Clifford Simak - Fuga dal futuro

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Fuga dal futuro: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel giardino di un fotoreporter, ai piedi di una vecchia quercia, si apre a un tratto, come nelle fiabe, un gran buco nero. Ma le creature che ne escono non sono gnomi o folletti, sono uomini e donne, vecchi e bambini che fuggono dal futuro; o, almeno, così dicono. È un’invasione ordinata e pacifica, che pone però ugualmente problemi gravissimi. Possiamo noi, già sovraffollati come siamo, accogliere e mantenere questi milioni di nuovi venuti che dilagano in ogni parte del mondo? E, d’altra parte, chi avrebbe il coraggio di respingere quelli che sono, in fin dei conti, i nostri discendenti? Finché, a sciogliere i nodi e le esitazioni, interviene l’orrendo nemico da cui i profughi fuggivano e che ora si scatena anche nel nostro tempo.

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— Sì, Dio vi benedica. Cosa posso fare per voi?

— Jake, sono Steve Wilson.

— Wilson? Ah, sì, l’addetto stampa. Avrei dovuto capirlo, ma non hanno detto chi mi voleva. Hanno solo detto che chiamava la Casa Bianca.

Bastardo, pensò Wilson. È rimasto deluso. Credeva che l’avesse chiamato il Presidente.

— È un pezzo che non ci vediamo, Jake — disse.

— Sicuro. Quanto? Dieci anni?

— Più di quindici.

— Caspita! — commentò Billings. — Come passa presto il…

— Vi ho chiamato per la crociata che avete indetto.

— Crociata? Oh, alludete alla nostra speranza di riportare sulla retta via la gente del futuro? Sono tanto felice che mi abbiate chiamato. Ci occorre tutto l’aiuto che possiamo trovare. Io considero una fortuna che siano tornati da noi, qualunque sia il motivo che li ha spinti. Quando penso che solo fra cinquecento anni l’umanità avrà perso la fede che ci ha sorretto per tanti secoli, mi vengono i brividi. Sono proprio felice che vi uniate a noi. Non so esprimere come vorrei…

— Ma io non sono con voi, Jake.

— Come? Non siete con noi?

— No. E vi ho chiamato perché rinunciate subito a quella stupida crociata.

— Ma è impossibile…

— È possibilissimo. Abbiamo già abbastanza guai senza che vi ci mettiate voi con una crociata. Se insistete, renderete un pessimo servizio al Paese. Abbiamo già abbastanza problemi senza che vi ci mettiate anche voi. Non è il momento più adatto, questo, perché Jake Billings faccia una pubblica dimostrazione del suo zelo. Qui si tratta di vita o di morte, e non solo per i profughi, ma anche per noi.

— Ho l’impressione, Steve, che siate più duro del necessario.

— Se lo sono è perché la vostra idea mi ha mandato fuori dai gangheri — replicò Wilson. — Vi parlo sul serio, Jake. Abbiamo degli enormi problemi da risolvere per aiutare i profughi a tornare nel passato, prima che la nostra economia faccia bancarotta. E, per riuscirci, dovremo pestare i piedi a molta gente. Avremo a che fare con l’industria, coi politici, coi sindacati, che staranno col fucile puntato nella speranza di coglierci in fallo. Quindi capirete che non abbiamo proprio bisogno che vi ci mettiate anche voi. Cosa ve ne importa? È gente nata nel futuro e che andrà nel passato. Non hanno niente a che fare con noi. La loro mentalità si è…

— Le vie di Dio sono infinite e a volte misteriose — lo interruppe Billings.

— Sentite, scendete dal pulpito, per favore. Forse con qualcun altro potrebbe andare, ma io non abbocco.

— Steve, mi parlate a nome del Presidente?

— Se volete sapere se è stato lui a dirmi di chiamarvi, la risposta è no. Probabilmente non sa nemmeno della crociata. Ma quando verrà a saperlo, non gli farà certamente piacere. Nel pomeriggio abbiamo parlato di voi, esprimendo il timore di un vostro intervento. Ma non credevamo davvero che vi spingeste così oltre. Avrei dovuto chiamarvi prima, ma con tutto quello che è successo mi era passato di mente.

— Vi capisco — rispose asciutto Billings — ma, vedete, noi consideriamo la situazione da punti di vista diametralmente opposti. Per me, il pensiero che l’umanità diventi una razza di senza Dio è un dolore indicibile. Va contro a tutto quello che mi hanno insegnato, a tutto ciò per cui sono vissuto, a tutto quello in cui ho creduto.

— Non c’è motivo di prendersela tanto — disse Wilson. — Fra cinquecento anni l’umanità non esisterà più.

— Ma tornano nel passato…

— Spero che ci riusciranno. E ci riusciranno, se non saranno intralciati da gente come voi.

— Se vanno nel passato, dovranno ricominciare tutto daccapo — protestò Billings. — Noi daremo loro tutto quel che è necessario per ripartire da zero. In una nuova terra e col volgere dei secoli, creeranno una nuova civiltà. Ma una civiltà atea. E questa è una cosa che non possiamo permettere, Steve.

— Voi forse no, io sì. Non mi fa né caldo né freddo. E oltre a me, non importa a un sacco di altra gente, ve lo assicuro. Siete davvero cieco se non volete che l’inizio, le radici del rifiuto della religione risalgano alla nostra epoca. Forse è questo che vi angustia, forse vi tormentate alla ricerca di qualcosa che possa prevenire quello che succederà.

— Può darsi che abbiate ragione — ammise Billings. — Io non ho avuto ancora il tempo di considerare la questione da questo punto di vista. Ma se anche così fosse, non ci sarebbe alcuna differenza. Continuerei a comportarmi nello stesso modo.

— Dunque avete intenzione di insistere con la crociata? Pur sapendo il danno che potete provocare aizzando la gente…

— Devo, Steve. La mia coscienza…

— Ripensateci, per favore. Posso richiamarvi?

Era inutile continuare a discutere. Non avrebbe approdato a niente cercando di far ragionare quel fanatico.

— Sì, richiamatemi pure se volete — disse Billings. — Ma io non cambierò idea. So quello che devo fare. Non riuscirete a persuadermi.

— Buonanotte, Jake, e scusatemi per avervi svegliato.

— Non mi avete svegliato. Io stanotte non dormirò. Mi ha fatto piacere sentire la vostra voce, Steve.

Dopo aver riappeso, Wilson rimase seduto a pensare. Forse, se fosse stato meno brusco e più accomodante, sarebbe riuscito a ottenere qualcosa, sebbene ne dubitasse. Non c’erano argomenti, per quanto validi, che potessero persuadere un uomo come il reverendo Billings. Forse, se lo avesse chiamato subito dopo aver parlato col Presidente, sarebbe riuscito almeno a indurlo a moderarsi un poco, ma dubitava anche di questo. Era una causa perduta in partenza, e lo sapeva.

Guardò l’ora. Erano quasi le due. Prese il telefono e chiamò Judy.

— Ti ho svegliata?

— No — rispose lei con voce piena di sonno. — Ti aspettavo. Sei terribilmente in ritardo, Steve. Cos’è successo?

— Sono dovuto andare a Fort Myer a prendere un gruppo di scienziati profughi che dovevano conferire coi loro colleghi del nostro tempo. Non verrò a casa, Judy.

— Perché?

— È meglio che rimanga qui. Non si sa mai cosa potrebbe succedere da un momento all’altro.

— Ora di mattina non riuscirai a reggerti.

— Farò un sonnellino sul divano.

— Posso venire lì io.

— No, non occorre. Avvertirò qualcuno che mi svegli, se ce ne sarà bisogno. Va’ a letto, e vieni pure in ritardo, se vuoi. Posso cavarmela da solo.

— Steve…

— Sì?

— Le cose non si mettono troppo bene, eh?

— È ancora troppo presto per dirlo.

— Ho visto il Presidente alla TV. Sarà un pasticcio grosso. Non ci eravamo mai trovati in una situazione di questo genere.

— Quanto a questo, è verissimo.

— Ho paura, Steve.

— Anch’io — confessò Wilson. — Domattina sarà diverso. Ci sentiremo diversi.

— Ho una sensazione terribile, Steve, come se mi mancasse la terra sotto i piedi. Ho pensato a mia madre e a mia sorella, nell’Ohio. È un pezzo che non vedo la mamma.

— Telefonale. Ti sentirai meglio dopo averle parlato.

— Ho tentato, ma le linee sono sovraccariche.

— Io ho fatto poco fa un’intercomunale.

— Eh, ma tu chiami dalla Casa Bianca. Tengono apposta delle linee libere, per voi.

— Prova a chiamarla domani.

— Steve, sei sicuro di non poter venire? Ho bisogno di te.

— Mi spiace, Judy. Mi spiace proprio, ma sento di dover stare qui. Non so perché, ma non mi va di muovermi.

— Allora ci vedremo in mattinata.

— Cerca di dormire un po’!

— Anche tu. Ne hai bisogno. Domani sarà una giornata campale.

Si salutarono, e Wilson depose la cornetta. Si domandò perché avesse insistito per non muoversi di lì. Per il momento la sua presenza non era necessaria, ma non si poteva mai sapere. Doveva cercare di dormire un po’, ma era troppo nervoso. Avrebbe dormito più tardi, quando la situazione avesse preso una piega migliore. Ma adesso aveva i nervi troppo tesi e il cervello in ebollizione. Nonostante regnassero la quiete e il silenzio, c’era nell’aria una tensione quasi tangibile.

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