Connie Willis - Il fattore invisibile

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Sandra è una scienziata molto particolare: si occupa di mode passeggere e il suo compito è prevedere quali saranno le manie del futuro prossimo. Insieme al collega Bennett O’Reilly, esperto di teoria del caos, è convinta di poter individuare la causa della diffusione di tali fenomeni, e aggiudiarsi così un congruo finanziamento per il progetto. Ma raramente la ricerca scientifica è semplice e lineare, e la strada del successosarà piena di imprevisti… Un libro scintillante e originalissimo da una delle migliori scrittrici di fantascienza contemporanee.
Nominato per il premio Nebula per il miglir romanzo in 1997.

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— Sì — dissi, continuando a sorridere. — L’hai avuta, la nuova qualifica?

— S-sì — rispose Flip. — Ora sono il collegamento comunicazioni interdipartimentali. Ma per la mia assistente si aspettano che partecipi a un comitato di ricerca. Dopo l’orario!

Lungo l’orlo del giubbino c’era una fila di automatici, uno stile che non avevo mai visto prima. Lo porta a rovescio, pensai.

— Il punto era che avevo troppo lavoro — disse Flip. — Per questo devo avere un’assistente, no? Ehi?

Portare capi d’abbigliamento in modo diverso da quello previsto è una moda sempre popolare (lacci da scarpe slegati, berretti da baseball con la visiera al contrario, cravatta al posto della cintura, sottoveste per vestito) che non si può neppure attribuire al merchandising, perché non costa niente. Non è neppure nuova. Nel 1955 le studentesse cominciarono a mettersi i cardigan a rovescio, mentre nel 1920 le loro madri portavano pellicce di procione su gonne corte e soprascarpe sfibbiate. Le fibbie metalliche tintinnavano e sbatacchiavano, e questo spiega l’origine del termine flappers per indicare ragazze vivaci e spregiudicate. Ma non c’è mai accordo sull’origine di qualcosa che riguardi le mode, ed è quindi possibile che il termine derivi dal movimento da gallina delle braccia nel ballo del charleston. Però il charleston non venne di moda fino al 1923 e flappers era già in uso nel 1920.

— Allora — disse Flip — mi sta a sentire o no?

Non c’era da meravigliarsi che Pippa cantasse mentre passava sotto le finestre dei suoi beneficiati. Se avesse dovuto sopportarli, non sarebbe stata così allegra. Mi costrinsi a mostrarmi interessata. — Chi altri fa parte del comitato?

— Ah, non lo so. Gliel’ho detto, non ho tempo di andare alle riunioni.

— Ma non vuoi accertarti di avere una buona assistente?

— No, se devo fermarmi dopo l’orario. — Con aria irritata si tolse da sotto le cosce alcuni ritagli. — Il suo ufficio è un casino. Non lo pulisce mai?

— “ S’alza in volo l’allodola; / la chiocciola è sul rovo.”

— Cosa?

Allora, pensai, Browning si sbagliava. — Farei volentieri quattro chiacchiere — dissi — ma è meglio che mi dedichi al modulo per i finanziamenti.

Flip non si mosse. Guardò distrattamente i ritagli.

— Devi farmi una fotocopia di ciascun ritaglio. Ora. Prima di andare alla riunione del comitato di ricerca.

Ancora niente. Presi una matita, allegai alle altre le pagine appena recuperate e cercai di concentrarmi sul modulo semplificato per i finanziamenti.

Non mi preoccupo mai troppo dei finanziamenti. Ci sono mode sia nella scienza sia nell’industria, è vero, ma l’avidità non passa mai di moda. Alla HiTek piacerebbe da matti sapere che cosa produce le mode, per poter inventare la prossima. E i progetti di statistica non costano molto. Avrei chiesto infatti solo il finanziamento per un computer con più memoria. Ciò non significava però che avrei potuto trascurare il modulo per i finanziamenti. Non importava se il tuo progetto era un infallibile metodo per cambiare il piombo in oro: se non riempivi il modulo e non lo presentavi in tempo, Grancapo ti cancellava senza scampo.

Scopi del progetto, metodo sperimentale, proiezione dei risultati, classifica analisi della matrice… Classifica analisi della matrice?

Girai la pagina per vedere se c’erano istruzioni e la pagina si staccò del tutto. Non c’erano istruzioni, né lì né alla fine del modulo.

— Al modulo erano accluse delle istruzioni? — domandai a Flip.

— Come faccio a saperlo? — Si alzò. — E questo cos’è? — Mi mise sotto il naso un ritaglio, un avviso pubblicitario con una bionda dai capelli alla maschietta ferma accanto a una Hupmobile.

— L’auto?

— No-o-o — rispose Flip, lasciando uscire il fiato in un lungo sospiro. — I suoi capelli.

— Un’acconciatura — dissi. Mi sporsi per vedere se era alla Eton o à la garsonne. I capelli erano arricciati in onde regolari ai lati della testa. — Permanente Marcel — dissi. — Una messa in piega ottenuta con uno speciale arricciatore elettrico, divertente come una seduta dal dentista.

Ma Flip aveva già perso interesse. — Se ti fanno restare dopo l’orario o ti danno lavori extra, ti devono pagare lo straordinario, penso. Come cucire questo mucchio di moduli e consegnarli a tutti. Alcuni dovevano andare giù fino a Biologia.

— Ne hai consegnato uno al dottor O’Reilly? — domandai, ricordando che Flip aveva l’abitudine di scaricare i pacchetti nell’ufficio più vicino.

— Naturalmente! Non mi ha nemmeno ringraziato. Che zarro!

— Zarro? — ripetei. È impossibile stare al passo con le mode del linguaggio e non ci provo neanche dal punto di vista della ricerca, ma conosco buona parte dei termini gergali, perché con quelli si descrivono le mode. Però “zarro” non l’avevo mai sentito.

— Non sa cosa significa zarro? — disse Flip, in un tono che mi fece desiderare che Pippa fosse andata in giro per l’Italia a schiaffeggiare le persone. — Non alla moda. Non attraente. Cybercesso. Zarro. — Agitò le braccia, cercando le parole. — Completamente negato per la moda — disse infine e si precipitò fuori, con i bracciali di nastro adesivo e il giubbino a rovescio. Senza i ritagli.

CAFFÈ (1450 – 1544)

Moda mediorientale che ebbe inizio nell’Aden e poi si diffuse alla Mecca e per tutta la Persia e la Turchia. Uomini seduti a gambe incrociate su tappeti sorseggiavano da piccole tazze un caffè denso, nero, amaro e intanto ascoltavano recite di poesie. Alla fine i caffè divennero più popolari delle moschee e furono messi al bando dalle autorità religiose perché frequentati da persone “di bassi costumi e di pochissima industriosità”. Si diffusero a Londra (1652), Parigi (1669), Boston (1675), Seattle (1985).

Sabato mattina mi telefonarono dalla biblioteca per dirmi che il mio nome era al primo posto nella lista di prenotazioni per Sotto la guida del fato ; perciò andai a Boulder a prendere il libro e a comprare un regalo di compleanno per Brittany.

— Se vuole, può prendere anche Angeli, angeli dappertutto — mi disse Lorraine in biblioteca. Indossava una felpa con un dalmata e orecchini rosso presa antincendio. — Finalmente ne abbiamo avute altre due copie, ora che nessuno le vuole.

Sfogliai il libro mentre lei passava al lettore di codice a barre la copia di Sotto la guida del fato.

“Il tuo angelo custode viene con te dappertutto” diceva. “È sempre presente, al tuo fianco, dovunque tu vada.” C’era il disegno di un angelo dalle grandi ali che incombeva su una donna in fila davanti alla cassa del supermercato. “Puoi ignorarlo, puoi perfino fingere che non esista, ma questo non lo farà andare via.”

Finché non passa la moda, commentai tra me.

Presi Sotto la guida del fato e un libro sulla teoria del caos e sui diagrammi di Mandelbrot, un pretesto per scendere a Biologia e vedere che cosa indossava il dottor O’Reilly. Poi feci un salto al Mall di Pearl Street.

Lorraine aveva ragione. La libreria esponeva su uno scaffale L’angelo nel mio condominio e Il ricettario del cherubino e, a metà prezzo, Il calendario degli angeli. In vetrina c’era una grande esposizione di Incontri fatati del quarto tipo.

Salii al piano di sopra, nel reparto libri per bambini, e trovai altre fate: Le fate dei fiori (che era stato di moda già un’altra volta, negli anni Dieci); Fate, fate dappertutto ; Ancora fate, fate dappertutto ; e Il paese del divertimento fatato. Anche libri di Batman, del Re Leone, dei Power Rangers e di Barbie.

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