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Robert Silverberg: Quellen, guarda il passato!

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Robert Silverberg Quellen, guarda il passato!

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Ai suoi colleghi che non hanno fatto carriera il poliziotto Quellen sembra un uomo molto fortunato. Non tanto per il prestigio del grado, o per lo stipendio più alto, quanto perchè dopo l’ultimo avanzamento Quellen ha diritto a una stanza tutta sua. Ma a lui questo lusso non basta ancora. Quellen trova che al mondo c’è troppa gente. E nel mondo dove vive Quellen sono in molti a pensarla come lui.

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Attraversò la città con un taxiespresso, poi si piazzò davanti alla casa dei sogni e attese pazientemente che Mortensen uscisse.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che Quellen aveva compiuto un arresto di persona. Ormai, svolgeva il lavoro in ufficio, lasciando ai sottoposti la parte pratica del lavoro. Ciò nonostante era calmo. Era bene armato: al palmo della mano aderiva un ago imbevuto di anestetico che si sarebbe infilato nelle carni del prigioniero con una semplice contrazione muscolare; sotto l’ascella, per ogni buon conto, portava un’arma a spruzzo che paralizzava i centri nervosi. E infine aveva una pistola laser, ma solo come estrema risorsa. Sperava ardentemente di non essere costretto a usarla. Finalmente Mortensen comparve.

Mentre si allontanava dalla casa dei sogni. Quellen lo raggiunse, e, toccandolo a un braccio, disse: «Continuate a camminare come se niente fosse, Mortensen. vi dichiaro in arresto.»

«Cosa diavolo…»

«Vengo dal Segretariato di Polizia. Ho ordine di arrestarvi e condurvi con me. In mano ho un ago al narcotico e ve lo infilo nel braccio se tentate di resistermi. Continuate a camminare tranquillamente davanti a me, finché non raggiungeremo la più vicina rampa di taxiespresso. Se fate quel che dico, non vi succederà niente.»

«Ma io non ho fatto nulla di male. Voglio sapere di cosa mi accusate.»

«Ve lo dirò più tardi. Continuate a camminare.»

«Ho dei diritti… Voglio un avvocato…»

«Dopo. Camminate.»

Salirono sulla rampa. Mortensen continuava a protestare, tuttavia non oppose resistenza. Era più alto di Quellen, ma non sembrava molto robusto. Quellen teneva pronto l’ago; tutto il suo avvenire dipendeva dal successo di quella manovra.

Il taxiespresso li portò davanti alla casa dove abitava Quellen.

«Non mi pare che questo sia il comando di Polizia.» osservò Mortensen, perplesso.

«Per favore, scendete la rampa.»

«Cos’è? Un rapimento?»

«Se dubitate, vi mostrerò le mie credenziali. Sono un autentico funzionario di Polizia. Anzi, per la precisione sono Sovrintendente Criminale.»

Entrarono nell’appartamento, e Mortensen guardò Quellen con aria incredula.

«Questa» osservò «è un’abitazione privata.»

«Sì. La mia.»

«Qualcuno deve avervi dato informazioni sbagliate sulle mie tendenze sessuali, amico. Non sono un…»

«Non lo sono nemmeno io» l’interruppe brusco Quellen. «Mortensen, voi progettate di saltare il quattro maggio prossimo, non è vero?»

Sbalordito, l’altro replicò: «E a voi, cosa interessa?»

«Interessa moltissimo. È vero o no?»

«Non ho niente da dire.»

Quellen respirò a fondo. «Il vostro nome figura sull’elenco dei saltati, non lo sapete? Esiste un elenco documentato in cui compaiono il vostro nome, la vostra data di nascita, il giorno dell’arrivo nel passato e il giorno della partenza da qui. Dall’elenco risulta che partirete il quattro maggio prossimo. Continuate a negare?»

«Io non dico niente. Voglio un avvocato. Accidenti a voi, non potete trattarmi così! Perché ficcate il naso nella mia vita privata?»

«Non posso spiegarvelo, adesso» rispose Quellen. «Per caso, voi siete la disgraziata vittima di una situazione che mi ha preso la mano. Mortensen, ora vi farò fare un viaggio. Vi prenderete una vacanza. Non posso sapere per quanto tempo starete via, posso però assicurarvi che vi troverete molto bene. Ci sono viveri programmati in abbondanza, non vi mancherà nulla. Naturalmente vi capisco, e so quello che provate; ma, prima di tutto, devo proteggere me stesso.»

Mortensen alzò una mano, come se volesse colpirlo, ma Quellen fu più svelto di lui e, con rapido gesto, gli infilò l’ago nel braccio. L’anestetico a effetto istantaneo avrebbe messo fuori combattimento il giovane per un’ora. Quel tempo gli bastava e avanzava.

Quellen trasportò Mortensen e lo depose nel campo dello stat. Il giovane biondo scomparve. Si sarebbe svegliato nel villino africano. Lì si sarebbe raccapezzato ancora meno, ma Quellen non aveva avuto il tempo di spiegargli tutto.

Aveva l’esca. Adesso doveva attirare il pesce. Gli pareva incredibile di poterci riuscire, ma ormai era andato troppo lontano per permettersi di tornare indietro. Se poi avesse fallito, incominciava a intravedere un’altra via di uscita; meno onorevole, forse, ma più razionale di quella che stava tentando di attuare.

Mentre rimetteva la leva dello stat sul fermo, per assicurarsi che Mortensen potesse tornare solo quando l’avrebbe richiamato lui, si sentì prendere da un’ondata di vertigine. È mai possibile che mi riesca? pensava. È mai possibile che mi riesca di ricattare con successo l’Alto Governo? O sono diventato completamente pazzo?

L’avrebbe saputo fra poco. Intanto, aveva un ostaggio: Mortensen. Un ostaggio contro l’ira dell’Alto Governo.

Adesso restava ancora un piccolo particolare: ottenere un colloquio con Peter Kloofman. Proprio con lui, in persona. Ci sarebbe riuscito? Un burocrate di Settima Classe sarebbe mai stato ammesso alla presenza di Kloofman?

Mi riceverà pensò Quellen. Mi riceverà, quando avrà saputo che ho rapito Donald Mortensen.

15

David Gogan, che aveva sorvegliato per conto suo, senza farsi notare, le indagini su Mortensen, fu il primo a scoprire che era successo qualcosa. Una lampadina rossa, accesasi all’improvviso, lo informò che Mortensen era uscito dal raggio d’azione dei televettori di Appalachia.

Gogan ebbe un attimo di smarrimento. Il giorno critico, per Mortensen, era il quattro maggio. E mancavano ancora parecchie settimane a quella data. Possibile che avesse anticipato il salto?

, rifletté Gogan, è possibile. Ma, in questo caso, non si era aperta una falla nella trama dello spaziotempo? O il passato era stato alterato, o c’era un errore nelle documentazioni. Gogan ordinò un’indagine immediata e completa sulla scomparsa di Mortensen, mobilitando tutti i mezzi a disposizione dell’Alto Governo. Kloofman aveva dato personalmente istruzioni a Gogan perché al giovane non capitasse niente, e invece pareva che ora qualcosa fosse successo. Madido di sudore, Gogan giunse alla conclusione che sarebbe stato molto meglio per lui se ritrovava Mortensen prima che Kloofman scoprisse che era sparito.

Invece, quasi contemporaneamente, si vide costretto a dovergliene parlare.

Infatti, giunse una chiamata da parte di Koll, il piccolo funzionario di Sesta Classe dalla faccia di topo, tramite il quale Gogan veniva messo al corrente dell’attività del Segretariato di Polizia. Koll era sconvolto e sbalordito. La faccia arrossata e gli occhi che gli schizzavano dall’orbita, comunicò: «C’è qui qualcuno che vuole parlare con Kloofman. Un Settima… no, fra poco Sesta… Classe del mio reparto.»

«È pazzo, Kloofman si rifiuterà di riceverlo, e voi lo sapete. Quindi, perché mi seccate con questa richiesta?»

«Dice di aver rapito Mortensen e di voler discutere la situazione con qualcuno di Prima Classe.»

Gogan s’irrigidì. Cominciarono a tremargli violentemente le mani e, solo a prezzo di un enorme sforzo, riuscì a mantenerle ferme. «Chi è questo pazzo?»

«Quellen. Sovrintendente Criminale. Dice…»

«Lo conosco. Quando ha presentato la sua richiesta?»

«Dieci minuti fa. Prima ha cercato di mettersi direttamente in contatto con Kloofman, ma non ci è riuscito. Così ha inoltrato regolarmente la domanda a me, e io la passo a voi. Che altro potevo fare?»

«Nient’altro, credo» rispose Gogan, mentre la sua mente tortuosa si sbizzarriva a immaginare tutte le torture che avrebbe potuto infliggere a quel rompiscatole di Quellen, cominciando con lo sbudellarlo lentamente. Ma Quellen aveva in suo potere Mortensen, o così diceva. E Kloofman era stato preso da una vera smania per questo Mortensen. Non parlava d’altro. Ecco perché Gogan, a questo punto, non poteva fare a meno di informarlo dell’accaduto. Ormai non vedeva come evitarlo. Poteva temporeggiare, ma alla fine Quellen l’avrebbe avuta vinta.

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