— NO! — La parola parve esploderle dalla bocca, sorprendendola per la forza e l’intensità. — No, non è quella la risposta. Non avete afferrato l’essenziale.
Vi fu un silenzio sgomento. Tutti la fissarono stupefatti, perfino Peron, mentre lei aveva sperato che capisse subito. — Non riuscite a capire? — proseguì. — Non avete afferrato il vero significato del loro messaggio.
— Ne dubito molto — replicò Judith Niles seccamente. Il suo volto era calmo, ma le cicatrici risaltavano sulla sua fronte. — Era più che chiaro. Lavorate ai problemi più importanti, e non lasciatevi distrarre dalle banalità.
— Sì, certo, aggredite quelli più grossi, non ci sono dubbi in proposito. Ma guardate dietro il messaggio, guardate i fatti. Il problema su Paradiso era noto da cinquemila anni terrestri, e nessuno si è mai avvicinato ad una soluzione. Fino all’arrivo dei nostri amici, la gente lo studiava dall’S-Spazio , e lo sforzo risolutivo di Lum e Rosanne è durato invece soltanto un paio d’anni. Adesso, considerate la nostra situazione. Abbiamo cinquantamila anni terrestri per imparare a controllare il cambiamento di tipo stellare, forse centomila anni se siamo fortunati. Con tutto questo tempo a disposizione la razza umana dovrebbe essere in grado di risolvere qualunque cosa, qualunque problema che le venga proposto. Ma non se lavorate nell’S-Spazio. L’S-Spazio si muove a passo di lumaca, e a noi serve un’azione veloce.
— Ma i messaggi degli Oggetti Kermel sono d’importanza assoluta — obiettò Judith Niles, che si era appoggiata allo schienale, con un’espressione perplessa sulla faccia. — Sono del tutto inaccessibili dallo spazio normale. Dovete cambiare il vostro sistema, cambiarlo completamente. Esporre il problema agli abitanti dei pianeti, e fare di essi la chiave della soluzione. È questo il resto del messaggio di Kallen e degli altri, la parte che tu hai ignorato.
Elissa si sporse sopra il tavolo, tutta la sua attenzione era concentrata su Judith Niles. — Vuoi che lavoriamo al problema centrale? Mi piacerebbe farlo, non c’è niente nell’universo che mi piaccia di più. Ma nello spazio normale. So che forse non vedrò mai la soluzione, se lo farò in questo modo. Ma correrò i miei rischi, perché mi sento sicura che i miei discendenti troveranno la risposta, forse mille anni dopo la mia morte. Per me è abbastanza perché ne valga la pena. — Guardò Peron, e trasse incoraggiamento dalla sua espressione. Stava annuendo con vigore, la sua precedente incertezza era scomparsa.
— Sono in tutto e per tutto d’accordo con Elissa — dichiarò. — Anche se non avevo colto la verità finché lei non ce l’ha fatta notare. Procediamo proprio come tu hai proposto e attiviamo la seconda installazione. Ma nello spazio normale. Ci passerete le migliori informazioni che riuscirete a raccogliere a Gulf City a mano a mano che le raccoglierete. Noi le trasformeremo in nuove teorie duemila volte più velocemente di quanto riuscirete mai a fare nell’S-Spazio.
Judith Niles aveva ascoltato con attenzione, ma adesso corrugava la fronte e scuoteva la testa. — Sembra buono, ma non funzionerebbe mai. Tutti e due, ascoltate cos’altro ha detto il vostro amico Kallen: «Vi manca l’esperienza». Ci vorranno molti anni per acquisirla. Avete bisogno dell’interazione con noi, qui a Gulf City, e non potreste mai conseguire i vantaggi della nostra esperienza se vi trovaste nello spazio normale e noi rimanessimo nell’S-Spazio. I problemi dello scambio d’informazioni sono enormi. Ho detto che vi lasceremo liberi d’intraprendere esperimenti nella seconda installazione, ma avreste sempre accesso a noi, per parlarci e scambiare idee. No. — Judith Niles scosse la testa. — Sembra buono, ma non funzionerebbe.
— Sono d’accordo con Elissa — esclamò Wolfgang Gibbs all’improvviso dall’altro lato del tavolo. Ristette, come se fosse rimasto sorpreso da quel suo scatto. Quando riprese, rivolse le sue parole a Judith Niles, ma tenne gli occhi puntati su Elissa e Peron, come per trarre sostegno da loro. — Ha ragione. Saremo in grado di progredire migliaia di volte più veloci nello spazio normale che nell’S-Spazio, per non parlare del T-stato, e tu sai che è il mio pargolo prediletto. Ho tentato di risolvere il problema per mesi e per anni, chiedendomi in qual modo avremmo potuto fare progressi migliori. Ma non ho mai pensato a due installazioni, una nell’S-Spazio e una nello spazio normale. Per noi, abituati a come vanno qui le cose, lo spazio normale è quasi una prospettiva impensabile. Un arco di vita più breve, in totale dipendenza dai pianeti, probabilmente senza mai vedere la soluzione… ma scommetto che funzionerà.
Fece una pausa, esitò, guardò Charlene ed Elissa, e di nuovo Judith Niles. Il suo volto era pallido, ma c’era soltanto convinzione nella sua voce. — Il tuo punto sull’esperienza è valido. Non ci sono sostituti per gli anni d’esperienza pratica fatti qui con il nostro lavoro. Ma ho una risposta. Se procederete e insedierete una seconda installazione nello spazio normale, allora mi offro volontario per venire con voi in quella seconda installazione.
— Wolfgang! — esclamò Charlene Bloom. La parola le era sfuggita spontanea. Si morse il labbro e abbassò lo sguardo. Stavano rivelando troppo, c’era troppa nuova speranza nella voce di lui, e troppo vivo dolore nella propria.
Judith Niles si era raddrizzata sulla sua sedia. Il sostegno ad Elissa era arrivato dalla direzione che meno si era aspettata. — E tu, Charlene? — chiese con calma. — Dal momento che, a quanto pare, ci siamo formati tutti la nostra opinione.
Peron fissò il Direttore e si stupì. Come Sy, sembrava capace di spostarsi all’istante da una posizione all’altra, ed essere subito pronta per lo stadio successivo della discussione. Era come se la sua analisi delle osservazioni sue e di Elissa fossero state fatte in maniera automatica, nel subconscio, senza bisogno di tempo per l’assimilazione e una riflessione completa.
— Rimarrò qui — disse Charlene dopo qualche istante. Si voltò per guardare Wolfgang e la sua voce era disperata. — Il mio lavoro è qui, a Gulf City. Non potrei farlo in un’altra installazione. Ma Wolfgang, se tu te ne vai, chi potrà continuare il tuo lavoro sul T-stato?
Judith Niles fissò Sy, il quale fece un impercettibile cenno col capo. — Abbiamo un volontario per questo — lei annunciò. — Sy ha il desiderio di esplorare il T-stato e oltre. Perciò, adesso…
Si abbandonò sullo schienale della sedia e chiuse di nuovo gli occhi. — Adesso viene la domanda difficile. Voi proponete un approccio radicalmente diverso. Sono convinta che funzionerà?
— Domanda sbagliata — replicò Peron.
Judith Niles aprì gli occhi e gli sorrise. — È vero. Mi correggo: non possiamo conoscere in anticipo quello che funzionerà e quello che non funzionerà. Quindi, ecco la domanda corretta: penso che una seconda installazione nello spazio normale abbia una miglior possibilità di successo che una nell’S-Spazio? La risposta è: forse. Sì, forse. Ho pensato a molte possibilità, ma non avevo mai preso in considerazione la soluzione dell’effimera.
— Non puoi permetterti di non tentarla — disse Peron. — Anche se tu la respingerai, noi la tenteremo.
— Lo so. Brutta posizione per un capo. Giusto? — Sorrise, poi si voltò verso Wolfgang. — E sai per cosa ti stai offrendo volontario? Possiamo darti un arco di vita prolungato nello spazio normale, ma sarai pur sempre morto in meno di un S-anno.
— Dammi credito per qualcosa, JN. — Quel momento di sfida aveva dato a Wolfgang una nuova fiducia. — So esattamente quello che mi sono offerto di fare. Andrò nello spazio normale, e mi aspetto di morirci. E allora? Anch’io ho visto quel messaggio da Paradiso. E adesso che ci penso, non ho mai voluto vivere per sempre. Voglio soltanto vivere bene. Qui, Sy può fare il mio lavoro almeno altrettanto bene, maledettamente meglio, magari. Io dico: procediamo.
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