista d'acqua» continuò il robot «e servizi igienici. Si provvederà al cibo. Avrà materiale di lettura. Gli oblò sono controllati da questo pannello. Ora sono chiusi, ma se vuole vedere lo spazio…»

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