Quellen era contento; e soprattutto, sollevato. Evidentemente Koll non sapeva niente del rifugio africano. Era la mia coscienza sporca che mi aveva messo addosso tanta paura , aveva pensato. Però, c’era un inconveniente: come avrebbe potuto trasferire lo stat illegale nella nuova abitazione, senza essere scoperto? Era stato già abbastanza difficile installarlo lì. E se, in questo modo, avesse voluto sprofondarlo ancora di più nella trappola? Quellen si era premuto le mani sulle tempie, rabbrividendo mentre aspettava la mattina… e Lanoy.
«Ammettete di aver inviato gente nel passato?» domandò Quellen.
«Certo» si vantò l’ometto. Quellen lo guardò, in preda a un impeto d’ira irragionevole che gli fece pulsare le tempie. Possibile che quel delinquente riuscisse a mantenersi così calmo? «Certo» continuò Lanoy, «se volete, posso mandare anche voi nel passato, per duecento unità di credito.»
Leeward torreggiava imponente alle spalle del detenuto, mentre Quellen gli stava di fronte, dall’altra parte della scrivania. Quella mattina, Brogg non si era fatto vedere in ufficio. Koll e Spanner ascoltavano dall’ufficio accanto. Il pallore e l’evidente stanchezza di Lanoy tradivano la notte passata nel serbatoio di custodia; però l’accusato era riuscito a conservare un atteggiamento dignitoso.
«Voi siete Lanoy» disse brusco Quellen.
«Infatti, mi chiamo così.» Era piccolo, scuro, nervoso, e pareva un coniglio, con le labbra in continuo movimento. «Certo, sono Lanoy.» Quell’ometto infondeva un irresistibile senso di fiducia e riacquistava energia con una velocità sorprendente. Adesso stava seduto con le gambe accavallate e la testa buttata all’indietro.
«Veramente poco gentile il modo come mi hanno trattato i vostri ragazzi» proseguì. «È stato già abbastanza brutto ingannare quel povero stupido prolet per arrivare fino a me, ma non era necessario immergermi nel serbatoio. Ho passato una pessima notte. Non ho fatto niente d’illegale. Dovrei far ricorso.»
«Niente d’illegale? Ma se avete sconvolto gli ultimi cinque secoli!»
«Nemmeno per sogno» replicò Lanoy senza scomporsi. «Erano già stati sconvolti. Lo dicono i testi, non ricordate? Io provvedo solo a fare in modo che la storia si svolga esattamente come si è svolta, dovete capirlo. Sono un benefattore dell’umanità. Cosa succederebbe, se non ci fossi io a provvedere?»
Quellen gli diede un’occhiataccia. Si sentiva stranamente debole nei suoi confronti. L’uomo esercitava un indubbio potere su di lui. «Dunque, ammettete di aver inviato dei saltati nel passato. Perché?» domandò.
«Per guadagnarmi da vivere» fu la risposta. «Sono sicuro che mi capite. Dispongo di un ritrovato molto redditizio, e faccio di tutto per ricavarne il maggior guadagno possibile.»
«Siete voi l’inventore del sistema per saltare nel passato?»
«Non voglio attribuirmi questo merito. Ma non ha importanza» disse Lanoy. «Comunque, sono io che lo faccio funzionare.»
«Se volete sfruttare la vostra macchina per un guadagno materiale, perché non andate nel passato a rubare, o a puntare su qualche gara di cui già sapete il risultato? Potreste andare e tornare, e guadagnerete grosse somme.»
«Sarebbe bello» ammise Lanoy. «Ma il processo è irreversibile. Non si può tornare nel presente. E poi, a me piace vivere in quest’epoca.»
Quellen si diede una grattatina in testa. Gli piaceva vivere in quell’epoca? Pareva incredibile, ma Lanoy era sincero. Doveva essere uno di quegli esteti pervertiti che riescono a trovare bello persino un letamaio.
«Sentite, Lanoy» disse Quellen, «sarò estremamente franco con voi. Sarete punito, per aver agito senza il consenso dell’Alto Governo. È stato Kloofman a ordinare il vostro arresto. Non so quale potrà essere la pena ma credo che sarete condannato all’annullamento della personalità, dato il vostro carattere. Tuttavia, avete una scappatoia. L’Alto Governo vuole avere a sua disposizione la macchina del tempo. Consegnatela ai miei uomini; anzi, basta che spieghiate loro il funzionamento, e parte della pena vi verrà condonata.»
«Spiacente, ma la macchina è di proprietà privata. Non avete diritti su di essa.»
«Il tribunale…»
«Non faccio niente d’illegale, e perciò non mi preoccupa la sentenza, qualunque possa essere. E rifiuto di cedere alla vostra imposizione. La risposta è no.»
Quellen pensò alle pressioni che gli avevano fatto Koll e Spanner e lo stesso Kloofman perché conducesse in porto quel caso, e provò rabbia e paura nello stesso tempo. Perciò, disse aspramente:
«A trattamento finito, Lanoy, rimpiangerete di non esservi servito della vostra macchina per tornare indietro di un milione di anni. Possiamo obbligarvi a collaborare. Possiamo ridurvi in poltiglia.»
Il sorriso di Lanoy non si alterò. «Andiamo, Sovrintendente!» esclamò con tono misurato. «Cominciate ad arrabbiarvi, e questo è sempre illogico. Per non dire pericoloso.»
Quellen dovette ammettere che aveva ragione. Fece uno sforzo per ritrovare la calma, ma invano. Gli pareva che i muscoli della gola si fossero induriti. Sbottò: «Vi terrò a marcire nel serbatoio!»
«E a cosa vi servirebbe? Io diventerei un ammasso di carne molliccia, ma voi non riuscireste a ottenere il segreto del sistema dei viaggi nel tempo. Per favore, potreste immettere un po’ di ossigeno? Mi sento soffocare.»
Tanto fu lo stupore per l’impudente richiesta, che Quellen aprì al massimo la bocchetta. Leeward rimase sdegnato dalla maleducazione di Lanoy, mentre gli osservatori della stanza vicina dovevano essere stati soprattutto impressionati dall’arrendevolezza di Quellen.
«Se mi arrestate, vi distruggerò, Quellen» proseguì Lanoy. «Vi ripeto che nelle mie azioni non c’è niente d’illegale. Guardate, sono un malfattore patentato» e gli mostrò un biglietto da visita.
Quellen era sbalordito. Lanoy lo aveva letteralmente sconvolto. Di solito sapeva come trattare i criminali, ma gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano minato il suo equilibrio. Mordicchiandosi le labbra, fissò attentamente l’ometto rimpiangendo in cuor suo di non essere sulle rive del suo fiume congolese infestato di coccodrilli.
«Comunque sia, farò cessare il vostro traffico» disse.
«Non ve lo consiglierei, Quellen» ribatté Lanoy con un risolino.
«Sovrintendente Criminale, per voi.»
«Non vi consiglierei di darmi dei fastidi, Quellen» ripeté Lanoy. «Se interromperete adesso il flusso dei saltati, sconvolgerete il corso degli eventi. I saltati sono già tornati nel passato, lo dice la storia. Alcuni si sposarono ed ebbero dei figli, i cui discendenti vivono oggi.»
«Lo so già. Abbiamo discusso la teoria nei minimi particolari.»
«Per quel che ne sapete, voi potreste essere il discendente di un saltato che dovrà partire la settimana prossima, Quellen. E se non partisse, voi scomparireste in un baleno. Può darsi che sia un modo piacevole di morire. Quellen. Ma voi volete morire?»
Quellen lo guardò imbronciato. Le parole di Lanoy continuavano a riecheggiare nella sua testa dolorante. Gli pareva che tutta quella faccenda fosse un complotto per farlo impazzire. Marok, Koll, Spanner, Brogg, Judith, Helaine, e adesso Lanoy… tutti decisi a vedere Quellen nelle peste. Era una cospirazione tacita, e tacitamente lui maledisse le centinaia di milioni di persone che si ammassavano in Appalachia, chiedendosi se sarebbe mai più riuscito ad assaporare un momento di solitudine.
«Il passato non cambierà, Lanoy» disse, dopo un sospiro profondo. «Vi metteremo al fresco e sequestreremo la vostra macchina, ma provvederemo noi a far partire i saltati. Non siamo pazzi. Provvederemo affinché tutto proceda come deve procedere.»
Lanoy lo guardò per un momento con aria di compassione, come chi osserva una farfalla particolarmente bella, fissata su una tavoletta con uno spillone.
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