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Eric Russell: Le sentinelle del cielo

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Eric Russell Le sentinelle del cielo

Le sentinelle del cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Eric Frank Russell ritorna con queste sue sentinelle degli spazi cosmici e dell’umanità che ormai dilaga per tutta la Galassia. È un romanzo di enigmatiche visioni sideree, di “presenze” inconoscibili, di vaghe minacce provenienti dalle profondità ignorate dello spazio. Ed è il romanzo di David Raven, naturalmente, il telepatico agente segreto della Triade Planetaria, e della bellissima Leina. La coppia ha in comune, tra molte altre cose, un segreto soprannaturale; e grazie ai poteri straordinari di cui è dotata, vigila sull’umanità. Sono David e Leina, le sentinelle del Cielo. Insieme, scrutano il cielo, vigili, in agguato, faccia alle stelle. La fascia favolosa della Via Lattea palpita sui loro capi, mentre nell’ombra, chi sa dove, incombe l’atroce minaccia delle astronavi di Deneb. Da troppe generazioni ormai, la razza umana, colonizzando i pianeti, è rimasta esposta alle insidiose radiazioni cosmiche; e le nuove specie dei “mutanti” fanno capolino ovunque, dando origine a nuove razze umane. Con questo romanzo, E.F. Russell ha saputo narrare l’epopea siderale di un futuro che potrebbe anche essere vero…

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Raven scorse rapidamente la lista, poi chiese: — Da quello che vi risulta, tutti questi rimangono aderenti al loro tipo? Voglio dire, i levitanti possono levitare soltanto se stessi e ciò che possono trasportare, o sono in grado di sollevare anche oggetti indipendenti? I telecinetici possono far sollevare gli oggetti, o possono levitare anche se stessi? I veri telepati sono ipnotici, e gli ipnotici sono telepatici?

— No. Ciascuno possiede una sola capacità supernormale.

Raven cominciò a studiare attentamente la lista.

1 VERI TELEPATICI P+

2 LEVITANTI P

3 PIROTICI P+

4 MIMETICI I

5 NOTTURNI I

6 MALLEABILI P

7 IPNOTICI P+

8 SUPERSONICI I

9 MICROTECNICI P+

10 RADIOSENSITIVI P

11 INSETTIVOCI P+

12 TELECINETICI P+

— Bene! — Sorridendo tra sé, Raven si mise il foglio in tasca, si alzò e si diresse verso la porta.

— E tutti sono convinti che la vecchia Madre Terra non è più quella di una volta?

— Proprio così — confermò Carson. — Dicono che è decrepita, senza più ingegno e disperatamente lontana dai fatti della vita. Può dare solo un’ultima pedata agonizzante. Pensate voi a fargliela sferrare… e fate che la sentano molto bene.

— È quello che mi riprometto — disse Raven — ammesso che mi concedano il tempo sufficiente. — Uscì e si chiuse la porta alle spalle.

Era solo.

2

Il divertimento cominciò non appena mise piede nella strada. Difficilmente avrebbe potuto essere più tempestivo, ma naturalmente mancava di quella finezza che sarebbe stata ovvia se gli organizzatori fossero stati messi in allarme con maggiore anticipo e avessero avuto più tempo per prepararsi. Un poco più di libertà d’azione, e ci sarebbe scappato il morto. Stando così le cose, la tattica studiata al momento guadagnava certo in rapidità, ma perdeva nella precisione.

Raven uscì con decisione dalla porta dell’edificio che ospitava i Servizi di Sicurezza e fece un cenno a un aerotaxi che passava sopra di lui. Il mezzo fece una cabrata per scendere al livello del traffico sottostante e si posò sulla strada con un leggero sobbalzo elastico.

Il taxi era una sfera trasparente, montata su un anello di sfere più piccole studiate per assorbire gli urti degli atterraggi. Non aveva ali, reattori o eliche. Era l’ultimo modello di veicolo antigravità e costava circa dodicimila crediti, ma il conducente non si era preso la briga di sottoporsi a un trattamento depilatorio che costava una cifra irrisoria.

Mentre apriva la portiera, l’autista dall’espressione bovina si profuse in inchini di tipo tutto professionale, finche non si accorse che il cliente non si decideva a salire. I sorrisi sparirono lentamente dalle labbra. Corrugò la fronte e con un’unghia spezzata si grattò il mento ispido.

— Ehi, voi — disse con voce rauca — se non mi sbaglio, mi avete fatto segno di…

— State zitto fino al momento in cui sarò pronto a salire — lo interruppe Raven restando fermo sul marciapiede, a circa tre metri dal veicolo. I suoi occhi non fissavano niente in particolare e il suo sguardo si perdeva lontano, come se Raven stesse ascoltando un rintocco di campane lontane, con una sensazione di fastidio.

Il tassista accentuò il cipiglio e si diede un’altra grattata al mento, fornendo un’ottima imitazione sonora di un meccanico spaziale che passasse la carta vetrata su un venturimetro. Aveva il braccio destro ancora teso e teneva la mano appoggiata alla portiera. Qualcosa agitò la manica, come se fosse stata colpita dal soffio invisibile del vento. Ma lui non se ne accorse.

Raven riportò l’attenzione al taxi, fece qualche passo in avanti, ma non salì.

— Avete un fusore? — chiese.

— Certo! Dove andrei a finire, altrimenti, se capitasse qualche guasto improvviso? — Il tassista si chinò a frugare nella cassetta del cruscotto accanto al posto di guida, e quando si rialzò nella mano stringeva un oggetto che somigliava a una piccola pistola. — Cosa volete farne?

— Voglio bruciarvi il didietro — disse Raven prendendo il fusore.

— Davvero? È una bella idea! — Gli occhi infossati dell’autista si fecero ancora più piccoli, poi l’uomo scoppiò in una risata che mise in mostra due molari mancanti. — Però questo è il vostro giorno sfortunato. — Si chinò di nuovo e prese un secondo fusore. — Ne porto in macchina sempre un paio. Così, voi bruciate i miei pantaloni, e io brucio i vostri. Giusto, no?

— Lo spettacolo di due che si bruciano i pantaloni dovrebbe interessare parecchio molti scienziati — disse Raven — specialmente se si usano strumenti che possono bruciare soltanto i metalli. — Sorrise all’improvvisa aria incerta dell’altro. — Mi riferivo al didietro della vostra macchina. — Indirizzò la punta del piccolo apparecchio verso il sedile posteriore e strinse l’impugnatura. Niente di visibile uscì dal fusore, anche se la mano di Raven ebbe un piccolo sobbalzo. Una sottile striscia di fumo puzzolente uscì invece dalla tappezzeria di plastica, come se qualcosa nascosta sotto i sedili stesse fondendo all’alto calore. Poi Raven salì con calma nella vettura e richiuse la porta. — Bene, ora potete andare — disse, e protesosi in avanti rimise il fusore al suo posto.

Impacciatissimo, il tassista manovrò i comandi. L’auto antigravità si sollevò fino a 1500 metri di altezza e puntò verso sud, mentre il pilota corrugava la fronte nello sforzo di comprendere cos’era accaduto e girava continuamente lo sguardo verso lo specchietto retrovisore, per osservare furtivamente il passeggero, pensando che quello poteva essere capace di tutto, anche d’incendiare il mondo.

Senza badare alle occhiate dell’altro, Raven infilò una mano nel buco ancora caldo che si era formato nella tappezzeria. Le sue dita incontrarono un oggetto metallico e sollevarono un apparecchio contorto, non più grande di una sigaretta. Luccicava come l’oro e aveva due tozze ali, contorte dal calore. Nella parte anteriore scintillava una piccola lente, delle dimensioni di una piccola perla. La parte posteriore, piatta, era perforata da sette minuscoli forellini, che servivano da microscopici reattori.

Raven non ebbe bisogno di aprire l’ordigno e di guardarvi dentro: sapeva già cosa era nascosto all’interno: un motore piccolissimo, l’analizzatore di guida, il minuscolo circuito radio che poteva trasmettere un bip-bip per ore e ore, il dispositivo di autodistruzione, grande quanto la capocchia di un fiammifero… Il tutto in un apparecchio che pesava meno di novanta grammi, capace però di lasciare una scia elettronica che gli inseguitori avrebbero potuto seguire per chilometri e chilometri, nelle tre dimensioni.

Raven girò la testa per guardare attraverso il vetro posteriore. C’erano troppi taxi e macchine private in circolazione ai vari livelli per poter stabilire se qualcuno lo stava pedinando. Comunque, la cosa non aveva importanza: l’intensità del traffico che nascondeva così bene gli eventuali cacciatori poteva benissimo nascondere anche la preda.

Lasciò cadere il piccolo cilindro alato nella cassetta in cui aveva messo il fusore.

— Potete tenerlo tutto per voi — disse al tassista. — Contiene pezzi che possono valere una cinquantina di crediti… se riuscite a trovare qualcuno capace di smontarlo senza fracassarlo completamente.

— Me ne dovete già dieci per il buco sul sedile.

— Vi pagherò quando scendo.

— Bene. — Soddisfatto, l’autista raccolse il cilindro alato dal cassetto e lo osservò curiosamente. Poi lo lasciò ricadere.

— Dite un po’! Come facevate a sapere che era nascosto sotto il sedile?

— Qualcuno lo aveva in mente.

— Come?

— La gente che spara oggetti attraverso le portiere aperte dei taxi non dovrebbe pensare a quello che sta facendo, anche se si trova a cinquecento metri di distanza e in un luogo che non si può individuare. A volte i pensieri si possono ascoltare e possono mettere in guardia quanto una sirena di allarme. — Raven fissò lo sguardo sulla nuca del tassista.

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