Fritz Leiber - I tre tempi del destino

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I tre tempi del destino: краткое содержание, описание и аннотация

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Il presupposto del romanzo è l’esistenza di un dispositivo, la “macchina delle probabilità” in grado di creare universi alternativi in cui qualcosa differisce da quello attuale. Grazie ad altri dispositivi, chiamati talismani, è possibile spostarsi da un universo all’altro.

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Arretrò di poco, continuando a fissare gli undici volti decrepiti. Thorn pensò, con sorpresa, che il leggendario Loke doveva avere motteggiato a quel modo gli antichi Dèi, smascherandone i falsi buoni propositi, sicuro che la sua abilità e la sua utilità lo avrebbero protetto da ogni pericolo. In quanto ai Servitori, il loro paternalismo era fastidiosamente evidente nell’atteggiamento che tenevano nei riguardi di Clawly II. Lo trattavano come un ragazzo intelligente, brillante, infido e adorato… sempre con indulgenza, spesso con i rimproveri, quasi mai con punizioni.

Certamente, c’era il seme della grandezza in Clawly II. Se avesse avuto soltanto l’atteggiamento sano di Clawly I nei riguardi della vita, in modo che il suo ragionamento critico avesse portato a qualcosa di più di una frase beffarda!

Una cosa era certa, l’affermazione di Clawly II di desiderare di galleggiare sul fiume della vita era una grossa eresia. Lui voleva soltanto danzare sull’orlo del precipizio… e stavolta, a quanto sembrava, aveva compiuto un passo falso.

Poi il presidente lo guardò e disse:

— Si pone un problema: la tua insistenza sulla distruzione ha forse assunto le proporzioni di una mania? Riconsidereremo subito la questione della tua utilità come strumento.

Clawly II si inchinò. Disse, amabilmente:

— Prima sarebbe meglio interrogare la persona che vi ho portato. Sarete lieti di sapere di chi si tratta.

E indicò Thorn.

Tutti gli occhi si fissarono sulla nicchia.

Improvvisamente, dolorosamente, Thorn si destò dall’osservazione impersonale della scena che si stava svolgendo davanti a lui. Si ricordò improvvisamente che non stava guardando al sicuro, dal buco di una serratura, ma era a sua volta protagonista, vi era dentro fino al collo. Fu colto nuovamente dal desiderio di fuggire… con forza raddoppiata, a causa dell’allarme che doveva lanciare ormai a tutti i costi nel suo mondo. Era una cosa tanto semplice! Uno scambio di punti di vista. Aveva visto la facilità con la quale Conjerly l’aveva eseguito. Certo, se riusciva a concentrare la mente come doveva, sarebbe stato l’altro Thorn ad avanzare verso i Servitori e verso il destino che lui stesso aveva meritato, mentre lui, Clawly I, sarebbe tornato indietro. Certo, la necessità di avvertire un mondo ignaro gli avrebbe dato abbastanza impeto.

Ma continuò ad avanzare verso il tavolo. Erano i suoi piedi che calpestavano il pavimento grigio, era la sua gola secca che inghiottiva in continuazione, erano le sue mani gelide che si aprivano e si schiudevano. Gli undici volti decrepiti ondeggiavano, si oscuravano, ritornavano chiari, sembravano ingigantire, diventavano grigi e mostruosi, diventavano le maschere impietose dei giudici di un mitico regno nascosto, in un tribunale davanti al quale lui avrebbe dovuto rispondere dei delitti commessi da un altro.

Il tavolo fermò la sua avanzata. Udì che Clawly II diceva: — Temo di essere ancora utile, per voi. Ecco il vostro principale nemico, ridotto in nostro potere da me, dai miei soli sforzi. Quando abbiamo fatto irruzione in quel quartier generale dei Recalcitranti, ieri sera, lui faceva parte della compagnia. È riuscito a fuggire e a guadagnare le alture, dove l’ho ricatturato personalmente… ecco il capo Recalcitrante Thorn 37-P-82.

Ma la reazione dei Servitori non fu certo quella immaginata da Clawly II, perché i volti grinzosi mostrarono rabbia e allarme.

— Bambino irresponsabile! — esclamò il presidente. — Non hai ascoltato il rapporto di Conjerly… il fatto che lui sia certo di un avvenuto scambio di menti tra i Thorn? Quest’uomo non è il Recalcitrante, ma una mente sostituita venuta a spiarci. Tu gli hai fornito quanto desiderava… l’opportunità di conoscere i nostri piani.

Thorn avvertì la loro ostilità convergere su di lui… con forza palpabile. La sua mente arretrò dalle finestre che le permettevano di osservare, dagli occhi, ma essendo incatenata dietro a essi, continuò a guardare.

La mano grinzosa del presidente scomparve sotto al tavolo. Egli disse:

— C’è una sola soluzione possibile. — La mano riapparve, ed essa stringeva un sottile cono lucente. — Eliminare la mente sostituita prima che torni nel suo mondo…

Thorn si rese vagamente conto che Clawly II era balzato avanti. Udì le sue prime parole: — No! Aspettate! Non vedete che…

Ma sebbene avesse udito solo quelle parole, seppe ciò che stava per dire Clawly II, e perché stava per dirlo. Seppe anche per quale motivo Thorn II aveva potuto sostituirsi a lui quando aveva pensato di essere in trappola, di fronte alla morte, sul tetto. Seppe che l’azione del presidente era la sola azione capace di annullare i propositi del vecchio. Finalmente aveva trovato l’impeto sufficiente… lo stava fissando nell’immagine di quel cono lucente che lo perseguitò anche mentre le catene si ruppero e la sua mente cadde in un pozzo oscuro e privo di dimensioni.

La paura della morte.

10

Thorn non si chiese per quale motivo il luogo in cui si trovava fosse oscuro e maleodorante, roccioso e asciutto, né da dove venisse l’acre odore di fumo che gli giungeva alle nari. Era felice di giacere là e di sentire la mente in un corpo, dopo le sensazioni terribili di quel viaggio spaventoso. Il Mondo II era ancora un ricordo ossessionante. Ma come un incubo dal quale ci si è appena destati, poteva essere dimenticato. Tra un istante si sarebbe alzato e avrebbe fatto ciò che doveva fare. Tra un istante, lo sapeva, non avrebbe trovato pace fino a quando l’allarme non fosse stato dato e tutti i passi necessari non fossero stati presi, finché l’invasione non fosse stata affrontata e decisamente respinta. Sarebbe stato un uomo teso, pronto a sacrificarsi, un vero combattente.

Ma per il momento nulla aveva importanza, nulla poteva interrompere l’oasi di pace nella quale si trovava.

Strano, però, che il fumo denso non lo facesse tossire, e che il suo corpo non dolesse per la posizione scomoda e per il terreno roccioso.

Attutito, come se giungesse dal sottosuolo, udì un lontano ululato, triste e interminabile, che finì in una bassa nota di minaccia.

Cominciò a rialzarsi.

La sua mano incontrò un soffitto roccioso. Subito proseguì l’esplorazione, incontrando pareti irregolari e rocciose, da entrambe le parti.

Era lui che si trovava sottoterra, non l’ululato.

Cosa diavolo stava facendo Thorn II in una caverna del Mondo I? Perché indossava quel rozzo insieme di indumenti pesanti, che sembrava comprendere stivali massicci, e pellicce? Dove aveva trovato il lungo coltello che portava appeso alla cintura?

L’oscurità incombente si riempì improvvisamente di minacce. Con un senso di panico, continuò frettolosamente l’esplorazione a tentoni delle pareti, e scoprì di trovarsi in una piccola stanza a cupola, al centro della quale il soffitto era alto quel tanto che bastava a permettergli di alzarsi in piedi. Da tre parti la parete si stendeva fino al pavimento ineguale, o ai margini di stretti crepacci orizzontali, nei quali riusciva a malapena a infilare la mano.

Il quarto lato presentava una bassa apertura. Inginocchiandosi e procedendo ventre a terra, riuscì a entrarvi.

C’era un passaggio, che portava verso l’alto. L’odore di fumo si fece più pesante. Dopo due curve a gomito, dalle rocce aguzze che sfioravano ma non laceravano i suoi pesanti indumenti, cominciò a vedere la grigia luce del giorno.

Il passaggio si allargò, e Thorn poté camminare in posizione quasi eretta. Poi, improvvisamente, sfociò in una grande caverna, alla cui estremità opposta si stendeva il cupo panorama esterno.

Il panorama consisteva in una collina erta, coperta di alberi scheletrici, bianchi di neve. Si trovava a una certa distanza, come al di là di un burrone.

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