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Robert Silverberg: Quellen, guarda il passato!

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Robert Silverberg Quellen, guarda il passato!

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Ai suoi colleghi che non hanno fatto carriera il poliziotto Quellen sembra un uomo molto fortunato. Non tanto per il prestigio del grado, o per lo stipendio più alto, quanto perchè dopo l’ultimo avanzamento Quellen ha diritto a una stanza tutta sua. Ma a lui questo lusso non basta ancora. Quellen trova che al mondo c’è troppa gente. E nel mondo dove vive Quellen sono in molti a pensarla come lui.

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«Venti dollari» disse con aria paziente.

Pomrath capì che era arrivato il momento della verità. Si guardò rapidamente intorno e gli parve che nella stanza non ci fossero congegni spia. Naturalmente non poteva averne la certezza. Già in quel secolo esistevano tecniche di spionaggio molto sofisticate, e indubbiamente ricorrevano agli sporchi trucchi in uso anche nella sua epoca. Ma doveva rischiare. Prima o poi doveva trovarsi un alleato, e non c’era motivo di rimandare il rischio.

«Non ho soldi» disse, parlando con tono normale.

«Allora vattene.»

«Ssst! Un momento. Devo parlarti. Siedi. Riposati. Ti piacerebbe diventare ricca?»

«Sei un piedipiatti?»

«Sono uno straniero che ha bisogno di qualcuno amico. Ho dei progetti. Se mi aiuti, fra poco non sarai più costretta a fare questo mestiere. Come ti chiami?»

«Lisa. Parli in modo strano, tu. Cosa sei, un saltato?»

«È così evidente?»

«Oh, solo un’idea.» La ragazza aveva grandi occhi di un azzurro intenso. Raccolse l’abito e si rivestì, come se le sembrasse sconveniente continuare a discutere nuda. «Sei appena arrivato?» chiese a voce bassa.

«Sì. Sono medico. Potremmo diventare ricchissimi. Con quello che so…»

«Faremo faville, bello!» disse lei. «Io e te. Come ti chiami?»

«Keystone» rispose Pomrath a casaccio. «Mort Keystone.»

«Ti ripeto che faremo faville, Mort.»

«Ne sono sicuro anch’io. Quando esci di qui?»

«Fra due ore.»

«Dove possiamo trovarci?»

«C’è un parco, a due isolati da qui. Siediti su una panchina e aspettami.»

«Un cosa?»

«Un parco. Sai bene… erba, panchine, alberi. Cosa succede, Mort?»

A Pomrath pareva quasi incredibile che in mezzo a una città ci fossero erba e alberi. Riuscì tuttavia a sorridere: «Niente. Ti aspetterò nel parco.» Le porse il libro. «Tieni. Compralo per me, su in negozio. Non voglio rubarlo.»

Lei assentì, poi disse: «Sei sicuro di non volere altro, già che sei qui?»

«C’è tempo più tardi. Ti aspetto nel parco.»

Uscì. Il proprietario della libreria lo salutò con un gaio sorriso. Pomrath rispose con una fila di parole gutturali prive di senso, e uscì in strada. Gli riusciva difficile credere che solo qualche ora prima si trovava sull’orlo di un collasso nervoso, quattrocentoquarantanove anni dopo. Il mondo aveva delle sfide da lanciargli, e lui sapeva che le avrebbe accettate.

Povera Helaine , pensò. Chissà come ha preso la notizia.

Si avviò a passo vivace, ripetendosi: Sono Mort Keystone. Mort Keystone. E Lisa mi aiuterà a trovare un po’ di soldi per iniziare la carriera medica. Diventerò ricco. Sarò alla pari con la Seconda Classe. Non esiste un Alto Governo in grado di schiacciarmi a terra. Avrò una posizione, sarò potente in questo mondo così primitivo. E quando mi sarò sistemato, cercherò di mettermi in contatto con la gente della mia epoca, tanto per non sentirmi troppo isolato. Evocheremo insieme i vecchi ricordi.

I ricordi del futuro.

14

Quellen aspettò tre ore finché Koll e Spanner non dovettero occuparsi di questioni che riguardavano il governo. Poi scese nel locale dov’era installato il serbatoio di custodia. Aprì lo spioncino, e sbirciò dentro. Lanoy galleggiava tranquillo nel fluido verde, completamente rilassato, come se si divertisse. Sulla parete metallica del serbatoio, c’era un pannello dove erano indicate le condizioni del delinquente. Le fasce EEG e EKG ondeggiavano e s’incrociavano. Pulsazioni, respiro, tutto era sotto controllo.

Quellen chiamò un tecnico e gli disse: «Fatelo uscire.»

«Signore, l’abbiamo messo dentro solo da poche ore.»

«Voglio interrogarlo, fatelo uscire!»

Il tecnico ubbidì. Appena Lanoy venne liberato dai contatti, e tolto dal bagno, riacquistò le facoltà sensorie. Inservienti robot lo caricarono su una sedia a rotelle e lo portarono nell’Ufficio di Quellen. In pochi minuti, il prigioniero riacquistò anche la padronanza dei movimenti.

Quellen spense tutti gli apparecchi di registrazione, perché aveva il sospetto che sarebbe stato molto meglio non registrare quello che si sarebbero detti. E poiché erano soli nella stanza, si alzò per andare a chiudere anche la bocchetta dell’ossigeno.

«Lasciatela aperta, Quellen» disse Lanoy. «Mi piace respirare bene. Tanto, paga il Governo.»

«Allora concludiamo la nostra conversazione. A che gioco giocate?» Quellen era furibondo: secondo lui, Lanoy era un essere completamente amorale, incapace della consapevolezza persino della propria disonestà; e questo offendeva Quellen nell’orgoglio e nel senso della dignità personale.

«Sarò sincero fino alla brutalità, con voi, Sovrintendente» disse il prigioniero. «Voglio la mia libertà, e voglio continuare il mio lavoro. Ecco quello che voglio. Voi invece volete tenermi in prigione e volete che il Governo prenda in mano i miei affari. Non è così?»

«Infatti.»

«Stando così le cose, i nostri desideri contrastano. Perciò, deve per forza vincere il più forte, come sempre succede. E il più forte sono io, per cui dovete lasciarmi andare e interrompere le indagini.»

«Chi dice che siete voi il più forte, Lanoy?»

«Io, perché so di esserlo. Io sono forte e voi debole. So molte cose sul vostro conto, Quellen. So che detestate la folla e amate gli spazi liberi e aperti. E questo contrasta col mondo in cui dovete vivere, non è così?»

«Proseguite» gli disse Quellen, maledicendo in cuor suo Brogg. Nessun altro poteva aver rivelato il suo segreto a Lanoy che, adesso, la sapeva troppo lunga sul suo conto.

«Perciò, voi mi rimetterete in libertà» continuò Lanoy, «altrimenti vi ritroverete nella Nona o perfino nell’Undicesima Classe. E sono certo che non vi piacerà vivere in un’abitazione di Undicesima Classe, Sovrintendente. Dovrete coabitare con altri, e può darsi che i coabitanti non vi vadano a genio, ma non ci potrete far niente. E dovendo vivere con altri, non sarete più libero di andare e venire a vostro piacimento. Il vostro coabitante vi denuncerebbe.»

«Come sarebbe a dire che non potrei andare e venire a mio piacimento?» La voce di Quellen era ridotta a un sussurro.

«Sarebbe a dire che vi piace andare in Africa quando ne avete la possibilità.»

Ci siamo , pensò il Sovrintendente. È fatta, Brogg mi ha messo con le spalle al muro. Sapeva di essere nelle mani di Lanoy, e rimase a fissarlo a lungo, reprimendo il desiderio di strangolarlo col cavo di un televettore.

«Mi spiace farvi questo, Quellen, mi spiace davvero. Personalmente non ho nulla contro di voi. Siete un brav’uomo, costretto a vivere in un mondo che non vi piace e che non avete fatto voi. Ma non posso farne a meno. O voi o io, e sapete come andrà a finire.»

«Come l’avete scoperto?»

«Me l’ha detto Brogg.»

«Perché l’ha fatto? Lo pagavo.»

«Io l’ho pagato meglio. L’ho mandato all’epoca di Traiano, o di Adriano, non posso essere sicuro al cento per cento. Comunque, a 2400 anni da voi.»

A Quellen parve che la stanza si trasformasse in un vortice, e dovette aggrapparsi alla scrivania per non venir meno. Brogg saltato! Brogg partito! Brogg che lo aveva tradito!

«Quando è successo?» chiese.

«Ieri sera, al tramonto. Brogg ed io abbiamo discusso circa le mie possibilità di cavarmela, e Brogg mi ha detto che voi avete un punto debole. Me l’ha rivelato dopo che gli ho promesso di esaudire il sogno di tutta la sua vita. È andato a vedere l’antica Roma coi propri occhi!»

«Impossibile!» insisté Quellen. «Brogg non figura negli elenchi ufficiali dei saltati.»

Ma sapeva di dire una sciocchezza. Le testimonianze scritte relative ai saltati risalivano solo al 1979 dell’Era cristiana. Brogg, a meno che Lanoy non bluffasse, era andato indietro di altri diciannove secoli. Impossibile che fosse negli elenchi.

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