Il maglione, però, non era troppo largo, e nonostante tutto Thompson avvertì una vampata di desiderio. Sorrise al volto rotondo e allegro di Sonya.
«Sì, mi ero proprio scordato dell’invito. Dove andrei a finire senza di te?»
Lei rise. «A letto con un’altra ragazza. Sono tutte invidiose di me, sai.»
«Ah, angelo della mia salvezza» disse lui, passandole il braccio sulle spalle. «Sei troppo buona con me. Dopo tutto, sono un vecchio tremante…»
«Non è vero!»
«Un uomo di mezza età, allora.» Assieme, s’avviarono verso l’edificio in legno che conteneva la stanza di Markov. «Ci sono tanti uomini più giovani che sospirano e gemono all’idea di strapparti un sorriso. Eppure tu concentri su di me tutte le tue energie.»
“E a pensarci” aggiunse fra sé “ci sono altre donne che questa ipermaniaca sessuale ha tenuto lontano da me.”
Ma Sonya non voleva nemmeno sentirne parlare. La sua devozione per Markov era assoluta. E, sì, lui finì col fare di nuovo l’amore, prima di uscire per il tè. Il che non costituì una sorpresa per Markov. Semi-appisolato sui seni grandi e morbidi di lei, si scoprì a tentare di contare quante volte l’avessero fatto negli ultimi due mesi.
“Devo essere più o meno a livello di record mondiale per un uomo che ha quasi cinquant’anni” si stupì.
Il tè del direttore fu molto privato, molto tranquillo, e, per fortuna, breve. Markov parlò amabilmente dei suoi studi sulle lingue orientali, mentre tutti gli altri, uomini e donne, discutevano di astronomia ed elettronica. Lui non capiva loro, e loro non capivano lui. Nessuno parlò degli impulsi radio provenienti da Giove, perché in teoria costituivano un segreto di cui solo una mezza dozzina di persone del centro erano al corrente. E nessuno sapeva chi, fra gli altri ventiquattro invitati al tè, potesse riferire a Mosca le loro conversazioni.
Markov non aveva fame quando gli invitati salutarono l’ospite e tornarono alle loro stanze. Superò la mensa e si diresse alla propria stanza. Senz’altro Sonya lo avrebbe aspettato a letto.
Forse dorme, sperò Markov. Poi fece una smorfia. “Bella situazione! Hai paura di lei. È ora che tu le dica che sei un uomo sposato e non puoi più continuare con questa relazione.”
Pensò alla specialista in elettronica, bionda, snella e languida, che aveva visto al tè del direttore. Grandi occhi assonnati. Se non altro, sarebbe stata meno faticosa.
Fu una sorpresa notevole aprire la porta della stanza e trovare sua moglie seduta davanti al termoconduttore.
«Maria!»
Lei alzò la testa a guardarlo, con la solita espressione accigliata.
Markov lanciò un’occhiata al letto. Era disfatto, ma vuoto.
«Cosa ci fai qui?» Chiudendo la porta, si chiese che fine avesse fatto Sonya.
«Sono venuta a sentire il resoconto dei tuoi progressi» disse lei. «I miei superiori hanno pensato che mi avrebbe fatto piacere rivedere mio marito, dopo due mesi di lontananza.»
Imbastendo un sorriso, Markov disse: «Che pensiero gentile.»
Si tolse il cappotto, lo appese al gancio dietro la porta. La valigia nera di Maria era sul pavimento, vicino all’armadio.
L’armadio! Possibile che Sonya fosse nascosta nell’armadio?
«Sarai stanca, dopo un viaggio del genere» disse Markov alla moglie. «Ti va un po’ di tè? Vuoi cenare?»
«Mi sembri stanco anche tu. Hai cerchi neri sotto gli occhi.»
«Ho lavorato sodo.»
«Sì, lo so.»
“Dev’essere così che si sente un topo quando è fra le zampe del gatto” pensò Markov. “O un delinquente quando la polizia lo cattura.”
«Temo di non avere fatto molti progressi…»
«Dipende dai punti di vista» disse Maria, in tono freddo, distaccato. «La ragazza che stava nel tuo letto sembrava piuttosto contenta dei tuoi progressi.»
«Ragazza?» La voce di Markov era quasi stridula. «Oh, quella. Lei… Be’…» Scrollò le spalle, ebbe un sorriso goffo.
«Spero che tu abbia scoperto qualcosa sui segnali radio» disse Maria, mortalmente calma «tra una seduta a letto e l’altra.»
Il sorriso di Markov si sgretolò. Lui prese una sedia, sedette di fronte a lei, e disse: «Maria… Non credo che si possa scoprire qualcosa su quegli impulsi. Ci siamo serviti delle analisi del computer e io le ho studiate attentamente per mesi…»
«Attentamente.» La donna sbuffò.
«Attentamente» ripeté lui. «Non c’è la minima traccia di periodicità, o di ritmicità, o di una qualsiasi delle caratteristiche che è lecito attendersi da un linguaggio.»
«Sei sicuro che la tua mente non sia stata tanto ottenebrata da impedirti di lavorare come si deve?»
«Sono mai venuto meno alle tue aspettative?»
«Stai invecchiando, ma la tua saggezza non aumenta.»
Lui si batté il palmo della mano sul ginocchio. «Questo è ingiusto, Maria Kirtchatovska! Io sono…»
Lei gli puntò addosso l’indice, e Markov piombò nel silenzio. «Dobbiamo decifrare questo codice, Kirill. Capisci? I miei superiori non accetteranno uno scacco.»
«Ma io non credo che “sia” un codice.»
«Loro sì.»
Alzando le mani al cielo, Markov chiese: «E se loro credono che la luna sia di formaggino tenero, uccideranno i cosmonauti che ne riportano rocce?»
Maria non si spostava d’un millimetro. A Markov pareva un mulo testardo, recalcitrante. Le parole rimbalzavano sulla sua pelle coriacea.
«Se non è un codice, non è un codice!» disse lui, a voce più alta. «Se non è un linguaggio, come può essere un linguaggio?»
Lo sguardo di Maria lo trafisse. «Quindi, dovrei tornare a Mosca e riferire ai miei superiori che mio marito ha studiato i segnali radio per due mesi e ha concluso che la loro origine è assolutamente naturale. E quando mi chiederanno che tipo di studi ha condotto, potrò dire che ha trascorso quasi tutti e due i mesi a letto con una vacca ipersessuata che bisognerebbe mandare a pascolare in Siberia.»
«No!» ruggì Markov. «Non puoi farlo.»
«Il tuo fallimento è il mio fallimento» ribatté Maria. «E prima che questo succeda, manderò all’inferno la tua puttanella.»
«Maria, non capisci…»
«No, sei “tu” che non capisci. Non sono disposta ad accettare la tua parola in questa situazione. Non quando so che ti sei messo a giocare, anziché lavorare. E con la mia carriera che giochi! Con la mia vita! E con la tua.»
Disperato, lui si passò una mano tra i pochi capelli. «Senti… Ho fatto un lavoro serio su quei segnali. Onestamente. Lascia che mostri tutto all’accademico Bulacheff. Se lui è d’accordo con me, ti riterrai soddisfatta?»
Maria gli lanciò un’occhiata lunga, assassina; poi infilò una mano nella valigia ai suoi piedi e tirò fuori un foglio di carta, una lettera manoscritta.
«Leggi qui» ordinò.
Markov socchiuse gli occhi, si frugò in tasca, trovò gli occhiali, li infilò. Mentre leggeva, il suo viso perse ogni sicurezza. La mano cominciò a tremargli leggermente.
Alla fine, tornò a guardare sua moglie. «Chi… Chi è questo Stoner?»
«Uno scienziato americano, un astrofisico che ha partecipato alla costruzione del telescopio che gli americani hanno messo in orbita all’inizio di quest’anno.»
Vacillante, Markov raggiunse il letto, vi si lasciò cadere. «E, secondo lui, nelle vicinanze di Giove c’è una nave spaziale che è la causa dei segnali.»
Maria disse: «Perché ti ha scritto una lettera del genere?»
Scrutando il foglio sottile, Markov rispose: «Dice di aver letto il mio libro sui linguaggi extraterrestri…»
«Il tuo celebre libro.»
«Ma… Tu credi a quello che dice, Maria? Forse è un trucco degli americani.»
«Molti americani non comprendono la natura della lotta fra capitalismo e comunismo. Pensano che i due sistemi possano coesistere in pace.»
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