Charles Sheffield - Le guide dell'infinito

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Le guide dell'infinito: краткое содержание, описание и аннотация

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Solo una minima parte dell’umanità riuscì a sfuggire alla catastrofe nucleare che nel 21° secolo devastò la Terra, rifugiandosi in primitive colonie orbitali attorno al pianeta. Ma una volta vinta la battaglia per la sopravvivenza, cominciò il grande esodo verso nuovi mondi nelle zone più remote dello spazio.
Dopo vari millenni ecco incombere su questi mondi la presenza degli Immortali, esseri che possiedono strani legami con la vecchia Terra, apparentemente in grado di estendere la propria vita all’infinito e di superare distanze di anni luce in pochi giorni. Sul pianeta Pentecoste, alcuni lontanissimi discendenti dell’umanità cercano di scoprire la vera natura degli Immortali, intuendo appena che il contatto con tali creature li porterà ad acquisire conoscenze inimmaginabili, tra cui il segreto dell’S-spazio normale. Ma si tratta solo del principio, perché seguono altre rivelazioni sull’intera storia dell’umanità, dall’origine alla distruzione della Terra e alla secolare diaspora nello spazio, che scatenano nuove inquietudini e rilanciano appassionanti interrogativi. Qual è infatti il segreto dell’enigmatico Punto di Convergenza, una zona lontanissima da ogni stella conosciuta? E fino a dove si estendono i poteri degli Immortali e la loro conoscenza del passato e del futuro dell’umanità? E quali sono, infine, le loro reali intenzioni?
Un epico e illuminante viaggio che interroga il destino dell’uomo nella vastità del cosmo, tra grandiose intuizioni ed ipotesi inedite che esaltano le virtù della miglior fantascienza.
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Considerò la possibilità di erigere una barricata davanti alla porta che conduceva nella camera dell’animazione sospesa, poi decise che non sarebbe stato necessario. Se le cose fossero andate secondo i piani, il suo lavoro sarebbe finito prima che Rinker e gli altri potessero interferire.

Prima Elissa. Non vedeva l’ora di rivederla, di poterle parlare di nuovo. Gli ci vollero soltanto pochi istanti per cambiare la regolazione e schiacciare i comandi di Inizio. Peron sbirciò ansioso attraverso la sommità trasparente del serbatoio. C’era un ronzio di motori all’interno della bara, e dopo pochi istanti un vapore giallo cominciò a riempirlo. Elissa, e ogni altra cosa là dentro, divennero ben presto invisibili. Trepidante, Peron passò da un serbatoio all’altro, regolandoli sulle condizioni che avrebbero dovuto riportare tutti i suoi amici alla coscienza, facendoli uscire dal sonno freddo.

Per Elissa, l’orrore era cominciato quando aveva visto le condizioni della tuta di Peron. La superficie ruvida di Whirlygig l’aveva lacerata e forata, al punto da rendere del tutto inefficace la sua protezione termica. Le temperature esterne davano per certo che Peron non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere.

Ma il loro dolore per la sorte di Peron aveva avuto appena il tempo di manifestarsi quando Wilmer aveva preso il comando. Perfino la fiducia in se stesso di Lum e la remota aria di superiorità di Sy erano state spazzate via dalla risoluta certezza dell’altro.

Lei, come tutti gli altri, aveva fatto tutto ciò che Wilmer aveva chiesto, e senza far domande.

Per prima cosa, era stata creata un’atmosfera respirabile all’interno della cupola. Poi lei e Kallen avevano sfilato delicatamente Peron fuori della tuta e degli indumenti interni. La sua pelle si era scurita e le sue vene risaltavano sopra di essa. Elissa si era chinata su di lui. Non era riuscita a cogliere il minimo segno di respirazione. Gli aveva tastato il polso, senza percepire alcun battito. Il polso e la gola di Peron erano gelidi come il ghiaccio, al tocco della sua mano priva di guanto.

— Dammi una mano per girarlo — aveva detto Wilmer. — È necessario che stia a faccia in giù. Bene, adesso vai ad aiutare Lum e regolare i comandi della temperatura. Devono essere ancora funzionanti… e non credo che tu voglia guardare quello che sto per fare.

Elissa aveva guardato lo stesso, incapace di staccarsi da lì. Wilmer si era tolto i guanti della tuta e aveva chiuso le proprie mani in un materiale sottile e vetroso che si sagomò sulla sua pelle aderendovi in modo perfetto. Piegò le dita alcune volte, saggiando se erano pronte, poi estrasse un bisturi d’argento dalla sua valigetta verde. Esegui con precisione alcune incisioni alla base del collo di Peron e all’estremità inferiore della colonna vertebrale. Qui vennero inseriti dei sottili e luccicanti cateteri. Sistemati all’ingresso di ciascuna apertura, vi s’insinuarono dentro senza nessun altro intervento da parte di Wilmer, penetrando in profondità dentro il corpo di Peron. Wilmer sistemò una maschera facciale sopra il naso e la bocca di Peron, e la collegò a un piccolo cilindro grigioazzurro. Aprì una valvola ed Elissa udì il sibilo del gas.

La temperatura della cupola era salita un po’. Wilmer aprì la visiera e annusò l’aria.

— Caldo abbastanza — osservò. — Suggerisco che apriamo le nostre visiere e conserviamo l’aria delle tute, potremmo averne bisogno.

Tirò fuori un altro cilindro dalla valigetta. — Ecco. — Lo porse a Elissa. — Questo migliorerà l’atmosfera. Immetto questo nell’impianto centrale per la circolazione dell’aria nella cupola. Poi potremo togliere la maschera dal viso di Peron.

— È vivo?

— Per il momento, sì. Ma è ancora in pericolo.

Elissa prese il cilindro, andò all’unità di circolazione dell’aria e ve lo inserì. Ruppe l’ugello. A tutta prima parve che non fosse successo niente. Poi l’aria gelida della cupola si appesantì d’un profumo intenso, come se l’ossigeno che vi era contenuto venisse risucchiato via. Elissa si voltò verso Wilmer corrugando la fronte. Notò che aveva chiuso la visiera della sua tuta. Avrebbe voluto chiedergli cosa mai stesse facendo, ma non riuscì a esprimere a voce il proprio pensiero. Il momento si allungò. Wilmer era immobile, guardava e aspettava. Elissa provò un’ultima, strana sensazione di distacco, come se si stesse sollevando verso il soffitto della cupola, lasciandosi il corpo alle spalle.

E adesso… si stava svegliando… e trovò Peron in piedi, chino sopra di lei, che la fissava con ansia. Sbatté le palpebre per schiarire l’immagine sfocata.

— Elissa? Stai bene?

Le passò un braccio intorno alle spalle e la tirò su, per metterla in posizione seduta. Elissa fu colta da un tremito incontrollabile, in preda a un miscuglio di emozioni e di gelo. Abbassò lo sguardo su di sé. Nella cupola aveva indossato abiti termici, adesso era nuda salvo una membrana trasparente di tessuto sottile.

Dov’era? Com’era arrivata là? Si sforzò di pensare con chiarezza. Nel momento del risveglio era difficile essere logici. E che importanza aveva la logica? Peron era là, vivo. Si sentiva strana, gelata ma con la testa leggera e la voglia di mettersi a ridere. Le spiegazioni potevano aspettare qualche altro istante. Si accoccolò tra le braccia di Peron.

— Sono qui — disse. Tutto era piacevole e immensamente divertente. — Ma, Peron, ho freddo.

— Bene, ti stai svegliando. — Peron le indicò un assortimento d’indumenti ammucchiati al suo fianco. — Prendi quelli che ti vanno bene. Devo andare a vedere come se la cavano gli altri.

— Peron! — Elissa rabbrividì, poi tese le braccia e gratificò Peron di un abbraccio forte a sufficienza per far scricchiolare le costole di entrambi. — Spiegami. Cosa è successo?

— Te lo dirò più tardi. — Le restituì l’abbraccio con gli interessi. — Vieni. Potrei aver bisogno di aiuto per tirar fuori Lum. Avrebbero potuto chiamarlo Lump.

Elissa frugò nel mucchio e trovò una tuta adatta per lei, mentre Peron apriva il portello del serbatoio accanto e faceva del suo meglio per tirar fuori il suo occupante. Vi fu una buona dose di grugniti e d’imprecazioni. Lum era semicosciente, e offriva un mucchio di resistenza disorganizzata.

— Ecco. Lascia che ci riprovi. — Elissa girò sull’altro lato e si sporse in avanti. Strinse i capelli di Lum e diede ad essi un robusto strattone. Lum si rizzò a sedere di scatto, stralunò gli occhi e lanciò un grido di protesta.

— Non c’è bisogno di far così. Sono sveglio. — I suoi occhi si chiusero e cominciò a riaffondare. — Tutto a posto. Sono sveglio, un minuto e sarò in piedi.

— Tiragli di nuovo i capelli e poi dagli una mano a vestirsi — disse a Peron. — Vedi se riesci a trovare qualcosa di abbastanza grande per lui. Adesso tocca a Kallen, ma scommetto che sarà più facile. Rosanne mi ha detto che Lum dorme come un morto anche in condizioni normali.

Pochi minuti ancora e Rosanne e Kallen vennero risvegliati, sia pure con qualche residuo d’intontimento. Peron li lasciò tutti sospirosi e tremanti a cercarsi qualche indumento caldo. Sy subì il procedimento per ultimo. Passò in un istante dal sonno alla massima attenzione. Proprio mentre i suoi occhi si aprivano si contorse di lato come un gatto, disponendo il corpo in posizione difensiva.

— Rilassati — esclamò Peron. — Sei con amici.

Sy rivolse a Peron un fugace, incredula occhiata, poi si guardò intorno. — Dove sono? L’ultima cosa che ricordo è che eravamo nella cupola su Whirlygig. Cos’è successo?

— È una lunga storia. Indossa qualcosa e seguimi. Vi spiegherò per strada.

Peron li guidò fino alla mensa, dove la dottoressa Ferranti e gli altri stavano finalmente mostrando segni di movimento. Garao era a metà strada verso la porta, con un piede sollevato dal pavimento.

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