Bob Shaw - Uomo al piano zero

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Uomo al piano zero: краткое содержание, описание и аннотация

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Immaginate di aver costruito un apparecchio (sul tipo di una radio-trasmittente) capace di emettere impulsi capaci a loro volta di innescare la ben nota reazione a catena in tutte le ogive nucleari attualmente esistenti in tutte le basi atomiche del mondo. Per costruire un apparecchio del genere dovreste indubbiamente aver risolto dei problemi scientifici d’una certa difficoltà... Ma se ci pensate un momento vi renderete conto che quelle difficoltà erano niente di fronte al problema che vi aspetta adesso (e che aspetta il protagonista di questo romanzo): quando e in che modo vi proponete di utilizzarlo, il vostro benefico apparecchio?

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Col dito sul pulsante, si issò con fatica sulla seggiola di fronte alla porta. E quando i due uomini entrarono, Hutchman sorrideva.

17

Era stata una decisione difficile ma, una volta presa, il presidente cominciava a rilassarsi. Andò al bar, si versò un bicchierino di curaçao e tornò al tavolo. Dietro la triplice vetrata della stanza, la cima di una montagna scintillava come un’agata, serena e sicura al di sopra del tumulto biologico della giungla. Sorseggiò il liquore con aria meditabonda e assaporandone il calore, poi premette un pulsante sul tavolo.

Il generale entrò immediatamente. La divisa che indossava, abitualmente immacolata, adesso era irriconoscibile per le striature simmetriche del sudore. «Ho avuto conferma» disse, senza badare al protocollo. «Ogni particolare del primo rapporto era vero al cento per cento.»

«Lo immaginavo» rispose il presidente, calmo. «Ho una specie d’istinto per queste cose, anche quando sono senza precedenti.»

«Ne sono contento per voi.» Il generale era molto affaticato, altrimenti non avrebbe rischiato un’osservazione così apertamente sarcastica. «Ma cosa dobbiamo fare? I missili sono ancora nei depositi, intatti. E non c’è tempo per smantellare le testate. Che cosa facciamo?»

«Liberatevene!»

«E come?»

«Come ci si libera normalmente di un razzo? Immagino, generale, che vi sarete trovato a dover risolvere problemi ben più difficili di questo, nel corso della vostra lunga carriera!» Il presidente finì di bere il suo curaçao , si alzò e si diresse verso il bar per versarsi un altro bicchierino.

«Volete dire…» La puzza di sudore del generale riempiva la stanza. «Ma il clima politico è radicalmente cambiato, signor presidente, da quando i missili sono stati messi in programma. Un tempo avremmo potuto fare qualsiasi cosa contro una potenza coloniale senza che capitasse niente, ma dopo Damasco… toccare una città! O anche un piccolo centro…»

Il presidente mostrò la chiostra dei denti, senza umorismo. «Se una tale condanna delle vostre capacità vi fosse arrivata da un altro, l’avreste fatto fucilare all’istante.»

«Condanna? Ma non…»

«Sto parlando dei vostro famoso servizio di spionaggio. Mi dite che le testate nucleari esploderanno, spontaneamente, a mezzogiorno, ora di Greenwich. In tal caso fate partire i missili, generale, ma fate in modo che tocchino l’apogeo esattamente a mezzogiorno. Se il vostro servizio di spionaggio funziona, ed è augurabile che funzioni, i nostri missili non arriveranno mai a destinazione.»

«E se non funzionasse?»

Il presidente bevve dal secondo bicchierino. «Caro generale, come osate prendere in considerazione questa possibilità?»

18

«Via dalla macchina» disse l’uomo con la pistola. La faccia era grigia e implacabile.

«Volentieri.» Vicky era morta: Hutchman lo sapeva benissimo, eppure si sentiva indifferente. Il suo braccio ferito stava riacquistando la sensibilità, e ora sentiva il sangue scorrere lungo le dita. «Volete proprio che mi allontani dalla macchina?»

«Non scherzare. Sta’ lontano!»

Hutchman tornò a sorridere, con le labbra screpolate.

«Va bene, ma avete notato dove ho il dito?»

«Ti caccio una pallottola nello stomaco prima che tu riesca a muovere il dito» lo assicurò l’altro. «Così non riuscirai più a premere il pulsante.»

«Fate pure» Hutchman alzò le spalle. L’unico effetto della morte di Vicky era stato di dare alla sua mente una calma gelida. I suoi processi mentali avevano una rapidità incredibile. «Però, non avete ancora capito. Osservate con attenzione il mio dito e vedrete…»

«Ma ha già premuto il pulsante!» L’uomo che aveva spezzato il collo a Vicky aprì la bocca per la prima volta. «Presto, andiamocene. Saranno qui da un momento all’altro!»

«Un attimo.» L’uomo grosso era perplesso, davanti alla calma di Hutchman, e lo affrontò personalmente. Puntò la pistola dritta nello stomaco di Hutchman. «E che cosa succederà se la faccio finita con una pallottola?»

«Rendereste un pessimo servizio ai vostri padroni.» Hutchman quasi rideva: quell’uomo cercava di fargli paura con la minaccia di un’arma, e non sapeva che, adesso che Vicky era morta, parole come paura, odio, amore, non avevano più senso.

«Vedete, io sono un debole, e mentre costruivo la macchina ho dovuto tener conto dei difetti del mio carattere. Avevo previsto una scena di questo genere, così ho disegnato i circuiti in modo che entrino in azione appena toglierò il dito dal pulsante.»

L’uomo lo guardava sbalordito, mentre un muscolo gli ballava all’angolo della bocca. «Ma potrei distruggere la macchina.»

Hutchman tossì penosamente, tanto che credeva di sentire il sangue in bocca. «In tre secondi? Non ci vogliono che tre secondi perché la radiazione raggiunga la luna e ritorni, a parte il fatto che dovreste costringermi a tenere premuto il pulsante. E vi assicuro che lo lascerò andare subito, se fate un solo passo nella camera.»

«Lascia perdere» disse l’altro individuo. «Andiamo, per l’amore del cielo! Mi sembra di sentire qualcuno.»

La porta d’ingresso fu spalancata di scatto, e il battente urtò violentemente contro la parete. L’uomo grosso si voltò, alzando la pistola. Hutchman, per un tempo che gli parve lunghissimo, non riuscì a percepire più niente, quando i mitragliatori entrarono in azione in quello spazio limitato. I due uomini scomparvero in una grande nuvola di fumo, di polvere, di pezzi di calcinaccio: poi tutto fu silenzio. Pochi secondi dopo, sul pianerottolo, apparvero delle divise kaki, mentre due soldati in tenuta di guerra entrarono nella stanza. Muti presero posizione ai due lati della porta, e coprirono Hutchman con le armi ancora fumanti.

Lucas rimase seduto, immobile, mentre il locale si riempiva di uomini, quasi tutti in abito civile. Tutti lo guardavano con reverenza, e i loro occhi scrutavano ogni particolare del suo aspetto e della macchina su cui aveva la mano: nessuno parlava. In strada, una sirena lanciò un breve ululato, che subito si spense in un gemito deluso. Hutchman guardava gli sconosciuti, rendendosi vagamente conto che la situazione aveva un suo lato comico. Adesso, però, il braccio gli faceva molto male, e lui doveva concentrarsi per non perdere conoscenza. Guardò l’orologio: mancavano tre minuti a mezzogiorno.

Manca poco , pensò. Tre minuti non fanno molta differenza, però… . Il guaio era che non poteva ancora cedere per abbandonarsi, finalmente, al riposo. Aveva dato un ultimatum ben preciso, e un punto fisso doveva pur rimanere: altrimenti niente di quello che aveva fatto avrebbe mantenuto il suo significato.

Un uomo tarchiato, dai capelli grigi, entrò nella stanza e qualcuno chiuse la porta dietro di lui. L’ultimo arrivato indossava un abito elegantissimo, in contrasto con la faccia dura, olivastra, che avrebbe potuto appartenere a un bandito messicano. Hutchman lo riconobbe e annuì stancamente, in segno di saluto.

«Mi riconoscete, Hutchman?» disse l’altro, senza preamboli. «Sono Morton Baptiste, ministro della Difesa di Sua Maestà.»

«Sì, lo so.»

«Bene. Vi rendete conto, allora, che ho l’autorità per farvi giustiziare subito, in questo preciso istante, se non vi allontanate dalla macchina?»

Hutchman guardò l’orologio. Due minuti. «Non è necessario che mi facciate fuori, ministro. Se volete mi allontanerò immediatamente.»

«E allora fatelo.»

«Non volete sapere perché i due uomini che sono entrati qua dentro prima di voi non mi hanno ucciso?»

«Ma…» Baptiste guardò il dito di Hutchman premuto sul pulsante, e i suoi occhi neri persero ogni espressione. «Intendete dire…?»

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