Avram Davidson - Se tutte le ostriche nei mari…

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Anche pubblicato come “La bicicletta da corsa rossa”, “Tutte le Ostriche dei Mari”

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— Qualcosa non va? — chiese Ferd.

Oscar indicò un cassetto. — Ti ricordi quella volta che sostenevi che qui non c’erano spille di sicurezza? Guarda… tutto questo maledetto cassetto ne è pieno.

Ferd sgranò gli occhi, si grattò la testa, disse flebilmente di essere sicuro di averci già guardato dentro…

Da fuori una voce di contralto chiese: — C’è nessuno?

Oscar dimenticò all’istante il cassetto e il suo contenuto; disse forte: — Sono subito da lei — e sparì in un attimo. Ferd gli venne dietro lentamente.

Nel negozio c’era una giovane, una ragazza piuttosto massiccia, con polpacci muscolosi e un petto enorme. Stava indicando il sellino della propria bicicletta a Oscar, che continuava a dire “Uh uh” e guardava lei più che altro. — È solo un po’ troppo avanti (“Uh uh”), come vede. Mi basta una chiave inglese (“Uh uh”). Sono stata una stupida a dimenticare i ferri.

Oscar ripeté “Uh uh” automaticamente, poi scattò.

— Lo sistemo in un baleno — disse e nonostante lei continuasse a insistere che avrebbe potuto farlo da sola lo sistemò. Anche se non proprio in un baleno. Rifiutò il denaro e tirò in lungo la conversazione quanto più poteva.

— Be’, grazie — disse la ragazza — e ora devo andare.

— La bici le va bene adesso?

— Perfetta. Grazie…

— Senta una cosa. Farò una passeggiata con lei per un po’, proprio…

Le note squillanti di una risata fecero sussultare il petto della ragazza. — Oh, ma non riuscirebbe a tenermi dietro! La mia bici è da corsa!

Nell’istante in cui vide lo sguardo di Oscar guizzare verso l’angolo, Ferd seppe che cosa aveva in mente. Si fece avanti. Il suo grido di “No” fu sommerso dalla voce del socio: — Be’, credo che questa bici da corsa ce la faccia a star dietro alla sua.

La ragazza ridacchiò abbondantemente, disse che be’, questo era da vedersi e sparì. Ignorando la mano tesa di Ferd, Oscar saltò sulla bicicletta francese e se ne andò. Ferd rimase sull’entrata a guardare le due figure che, piegate sui manubri, si allontanavano nella strada per il parco. Rientrò lentamente.

Era quasi sera quando Oscar ritornò, sudato ma sorridente. Un bel sorriso ampio. — Ehi, che bambola! — gridò. Scosse la testa, fece dei gesti e dei rumori simili a una fuga di vapore. — Ragazzi, oh, ragazzi, che giornata!

— Dammi la bicicletta — chiese imperioso Ferd.

Oscar disse, già, certo; gliela consegnò e andò a lavarsi. Ferd guardò la bicicletta. Lo smalto rosso era coperto di polvere; era costellata di fango, sporcizia e fili d’erba secca. Sembrava profanata, degradata. Quando la inforcava si era sentito come una rondine…

Oscar uscì, bagnato e raggiante. Mandò un grido di sgomento, accorse.

— Stai alla larga — esclamò Ferd, gesticolando con il coltello.

Tagliava e squarciava i pneumatici, il sellino e la copertura dei sellino.

— Sei pazzo? — gridò Oscar. — Ma che dai i numeri? Ferd, no, non farlo, Ferd…

Ferd spezzò i raggi, li piegò, li contorse. Prese il martello più pesante e appiattì il telaio in una cosa informe: continuò a battere finché rimase senza fiato.

— Non solo sei pazzo — disse Oscar amaro — sei anche geloso marcio. Ma vai all’inferno. — E se ne andò a grandi passi.

Ferd, cocciuto e disgustato, chiuse e tornò lentamente a casa. Non aveva voglia di leggere, spense la luce e si buttò sul letto, dove giacque sveglio per ore ascoltando i rumori frusciami della notte, con pensieri roventi e contorti.

Dopo di che non si parlarono più per parecchi giorni, se non per le necessità del lavoro. Il relitto della bicicletta francese giaceva dietro il negozio. Per circa due settimane nessuno dei due uscì dal retro per non doverla vedere.

Un mattino quando Ferd arrivò in negozio ricevette le congratulazioni del suo socio, che incominciò a scuotere la testa stupito anche prima di incominciare a parlare. — Come hai fatto, come hai fatto, Ferd? Cristo, che splendido lavoro, devo proprio darti la mano… basta coi musi, eh, Ferd?

Ferd gli strinse la mano. — Certo, certo. Ma di che parli?

Oscar lo condusse dietro il negozio. Lì c’era la bicicletta da corsa rossa tutta intera, senza un segno o un graffio, con lo smalto più lucente che mai. Ferd spalancò la bocca. Si accoccolò per esaminarla. Era proprio la sua: non mancava nessuno dei cambiamenti e miglioramenti che aveva apportato.

Si raddrizzò lentamente. — Rigenerazione…

— Eh? Che cosa dici? — chiese Oscar. Poi: — Ehi, piccolo, sei bianco come un lenzuolo. Cosa hai fatto, sei stato su tutta la notte senza dormire? Vieni qui e mettiti a sedere. Ma non vedo ancora come tu abbia fatto.

Una volta dentro, Ferd sedette. Si umettò le labbra. Disse: — Oscar, ascolta…

— Sì?

— Oscar, lo sai che cos’è la rigenerazione? No? Ascolta. Ci sono certe specie di lucertole che se le acchiappi per la coda, la coda si stacca e se ne fanno crescere una nuova. Se un’aragosta perde una chela ne rigenera un’altra. Certe specie di vermi, come l’idra e la stella di mare, se le tagli a pezzi, ogni pezzo fa ricrescere le parti mancanti. Le salamandre rigenerano le estremità perdute e le rane possono far ricrescere le zampe.

— Scherzi, Ferd? Ma, oh, voglio dire: la natura. Molto interessante. Ma tornando adesso alla bicicletta… come hai fatto a riaccomodarla così bene?

— Non l’ho mai toccata. Si è rigenerata. Come una salamandra. O un’aragosta.

Oscar ci rifletté sopra. Chinò il capo e lo guardò dal sotto in su. — Be’, ora, Ferd… Guarda… Come mai tutte le biciclette rosse non fanno lo stesso?

— Questa non è una bicicletta delle solite. Voglio dire che non è una bicicletta autentica. — Captando l’occhiata di Oscar, gridò: — De’, è la verità!

L’atteggiamento di Oscar passò a causa del grido dalla meraviglia all’incredulità. Si alzò: — Per amor di discussione, ammettiamo che tutta quella roba sugli insetti e le anguille, o di qualunque dannata cosa stessi parlando, sia vera. Ma sono esseri viventi. Una bicicletta no… — Lo guardò dall’alto, trionfante.

Ferd faceva dondolare la gamba avanti e indietro, guardandola. — Neanche un cristallo, ma se le condizioni sono favorevoli, un cristallo rotto può rigenerarsi. Oscar, vai a vedere se le spille di sicurezza sono ancora nella scrivania. Per piacere, Oscar.

Rimase in ascolto, mentre Oscar apriva i cassetti della scrivania, vi frugava dentro, li richiudeva sbattendoli e tornava indietro con passi pesanti.

— Naaa — disse. — Tutte sparite. Come ha detto quella signora, e anche tu, quella volta, non ci sono mai spille di sicurezza quando le cerchi. Sparisc… Ferd? Cosa…

Ferd si era precipitato ad aprire la porta del ripostiglio, e fece un salto indietro fra un mucchio di ometti metallici che cadevano rumorosamente.

— E come dicevi tu — rispose Ferd con una smorfia — d’altra parte c’è sempre una gran quantità di ometti. Qui prima non ce n’erano.

Oscar scrollò le spalle. — Non vedo dove tu voglia arrivare. Ma se chiunque potrebbe entrare qui, prendere le spille e lasciare gli ometti! lo potrei… ma non sono stato io. O tu. Forse… — Socchiuse gli occhi. — Forse camminavi nel sonno e l’hai fatto. È meglio che ti faccia vedere da un dottore. Cristo, sembri uno straccio.

Ferd tornò a sedersi e si prese il capo tra le mani. — Mi sento uno straccio. Ho paura, Oscar. Paura di che? — Respirava rumorosamente. — Ora te lo dico. Come ti ho spiegato una volta sulle cose che vivono in luoghi selvaggi, laggiù imitano altre cose. Ramoscelli, foglie… tartarughe che sembrano rocce. Be’, immagina che ci siano… cose… che vivono nei luoghi civilizzati. Città. Case… Queste cose potrebbero imitare… be’ altre specie di cose che si trovano nei luoghi civilizzati.

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