Bob Shaw - Autocombustione umana

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Autocombustione umana: краткое содержание, описание и аннотация

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Nella cittadina americana di Whiteford una ragazza va in cucina a preparare il caffè lasciando il padre seduto nella sua poltrona. Quando ritorna dopo pochi minuti, la stanza è piena di fumo ma non c’è più incendio: ciò che è bruciato (dall’interno) e ridotto in finissima cenere, è soltanto suo padre. Si scopre allora che testimonianze più o meno credibili sul fenomeno del CUS (Combustione Umana Spontanea) si erano avute fin dall’antichità. E pochi giorni dopo, nella stessa cittadina — un secondo caso si verifica sotto gli occhi dello stesso scettico giornalista che sta indagando sul primo. L’“autocombustione umana” è ormai un fatto accertato. Resta solo da spiegare chi o che cosa “si nasconda” dietro il mostruoso fenomeno.

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Prima di cominciare a parlare, lei si tolse la giacca di broccato, l’appese a un attaccapanni, si lisciò la camicetta di seta bianca… tutta una serie di gesti che fecero capire all’occhio attento di Jerome come Anne appartenesse a quel tipo di donne che, a dispetto del tempo e della biologia, raggiungono a quarant’anni il meglio dell’aspetto fisico.

Aveva capelli neri, zigomi alti e un tocco di alterigia che spesso inducevano Jerome a raffigurarsela in abiti da equitazione di stile spagnolo.

«Ray, che succede di là?» gli chiese sedendo alla scrivania.

Jerome si tolse gli occhiali con la montatura di acciaio e cominciò a lucidare le lenti già lustre. «Chi può sapere cosa passa per la testa dei giovani? Avevo solo detto a Hugh che aveva usato una parola sbagliata, e…»

«Quel ragazzo è un ottimo cronista» tagliò corto Anne. «Afferra subito i fatti e altrettanto rapidamente li scrive.»

Jerome ricordò, troppo tardi, che Cordwell aveva l’età degli uomini con cui Anne passava di preferenza il tempo libero. Non era stato diplomatico da parte sua descriverlo come un bamboccio, ma lui non era tipo da rinnegare le proprie idee.

«Ma il modo di esprimersi?» obiettò. «Vi pare che sia corretto?»

«Ne abbiamo già parlato. Il Leximat corregge automaticamente gli errori di grammatica e di sintassi. Per cosa credete che l’abbiamo istallato?»

Il computer dovrebbe essere un’aggiunta, non un sostituto del cervello umano , ribatté prontamente Jerome dentro di sé, dopo di che decise che non era il caso di continuare a sostenere le sue idee. «Prometto di non seccare più Hugh. È laureato in giornalismo, quindi sarebbe ovvio aspettarsi che conosca il significato delle parole.»

«Lasciate perdere, Ray.»

«Scusate.» Jerome stava per andarsene quando si accorse che Anne non l’aveva ancora congedato con il solito cenno del capo. «C’è altro?»

«Sì. Continuate a ripetermi che sareste un ottimo corrispondente scientifico… così adesso vi offro l’occasione di dimostrarlo.» Anne gli porse un foglietto sul quale aveva scritto un indirizzo di un quartiere residenziale nella zona sud della città. «Intervistate una certa Maeve Starzynski. La settimana scorsa c’è stato un incendio, e suo padre è morto bruciato.»

«Ho visto il…» Jerome s’interruppe colpito da uno spiacevole presentimento. «Cos’ha di scientifico questa storia?»

«Un funzionario dell’ufficio del coroner mi ha detto che quell’incendio presentava parecchie caratteristiche insolite. Pare si sia trattato di combustione umana spontanea.»

«Oh, no !» Jerome scoppiò in una sonora risata di scherno, per far capire quali fossero le sue idee in merito. «Non fatemi una cosa simile, Anne. Non fatela al giornale. In questi ultimi mesi ci siamo impegolati con spiritualisti fasulli, pazzoidi fissati con gli UFO, gemelli telepatici e tipi che dicevano di prevedere i disastri aerei ma ne parlavano solo a cose fatte. Finiremo col perdere credibilità presso i lettori.»

«Ci sono chiare prove…»

«Non esistono prove evidenti. Nemmeno una! La gente che blatera di astrologia e crede che si possano piegare i cucchiai con la forza del pensiero, che sia possibile la telecinesi e che si possa prevedere il futuro con le carte non ha idea di quel che significhi la parola prova.»

«Se deste un’occhiata all’archivio dei fatti inspiegabili…»

«Non troverei niente che non fosse già spiegato.»

«Vi spiacerebbe lasciarmi finire una frase?» La faccia di Anne s’incupì di aristocratica ira, e per un attimo a Jerome parve di vederla adombrata da un sombrero nero. «Se deste un’occhiata all’archivio, trovereste che qualche volta una persona muore bruciata senza nessun motivo evidente, e trovereste pure che i particolari non sono assurdi.»

«Non ne dubito» rispose con sarcasmo Jerome. «Il corpo umano contiene un estintore chiamato sangue. Ne contiene quattro litri. La gente che brucia spontaneamente deve essere un tantino anemica, oppure dovrebbe presentare due forellini nel collo…»

«Se preferite guadagnarvi da vivere come buffone invece che come cronista di questo giornale, non avete che da dirmelo, e vi faccio subito preparare un benservito.»

Il duro luccichio degli occhi di Anne fece capire a Jerome che era di pessimo umore e che non aveva la minima intenzione di sollevarlo da quello sgradevole incarico. Strinse le labbra, mentre lei lo congedava col solito cenno del capo e un gesto della mano che sembrava volesse scacciare un insetto molesto. Fingendo di ignorare le occhiate divertite dei colleghi, tornò alla scrivania e premette il tasto segnato REF sul terminal. Si fece passare l’archivio dei fatti non spiegati e scorse l’elenco quando comparve sullo schermo. Era un elenco lungo, che rifletteva l’interesse personale del direttore sull’argomento, ma non vi comparivano casi di combustione spontanea. Ma il barlume di speranza accesosi in lui fu subito spento quando gli cadde lo sguardo sulla parola Autoincendiarismo , termine che lo disgustò di primo acchito classificandolo come una delle pretenziose etichette che abbondano ai margini fra le assurdità e la scienza. Sempre disgustato, guardò lo schermo, premendo i tasti e provando una crescente riluttanza nel sentirsi sempre più coinvolto in una delle fissazioni di Anne.

«Il vecchio Randy Kruger ti ha torchiato un’altra volta?» La domanda veniva da Julie Thornback, una bamboletta bionda che, sebbene avesse pressappoco l’età di Jerome, aveva un’esperienza maggiore in campo giornalistico e le piaceva dare consigli come collega anziana.

«No, abbiamo fatto una chiacchierata.»

Julie annuì, incredula. «Non prendertela, Ray. Non immagineresti mai cos’ha avuto il coraggio di dire a Hugh e io.»

«Hugh e me» disse Jerome, sperando che la correzione bastasse a farle capire che non voleva essere disturbato.

«Cosa?»

«Dovevi dire “a Hugh e me”.»

«Boh!» commentò Julie. «A me pareva che suonasse giusto.»

Jerome sospirò. «Mettila così… Se Hugh non fosse stato con te, e Anne avesse parlato a te sola, avresti detto che parlava a “io”?»

«No.»

«Ti sei risposta da sola. Per quanto Hugh sia un ottimo ragazzo, non dobbiamo cambiare le regole grammaticali solo perché era presente.»

Hugh Cordwell, intento a scrivere il resoconto dello scontro fra bande, alzò la testa: «Mi stai ancora spiando, professore?»

Prima che Jerome avesse il tempo di rispondere, Anne Kruger uscì dal suo ufficio, captò subito la tensione nell’aria e lo fulminò con un’occhiata accusatrice. Jerome spense lo schermo del VDU, si alzò e uscì, decidendo che era meglio qualsiasi incarico all’esterno che stare in un’autoclave psicologica. Perché doveva farsi salire la pressione del sangue per il fatto che un ragazzotto, il cui lavoro consisteva nello scrivere, non si curava degli strumenti di cui disponeva? Cosa importava a lui se il direttore di un giornale influente credeva entusiasticamente nel paranormale? Era davvero un’ironia che l’unica donna capace di risvegliare i suoi sentimenti dopo la morte della moglie fosse proprio Anne Kruger — la meno compatibile e la meno affine a lui tra tutte — ma anche questa era una cosa che doveva accettare, altrimenti gli sarebbe salita la pressione.

Zoppicando un po’ per via dell’artrite al ginocchio sinistro, scese al pianterreno, uscì in strada, e si avviò verso l’auto che aveva parcheggiato all’ombra degli alberi che costeggiavano Mayflower Square. Aprì il baule, prese uno spray detergente e qualche fazzoletto di carta, e per qualche minuto si diede da fare a ripulire la carrozzeria dagli escrementi degli uccelli. Quand’ebbe finito, gettò i fazzoletti in un cesto per le immondizie, salì in macchina e avviò il motore.

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