John Christopher - Morte dell'erba

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Morte dell'erba: краткое содержание, описание и аннотация

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Il romanzo tratta dell’imbarbarimento della società in seguito al diffondersi del virus Chung-Li, il quale colpisce e distrugge irrimediabilmente tutti i tipi di quella che sinteticamente e definita “erba”, in dettaglio tutte le piante erbacee appartenenti alla famiglia delle
, tra cui il comune foraggio erbaceo da graminacee, il mais, il miglio, il sorgo, la segale, l’orzo, il riso ed il grano, causando così la lotta globale per l’accaparramento delle scorte alimentari. Il protagonista del romanzo combatte per raggiungere la valle del fratello che rappresenta la salvezza, dove contro l’ottimismo delle autorità mondiali e la distruzione folle delle risorse, si sono isolate e difese le rimanenti piante alimentari, non appartenenti alla famiglia in argomento.
Il romanzo esce per la prima volta in Italia nel 1958 nella collana
(n° 43) con il titolo
(traduttore Sergio Uglioni). Il presente traduzione di Mario Galli era pubblicato nel 1967 nel collana
(n° 476).

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— Siete molto fiduciosi — osservò John — ma non sarà facile come pensate.

— Una volta ho letto che i Sassoni, poco prima della battaglia di Hastings, ridevano e scherzavano allegramente tra loro — rispose Spruce. — Proprio quando avevano concluso una grande battaglia e si preparavano a quella seguente.

— Quella che hanno perso — disse John. — L’hanno vinta i Normanni.

— Può darsi. Ma ci sono voluti un paio di secoli prima che potessero venire a passeggiare tranquillamente da queste parti. Buona fortuna, mister.

John guardò le macchine, ormai depredate di tutti i viveri e delle armi. Willie, il giovane magro, stava terminando di svuotare i serbatoi.

— Ve ne auguro altrettanta — disse.

— La cosa più importante è andarcene da qui — disse John. — Poi potremo decidere un nuovo piano. Quanto alle nostre cose, suggerisco di prendere soltanto tre sacchette. Sarebbero stati comodi gli zaini, ma non ne abbiamo. Lascerei perdere le coperte. Fortunatamente siamo in estate, e se dovesse far freddo durante la notte, potremmo dormire uno accanto all’altro, e scaldarci così.

— La mia coperta la prendo — disse Pirrie.

— Non mi sembra una buona idea — osservò John.

Pirrie sorrise ma non rispose.

Gli uomini di Masham, portato via il bottino, tornarono a nascondersi tra i cespugli che fiancheggiavano la strada, e rimasero a osservarli con assoluto disinteresse. I ragazzi, assonnati e vacillanti sulle gambe, stavano guardando i genitori scaricare ciò che poteva essere utile di quanto era rimasto. John si rese conto di non conteggiare tra “i ragazzi” Mary, che in quel momento stava aiutando la madre.

Alla fine partirono. Guardandosi indietro, John vide che gli uomini di Masham stavano mettendo le macchine di traverso sulla strada per rinforzare lo sbarramento. Si domandò cosa sarebbe successo quando le macchine avrebbero cominciato ad arrivare in quantità. Probabilmente le avrebbero rovesciate nel fiume.

Salirono faticosamente un pendio, finché si poterono fermare su uno spiazzo per guardare verso il basso, verso i tetti illuminati della città che si stendeva tra loro e la brughiera. La notte era silenziosa.

— Ci possiamo riposare per un po’ — disse John — e intanto studiare il da farsi.

Pirrie lasciò cadere a terra il rotolo della coperta che in un primo tempo aveva portato con fatica sotto il braccio e poi, con maggiore facilità, su una spalla.

— In questo caso posso liberarmi della coperta — disse Pirrie.

Roger lo guardò. — Mi chiedevo quanto tempo ci avrebbe messo a capire di stare trasportando un peso inutile.

Pirrie cominciò a slegare le corde che stringevano il rotolo della coperta. Erano tutta una serie di nodi complicati. — Quella gente là — disse — ha una buona organizzazione di facciata, ma il diavolo si nasconde nei dettagli. L’uomo che ha perquisito la mia macchina doveva essere perfino sprovvisto di coltello. Se è così, ha commesso una negligenza imperdonabile.

— Cos’ha lì dentro? — chiese Roger incuriosito.

Pirrie alzò la testa, e alla debole luce delle stelle lo si vide sorridere.

— Molti anni fa ho viaggiato in Medio Oriente, tra Transgiordania, Iraq e Arabia Saudita. Stavo cercando minerali… senza molto successo, devo ammettere. In quel periodo ho imparato il trucco di nascondere il fucile in una coperta arrotolata. Gli arabi rubavano tutto, ma avevano una preferenza per i fucili.

Pirrie finì di sciogliere i nodi, e dal centro del rotolo tolse il suo fucile da caccia. Il mirino telescopico era sempre attaccato.

Roger scoppiò a ridere fragorosamente. — Che mi venga un colpo! Le cose cominciano a prendere un aspetto diverso. Buon vecchio Pirrie!

Lui prese una scatoletta di cartone rimasta tra le pieghe della coperta. — Ci sono soltanto due dozzine di pallottole, ma è sempre meglio di niente.

— Direi proprio di sì — fece Roger. — Se riusciamo a trovare una fattoria in cui hanno una macchina e della benzina, finiranno tutte le nostre preoccupazioni. Grazie a questo fucile.

— No. Niente più macchine — disse John.

Dopo un attimo di silenzio, Roger disse: — Non ti saranno venuti degli scrupoli, vero, Johnny? Perché in questo caso la miglior cosa che potresti fare col fucile di Pirrie sarebbe di spararti. Non mi è piaciuto il modo in cui ci hanno trattato quei bastardi, però devo ammettere che avevano le loro ragioni. Oggi è la forza che conta: chiunque non se ne renda conto, ha le stesse probabilità di sopravvivere di una gallina in una gabbia di volpi.

Quella mattina, pensò John, avrebbe ancora basato i suoi motivi sugli scrupoli. E con questi scrupoli sarebbero andate di pari passo l’incertezza e la riluttanza nell’imporre le sue decisioni agli altri. Ora invece riuscì a parlare con fermezza.

— Non prendiamo altre macchine perché le macchine sono diventate pericolose. Abbiamo la fortuna di essere ancora vivi. Potevano benissimo spararci addosso prima, e prenderci le macchine poi; fra poco saranno costretti a farlo. Se tentiamo di raggiungere la valle in automobile, ci mettiamo nelle condizioni di vederci capitare una cosa del genere. In un’auto si è sempre soggetti a potenziali imboscate.

— Ragionevole — mormorò Pirrie. — Molto ragionevole.

— Centoventi chilometri — disse Roger. — A piedi? Non spererai di trovare dei cavalli, vero?

John guardò il terreno. Una volta doveva essere stato un pascolo.

— No. Faremo tutta la strada a piedi. Impiegheremo tre o quattro giorni, invece di poche ore. Ma se avanziamo lentamente abbiamo le probabilità di farcela, in caso contrario le probabilità sono contro di noi.

— Io sono sempre del parere di impadronirci di una macchina e raggiungere velocemente la valle — disse Roger. — C’è anche la probabilità di non incontrare altre noie. Non credo che molte città siano riuscite a organizzarsi come Masham, e forse nessun’altra ha pensato di fare una cosa del genere. Se facciamo tutta la strada a piedi, con i ragazzi, sì che finiremo per avere guai.

— A ogni modo è ciò che faremo — disse John.

— Che ne pensa, Pirrie? — domandò Roger.

— Quello che pensa lui non ha importanza — disse John. — Vi ho detto ciò che faremo.

Roger indicò Pirrie che li guardava in silenzio. — È lui che ha il fucile — disse.

— Questo significa che ha la possibilità di prendere lui in mano il gioco, se vuole. Ma fino a quel momento sono io a decidere. — Guardò Pirrie. — D’accordo?

— Perfettamente — disse Pirrie. — Posso tenere il fucile? Non penso di peccare in vanità se sottolineo che lo so usare con più abilità di voi. D’altra parte non ho mai avuto particolari ambizioni per il comando. Dovete credermi sulla parola, naturalmente.

— Può tenere il fucile — disse John.

— Così finisce la democrazia — fece Roger. — Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio. Be’, dove andiamo adesso?

— In nessun posto fino a domani mattina. Per prima cosa, abbiamo tutti bisogno di una notte di riposo, e in secondo luogo non ha senso girare al buio in una regione che non conosciamo. Faremo dei turni di un’ora di guardia a testa. Comincio io. Poi, in ordine, Roger, Pirrie, Millicent, Olivia… — ebbe un attimo di esitazione — e Ann. Sei ore di sosta saranno più che sufficienti. Poi andremo a cercare qualcosa per fare colazione.

L’aria era calda, e immobile.

— Ringrazio ancora una volta Dio che non sia inverno — disse Roger. Poi chiamò i tre ragazzi. — Venite, accoccoliamoci vicini.

Lo spiazzo si stendeva poco sotto la cresta della collina. John raggiunse la vetta e si mise a sedere. In basso la brughiera si stendeva verso ovest. Presto sarebbe spuntata la luna. La sua luce aveva già cominciato a rinforzare il bagliore delle stelle.

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